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Chile. Il sindacato cambia faccia

Camila Vallejo ha perso la sua poltrona di presidentessa, per lasciare il posto ad un (dicono) più battagliero Gabriel Boric, non proveniente dalle fila del Partido Comunista come la sua predecessora, ma bensì da un’ala a più imprecisata sinistra.

Non che a noi interessino particolarmente i pettegolezzi che serpeggiano tra sindacato, media e governo riguardo al peso che la nuova direzione della Fech potrebbe avere sul movimento tutto. Ci piace invece cogliere nuovamente l’occasione per ricordare un’altra versione dei fatti cileni, che molto raramente ci è capitato di leggere sui quotidiani a queste latitudini.

Da ormai più di sette mesi gli studenti del Chile sono in mobilitazione permanente. Sebbene tutti gli organi di stampa, da quelli nazionali a quelli stranieri, narrino di un movimento guidato, trattenuto o al caso sguinzagliato dai giovani quadri dell’intellighenzia sindacale, le immagini dei cortei di rabbia continuano a travolgere le studiate parole dei politicanti e a scardinare qualunque trattativa o tamponamento della situazione.

Si tratta di un movimento complesso e per nulla limpido nelle sue composizioni, ma che anche per questo ha il pregio di rappresentare una parte genuina e sempre più forte del paese, una parte che difficilmente potrà vedersi esaurita nelle parole, nelle tattiche o nelle alleanze di una qualunque sigla sindacale.

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