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Qualcuno invece è più colpevole di altri.

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Il crollo della gru in via Genova a Torino in questi giorni ha scatenato moltissime reazioni, dall’umano cordoglio per la tragedia alle richieste di provvedimenti seri per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro. 

Come al solito partiti e sindacati hanno dato il via a promesse sull’onda di indignazione e “inaccettabilità di eventi simili”, come ha dichiarato Cirio, o a utilizzare questo momento come “un’occasione straordinaria” per utilizzare i fondi del famoso pnrr (ormai panacea di tutti i mali) per la sicurezza e la formazione dei lavoratori, come ha sostenuto il sindaco Lo Russo. Ad oggi gli inquirenti stanno ancora indagando sulle cause di quanto accaduto, le ipotesi sembrano essere l’incidente meccanico, l’errore umano o il cedimento dell’asfalto. L’irregolarità delle imprese edili non sono una novità, anzi. L’Ispettorato del lavoro conta che 9 imprese su 10 non sono in regola. Ma la portata di questa tragedia non si limita a questo.

Inizia nel momento in cui un video diventato virale in poche ore riprende un ragazzo di vent’anni sepolto sotto le macerie. Senza voler generare giudizi di valore su chi in quel momento si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, l’incapacità generale di intervenire provando ad essere soggetti attivi negli avvenimenti che capitano intorno alla propria bolla quotidiana è sconcertante.

Continua nella narrazione dei media, tutta volta alla ricostruzione di un’etica del lavoro che non esiste. I sindacati, rappresentativi della mediazione al ribasso degli ultimi decenni servita a distruggere qualsiasi possibilità di organizzazione di rapporti di forza nell’ambito del lavoro, puntano tutto sulla sicurezza. Trasformando una condizione non negoziabile in un mantra vuoto a fronte di quanto successo e a fronte degli ultimi due anni di pandemia. Le pagine dei giornali si appropriano di una vita stroncata per sciacallare su quanto a un ragazzo di vent’anni piacesse volteggiare a metri di altezza per rifare le facciate dei palazzi, così come a suo padre, senza chiedersi se gli piacesse così tanto anche rischiare la vita.

Termina con una domanda irrisolta : perché si è costretti a fare un lavoro come questo, a quale prezzo e con quale funzione ? La tragedia è morire per la ripartenza di un paese che è pronto a tutto per riattivare la propria economia. Dopo aver speculato sulla salute delle persone e dopo averle condannate a non poter scegliere se lavorare per vivere o morire per lavorare, il governo punta al risultato semplice e immediato di investire in progetti che non hanno alcuna funzione sociale o di salvaguardia collettiva, facendolo a spese di tutti.

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