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I professori di Buenos aires contro la “cilenizzazione” dell’insegnamento

In Argentina, l’educazione è obbligatoria dai 5 anni di età fino alla scuola superiore secondaria completa. Sotto l’amministrazione antipopolare di Carlos Meném, si provincializzò la responsabilità statale dell’insegnamento, primo passo per la municipalizzazione dell’educazione che serviva come tappa di transito alla privatizzazione del sistema scolastico. Allora, i docenti si radunarono a turni di fronte al Congresso per tre anni (1997-2000), resistendo alle politiche di Meném.

Storicamente, l’ipocrita liberale Domingo Faustino Sarmiento (che fu presidente argentino, capitano dell’Esercito, promotore di biblioteche popolare e del calcio, fondatore di osservatori astronomici, accademie e scuole, si salvò
da un attentato poderoso, scrisse su quasi tutto) introdusse con talmente tanta preoccupazione il tema della cultura e della formazione, che il giorno della sua morte in Paraguay, l’11 settembre 1888 è la data in cui tutta LatinoAmerica si celebra il ‘Giorno del Maestro‘.

Di fatto la legge che tutela la obbligatorietà, gratuità e laicità dell’educazione primaria, risale al 1884, 26 anni prima che in Cile. Già a metà del secolo scorso con Peròn, si incrinarono i miglioramenti sociali dovuti alla gestione della scuola media e degli isituti tecnici. Nel 1966 si produsse un punto di rottura con il colpo di Stato di Juan Carlos Onganìa e la ‘notte dei lunghi bastoni’ che distrusse lo sviluppo delle università pubbliche e obbligò all’esilio una buona parte degli intellettuali.

Cosa peggiore successe con la tirannia che allungò la sua mano mortifera dal 24 marzo 1976, quando la scuola primaria fu affidata alle province per la prima volta, in una sorta di federalismo dove l’insegnamento risultava sempre più distante dalla realtà storica. Questa politica fu ripresa negli anni ’90 da Carlos Meném. Gli obiettivi erano associati alla distruzione dell’insegnamento, dei servizi e degli investimenti ‘pubblici’, in linea con ii diktat delle principali istituzioni detentrici del credito mondiale.

L’insegnamento fu traslato alle province, però senza i necessari presupposti perchè potesse svilupparsi in maniera indipendente e autonoma. “Perciò attualmente le province più ricche possono avere scuole un poco migliori e le province minori invece stanno subendo un collasso a livello di qualità dell’insegnamento.’, spiega il docente Mariano Denegris, questo fatto ha avuto un effetto rilevante. “L’educazione privata ha invaso l’istruzione pubblica negli ultimi 10-15 anni.A Buenos Aires la metà dei bambini va nelle scuole pubbliche,l’altra metà in istituti privati, stando alla distinzione nominale”

L’ultraliberale governatore della provincia di Buenos Aires, Mauricio Macri, recentemente rieletto per altri 4 anni, non è solo un nemico dell’istruzione di massa,ma pure l’unico ammiratore che rimane del presidente cileno Sebastián Piñera.In Argentina, la carriera di docente e il modo di stabilire l’ascesa e gli incarichi si realizzano attraverso delle giunte, ‘che sono organismi di co-governo dove partecipa l’esecutivo provinciale di turno con docenti eletti senza alcun controllo’.

Macri desidera ossessivamente eliminare la presenza di educatori nel processo di decisionalità sull’istruzione e concentrare ‘tutte le decisioni nel potere esecutivo provinciale’. A Buenos Aires, dove esistono circa 55 mila professori, ci sono 14 giunte selettive. ‘Macri vuole derogarle e concentrare le loro attività nel potere esecutivo delle province’, dice Mariano De Negris e aggiunge che ‘questo disegno impositivo è equivalente a un’ufficio di risorse di una qualsiasi impresa. Macri ha un governo pronciale di stampo prettamente impresariale.”

Cosa fece Macri durante i primi 4 anni del suo governo? ”Attaccare l’istruzione di massa mediante politiche di smantellamento, rivendicandosi il modello cileno. Tentò di eliminare le borse di studio per le scuole secondarie; proibì ai docenti di denunciare tramite i mezzi di comunicazione i problemi delle decisioni; trattò di abbassare la qualità degli alimenti delle mense scolastiche, mettendo soia dove c’era carne. Allo stesso modo, chiuse 82 istituti “statali”,adducendo che non esistevano matricole sufficienti,quando in realtà il numero c’era eccome: e chiese ai rettori e ai presidi di denunciare alla polizia gli alunni che partecipano a proteste e occupazioni.

Ma,nonostante tutto,la resistenza concertata tra professori,studenti e comitati di cittadinanza attiva sta frenando lo sventramento dell’educazione,che crea solo disoccupazione e giova solo agli istituti di credito che attirano disoccupati nella morsa dei prestiti.Quali sono le aspettative del movimento docente? ”Le mobilitazioni attuali son state le più partecipate degli ultimi anni. Abbiamo realizzato fino a questo momento solo 5 giorni di blocco consecutivo del servizio con una partecipazione del 90%. Il governo ha accelerato la discussione sui tagli indiscriminati, ma si è visto costretto per timore a frenare l’applicazione delle riforme criminali. Noi vogliamo un dialogo serio con la partecipazione piena dei lavoratori e della comunità scolastica. Se si pretende di decidere sulle nostre teste, aumenteremo il livello del conflitto. La settimana prima del 24 novembre bloccheremo di fronte al palazzo della provincia’.

12 novembre 2011

estratto tradotto da Infoaut di un articolo pubblicato su Kaosenlared

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