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Perché migliaia di studenti bloccano Livorno da una settimana?

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Da circa una settimana migliaia di studenti livornesi hanno deciso di fermarsi, esasperati dai continui disagi provati ogni giorno all’interno delle proprie scuole.

 

 

La protesta nasce in particolare dai ragazzi del liceo scientifico Enriques, la cui struttura è stata dichiarata inagibile: per l’impossibilità di trovare un’altra sede, avrebbero dovuto piegarsi a disposizioni provinciali inaccettabili come un “rientro a scuola“ nel pomeriggio. La mobilitazione, iniziata lunedì disertando le aule di lezione, arriva al quarto giorno e si allarga riuscendo a farsi sentire in tutte le scuole di Livorno. Così giovedì 10 gennaio viene organizzato un corteo a cui partecipano studenti di tutti gli istituti. Un’unità quasi mai vista. Gli obbiettivi sono chiari: messa in sicurezza degli stabili e dignità.

I numeri del corteo sono importanti e la sua potenza percepibile anche da chi non è in piazza e questo fa in modo che la protesta si allarghi ancora; arriva a coinvolgere i vicini studenti della provincia pisana e dell’isola d’Elba, che arrivano a Livorno per solidarizzare e partecipare a qualcosa di importante.
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Per sabato 12 gennaio in città viene organizzato un altro corteo, l’obbiettivo è quello di arrivare in provincia, l’ente preposto alla manutenzione degli stabili scolastici, e consegnare le rivendicazioni della protesta. Ancora una volta scendono in strada migliaia di studenti uniti contro l’incuria riservata ai luoghi dove milioni di giovani passano metà delle loro giornate. Il giorno prima le istituzioni scolastiche – forse consapevoli dell’effetto che stavano avendo le loro disposizioni assurde – si adoperano a trovare una soluzione per cercare in tutti i modi di far rientrare la protesta, che sta crescendo e mette paura, ma ormai è tutto pronto e anche volendo nessuno può fermare la mobilitazione.

Da ogni scuola si organizzano cortei e picchetti per arrivare in piazza nel maggior numero possibile, si aspettano gli ultimi ritardatari e si parte. Il corteo attraversa tutta la città, si lanciano slogan per scuole sicure in contrapposizione al decreto omonimo emesso dal governo che invece di finanziare l’edilizia scolastica sponsorizza raid polizieschi negli istituti. Lo stesso governo che in un secondo momento ha tagliato sul comparto istruzione per miliardi e miliardi di euro.
Infine il corteo si chiude davanti alla provincia dove si susseguono diversi interventi che spiegano nei particolari le problematiche vissute da tutte le scuole del territorio e non solo.

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Quello che più colpisce in questa protesta è la sua potenza, quanto sia comunicabile e condivisa da migliaia di studenti che potevano, come molte volte succede, voltare la testa e pensare solo alla propria situazione. Ma forse proprio il coraggio dei ragazzi dell’Enriques ha risvegliato un senso comune che ha fatto subito assumere le rivendicazioni come proprie.

Per lunedì 14 gennaio gli studenti dell’Enriques hanno rilanciato su un presidio in piazza del Municipio, per ottenere al più presto lo spostamento presso un altro edificio – in cui deve essere svolto un sopralluogo – e chiedere alla Provincia una soluzione definitiva. Per continuare a mettere pressione, inoltre, l’Enriques ha già dichiarato che se il 21 gennaio gli studenti non entreranno nel nuovo edificio sarà di nuovo sciopero, corteo e blocco per tutta la giornata. A stare fuori scuola, per poterla cambiare, sembra ci abbiano preso gusto. E funziona.

 

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