Volendo riproporre in un comunicato le riflessioni che hanno animato questa due giorni, i numerosi spunti sono attraversati da una serie di fili comuni presenti in maniera diffusa sui panorami di quasi tutte le città presenti. Dall’inizio di quest’anno scolastico la riforma Gelmini ha fatto il suo materiale ingresso all’interno degli istituti. I cambiamenti che negli ultimi anni erano stati descritti ed ipotizzati dal movimento No Gelmini sono diventati ora reali. Questo è uno dei fattori che hanno contribuito ad un forte cambiamento della composizione stessa del movimento. Con l’approvazione della riforma in tutte le città soggetti che non scendevano in piazza da anni, come gli studenti degli istituti tecnici e professionali, hanno assunto un ruolo fondamentale all’interno delle lotte ed hanno saputo spesso innalzare il livello del conflitto.
Questi elementi di novità sono stati catalizzanti per un’importante svolta nel percorso del movimento che può essere descritta come il definitivo abbandono del piano della semplice resistenza e difesa della scuola pubblica e l’ingresso invece in un piano compiutamente sociale e di rifiuto della precarietà.
In quest’ottica, quindi, la precarietà assume una doppia valenza: da un lato incertezza, mancanza di futuro, impossibilità di scelta riguardo le proprie vite, dall’altro condizione comune che unisce e crea identità tra soggetti apparentemente diversi. E anche noi come realtà politiche autorganizzate dobbiamo saperla affrontare in questa sua ambivalenza, da un lato rifiutandola e dall’altro rendendola identità di classe e quindi utilizzandola contro il sistema che l’ha prodotta.
Identità che si è data forte sia su un panorama internazionale nel lungo ciclo di lotte che hanno attraversato il mondo della formazione europeo e dentro la composizione giovanile che sta vivendo i movimenti che scuotono in questi giorni il Maghreb e il Medioriente, sia sul piano nazionale fino a culminare dentro la fantastica data del 14 Dicembre a Roma.
Dentro questa lettura della fase quindi le soggettività studentesche devono essere capaci di elaborare nuove strategie in base ai cambiamenti radicali che si stanno dando. Da un lato quindi è necessario riuscire a trovare dei nuovi metodi di opposizione alla riforma, dall’altro bisogna essere capaci di raccogliere queste espressioni di disagio, saperne leggere le necessità e i bisogni e saperle direzionare dentro e per il movimento.
Come fare a contrastare la Riforma ad applicazione compiuta dentro le scuole? Sicuramente non attraverso i consigli di istituto o i rappresentanti degli studenti data la vuotezza di queste istituzioni tanto sul piano di risposta alle richieste studentesche quanto sui reali poteri decisionali che questi organi hanno nelle scuole. La strada sta sotto un certo punto di vista dentro alcuni degli strumenti che già in questo autunno hanno attraversato il movimento studentesco, cioè le occupazioni e le autogestioni finalmente compiute e non mediate con presidi o professori nella maggior parte degli istituti. Ma questo non basta, infatti è necessario per contrastare dentro le scuole la riforma Gelmini un lavoro continuativo di costruzione di una maniera di intendere la formazione dal basso attraverso la conquista di aulette autogestite, di corsi autorganizzati, di pomeriggi aperti, di collettivi studenteschi, di pranzi popolari e via dicendo. Insomma la costruzione in ogni scuola di un lavoro di conquista di spazi, di tempi e di saperi in base alle esigenze studentesche. Riuscire a superare la Riforma e contemporaneamente a creare dal basso un nuovo modo di formarsi decontestualizzato dai processi di produzione della scuola-fabbrica.
Ciò va di pari passo con quello che è invece l’aspetto più sociale che la fase di movimento sta esprimendo, infatti il superamento dello studentismo e delle sue misere soluzioni è ormai un dato di fatto grazie all’entrata di un nuovo spezzato sociale dentro le lotte, spezzato molto più conflittuale e con delle esigenze reali non solo rispetto al mondo dell’istruzione, ma anche nei confronti del sistema della crisi.
Rispetto a questo anche qui il nostro lavoro deve essere totalmente in divenire e deve saper ripartire dai bisogni che questa composizione esprime per costruire conflitto. Bisogni che vanno indagati, che vanno analizzati fuori dall’ideologia e riletti nella pratica sul campo. Bisogni che vanno indagati di pari passo alla precarietà e alle sue varie caratteristiche e trasformazioni, anche qui uscendo da una misera misura ideologica, ma sporcandosi le mani, sbagliando dove è necessario e rifacendo. Lasciando domande aperte da indagare dentro al percorso del movimento.
Guardando a ciò sicuramente per gli studenti medi assumono particolare importanza le questioni dei trasporti, degli spazi e dei modi di divertimento, del costo dell’istruzione e più in generale del reddito e della sua richiesta. In questa due giorni si è sottolineato anche come nella peculiarità di ogni città le ricchezze dei percorsi sono vari, ma hanno dei passaggi comuni da affrontare in modo diffuso e generalizzato.
Proprio nel generalizzare e nel diffondere le lotte e le pratiche che le compongono viene utilizzato StudAut. Molto di più di un portale di controinformazione, è una vera e propria rete nazionale di condivisione di percorsi ed esperienze, di analisi e letture del momento e dei movimenti. Un mezzo per inchiestare la realtà studentesca e contemporaneamente per congiungere le lotte e ricomporre i movimenti. StudAut il network delle lotte studentesche, dentro, contro e oltre la scuola, dentro contro e oltre la metropoli continua ad essere un contenitore in continuo divenire da costruire dal basso per una narrazione forte delle lotte studentesche autorganizzate.