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Dall’Europa al Maghreb, passando per le banche…

 

Una importantissima energia si è messa in moto negli ultimi mesi, una forza multiforme in grado di agire dentro e contro la crisi imponendo nuovi spazi di produzione del sapere e delle lotte, una temporalità scandita non dalle riforme e dal Bologna Process ma dal battito dei conflitti. É un’energia in grado di ridefinire le coordinate di una politica transnazionale: dagli scioperi metropolitani e precari ai blocchi della circolazione, molteplici e comuni sono le nuove forme di lotta di una generazione che si sta rivoltando contro le politiche di austerity e i tagli all’università, contro la precarietà, per un nuovo welfare e per riappropriarsi della ricchezza sociale prodotta in comune.

Dall’alto del palazzo occupato dei neoliberisti di Londra, passando per la rivolta del 14 Dicembre a Roma, nello sciopero generale ad oltranza che ha bloccato la Francia, nella radicalità dallo sciopero generale spagnolo, con la dura lotta greca contro l’austerità. Inoltre una nuova Europa sta emergendo dal divenire rivoluzionario sull’altra sponda del Mediterraneo: Tunisia, Egitto e Libia sono infiammate da una composizione sociale con tratti di forte comunanza con quella delle metropoli europee, attraversata da una precarietà sempre più pervasiva ed un capitalismo finanziario sempre più onnivoro, in lotta per la riappropriazione del proprio futuro. Tutto ciò apre per noi sino in fondo la sfida di una scommessa politica oltre i confini e i perimetri nazionali.

Il mondo della formazione è stato tra i protagonisti di questi processi: il sapere e la cultura si sono definitivamente presentati come campi di conflitto. Abbiamo assistito ad una potente produzione di soggettività, in grado di mettere in crisi il governo delle vite e del sapere. Dopo un autunno illuminato dal fuoco della conoscenza, si sta aprendo una primavera di lotte da attraversare e costruire: il “que se vayan todos” echeggiato nelle piazze di tutto il mondo sta diventando programma politico e parola d’ordine dei tanti conflitti che si moltiplicano nella crisi globale.

Volgere lo sguardo verso i mutamenti che intervengono sulla composizione del lavoro è sempre un esercizio indispensabile per chi intende trasformare lo “stato di cose presenti”. Proprio questa indicazione di metodo ci ha permesso di capire che ormai i saperi e la conoscenza sono diventati una delle principali forze produttive dell’economia globale.

È all’interno di questa cornice che va inserito il processo europeo di riforma dell’Università, meglio conosciuto come Bologna Process. Gli atenei sono infatti diventati uno dei principali luoghi produttivi delle metropoli e contemporaneamente un vettore della precarizzazione e della gerarchizzazione della forza-lavoro cognitiva.

È questo il senso da attribuire alla nozione di Università-azienda e non banalmente l’ingresso dei privati nei consigli di amministrazione. Ed è a partire da queste considerazioni che è possibile dare una interpretazione delle insorgenze che negli ultimi anni si sono manifestate in tutta Europa. Lotte che, pur nella loro eterogeneità, hanno assunto come principale spazio del conflitto l’Università e le politiche di austerità imposte dai governi.

Un’intera generazione ha deciso di ribellarsi contro il proprio declassamento perpetrato dai tagli al settore della formazione, dall’aumento delle tasse universitarie, dalla dequalificazione dei saperi, dall’introduzione e dal rafforzamento del debito come unica modalità di accesso ai diritti sociali.

Strumenti che i governi europei utilizzano per socializzare i costi della crisi economica e allo stesso tempo recuperare fondi per salvare dalla bancarotta banche e istituti che proprio sulla finanziarizzazione della vita ,continuano a fare profitti. Strumenti che, non da ultimo, hanno come obiettivo la trasformazione dei rapporti di forza dentro la società. Nel segno della precarietà e della povertà come rischio permanente o certezza. Quella che sta emergendo allora non è una lotta solamente generazionale ma una lotta che immediatamente pone questioni generali, che riguardano l’intera composizione sociale. Student* e precar* di tutta Europa hanno collettivamente deciso di riappropriarsi del proprio futuro! Lo spazio continentale allora non è solo l’ambito di esercizio della governance europea, ma la sua geografia è disegnata dalle linee tracciate dai conflitti.

È a partire dalla condivisione di questa constatazione che si è avviato un percorso comune tra le realtà che hanno contribuito alla costruzione di quelle lotte. Vienna, Londra, Parigi, Bologna, Madrid negli ultimi anni  hanno ospitato importanti meeting che a quel percorso hanno dato corpo. Dall’11 al 13 Febbraio scorso, la capitale francese è stata la vetrina di un altro incontro transnazionale a cui hanno partecipato più di sessanta realtà europee e non. In quell’occasione sono state gettate le basi di una comune rete dei conflitti: uno strumento di azione e di coordinamento, di circolazione di pratiche e linguaggi politici: il Knowledge Liberation Front.

Una forma di organizzazione ambiziosa e necessaria. Ambiziosa perché pone la lotta alla precarietà e per un nuovo welfare e quella per un libero accesso al sapere e contro il debito su un piano immediatamente europeo. Necessaria perché se le politiche di austerità si articolano ad un livello transnazionale e coinvolgono diversi attori, statuali e non, su quello stesso livello le lotte devono organizzarsi.

Ma non è solo per “giocare” ad armi pari. L’Europa è già ora l’ambito della mobilità del sapere vivo e quindi ogni chiusura nello spazio statuale ridimensiona l’efficacia dei conflitti.

L’incontro di Parigi è stato anche l’occasione per lanciare tre giorni di azione comune, dal 24 al 26 Marzo. In quelle date in tutto il continente student* e precar* si mobiliteranno contro le banche e l’austerità, e per un futuro fatto di ricchezza, quella stessa ricchezza che ogni giorno contribuiamo a produrre. C’è di più però.

La stessa indicazione di metodo che ci ha permesso di riconoscere l’Europa come spazio delle lotte ci costringe a decentralizzare lo sguardo verso il Maghreb. Le insurrezioni che nelle ultime settimane hanno aperto nuovi percorsi di liberazione nei paesi della sponda sud del mediterraneo sono esattamente l’espressione dell’opposizione alle politiche neoliberiste. Politiche che – come alle nostre latitudini – costringono una forza-lavoro altamente scolarizzata a subire il dramma della disoccupazione e del declassamento, dello scarto tra desideri e possibilità di realizzarli. Sono i tratti della composizione del lavoro, tratti comuni tra le due sponde del mediterraneo, ad indicarci la necessità di allargare i confini della Europa dei conflitti. È per questa ragione che nell’incontro di Parigi è emersa, forte, la volontà di costruire una caravona in Tunisia.

Nelle città e metropoli italiane, riteniamo fondamentale assumere ed organizzare queste scadenze collettive sulla scia delle grandi mobilitazioni che hanno caratterizzato l’autunno, guardando anche alla generalizzazione dello sciopero – depotenziato in partenza – indetto dalla Cgil sotto l’incalzare dei conflitti.

Per questi motivi abbiamo costruito un’assemblea pubblica per venerdì 18 marzo alle ore 17 alla facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna (via Zamboni 38), a cui sono invitati tutt* a partecipare: per mettere in comune la potenza delle pratiche, dei linguaggi, dei saperi e degli immaginari di trasformazione.

 

Make actions, make autonomy, make our university: make capitalism history!

Join the Knowledge Liberation Front:

Fighting and cooperating, this is our Common!

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