Salva Salvino
Avrà tirato un sospiro di sollievo Di Maio. Anche questa volta il gioco di prestigio è riuscito, ha deciso la rete, l’etica è salva. Ma lo scricchiolio si sente sempre più forte e finisce che a forza di equilibrismi il tonfo è dietro l’angolo.
Dopo la votazione su Rousseau, Salvini come al solito è l’unico che porta a casa il risultato. Non solo non verrà processato, ma in più ancora una volta ha umiliato l’alleato di governo. Non che scandalizzi il fatto in sé. Alla retorica grillina sulla legalità chi ha un po di sale in zucca ha sempre risposto che la legalità è un concetto relativo e soprattutto politico, che vale per chi sta in basso, mentre chi comanda è soggetto ad altre leggi. C’è forse rappresentazione più brutale della differenza fra la legalità vista con gli occhi dei 177 migranti sul ponte della Diciotti e la legalità vista dal ministro Salvini dagli scranni del senato? Com’era prevedibile il totem dello sciocco legalismo a 5 stelle va in frantumi ma non lo fa infrangendosi sulla barriera del giusto e sbagliato ma su banali questioni di real politik. Sì, l’onesta pentastellata è proprio come quella dei colleghi in parlamento. Anni di morboso giustizialismo messi nel cassetto per sperare di tirare a campare.
Ma la questione in fondo non è lì, visto che il quesito andava oltre la questione giuridica del processo, si trattava di promuovere o meno l’operato del governo, verificare tra gli iscritti se l’alleanza fosse ancora gradita e levarsi dall’impaccio di dover fare una scelta tra la fedeltà ai “valori originari” del MoVimento e l’abbraccio mortale con i leghisti. Persino Grillo aveva avvertito, il potere non logora ma mutila e stiracchia tutti sul giaciglio di Procuste. Che tormento. Visto in negativo, fuori da celebrazioni, il risultato non è poi così eccellente e ben lontano dalle percentuali bulgare a cui ci ha abituato la democrazia di MoVimento: il 41% della base dei cinque stelle ha votato contro il proprio governo, contro l’alleanza, per la fedeltà ai “valori originari”. Ha fatto lo sforzo di connettersi alla piattaforma Rousseau e votare nonostante i mille disagi per mandare un segnale, per quanto piccolo, di disaccordo rispetto alle scelte della dirigenza. D’altronde già da mesi si legge nelle pagine e sui gruppi frequentati dagli attivisti grillini “Salvini ci sta vampirizzando!”, “Questa alleanza non ci porta nessun guadagno”. E dopo le elezioni in Abruzzo la frustrazione cresce, tanto da far perdere ai populisti le frequenze del canale del popolo: “gli abruzzesi sono degli ingrati!” Triste quando si scopre che la politica è una questione di interessi e rapporti di forza!
Tutto indica un rapido e inesorabile declino. Nuove strette organizzative in vista delle europee, il farsi partito del movimento a poco serviranno, perché il vero e unico problema è la promessa tradita, la delusione di chi ci aveva sperato o di chi ancora ci spera, ma vede via via la strada per la normalizzazione, per l’addomesticamento dei barbari segnata. Ora anche sul TAV traballano per finire l’harakiri. Il lumicino acceso lo dovrebbe tenere il reddito di cittadinanza che da strumento per rivoluzionare il modello di sviluppo si è trasformato in poco più di una speranza di clientela.
Una lezione di storia al solito senza studenti: non si può cambiare il sistema dall’interno senza diventarne un’ingranaggio! Però qualcosa scricchiola…
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