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Quebec, lezioni di conflitto: i tavoli saltano, le piazze restano piene

All’inizio della settimana è stato aperto un tavolo tra governo e organizzazioni studentesche che è saltato dopo due giorni perché la parte governativa avrebbe concesso solo miserie. Le organizzazioni studentesche hanno quindi deciso di abbandonare il tavolo trainate dalla coalizione CLASSE, formazione giovane ma che si è dimostrata capace di guadagnare ampio spazio nel movimento (e quindi nel campo politico più in generale) grazie alle sue posizioni radicali e al richiamo a forme di democrazia diretta. Il primo ministro Charest e la nuova ministra dell’istruzione Courchesne sembrano non sentire da quest’orecchio: dopo la proposta, bocciata in partenza, di spalmare l’innalzamento delle tasse su sette anni invece che cinque (che avrebbe inoltre comportato un aumento complessivo addirittura maggiore dell’attuale!), sfiora il ridicolo proponendo alle organizzazioni studentesche un accordo per diminuire l’incremento annuale da 254$ a 219$.

La chiusura del tavolo è stata accolta con altre manifestazioni: Mercoledì 30 Maggio circa 10mila sono scese in piazza con pentole, coperchi e mestoli per dare vita ad una vigorosa cacerolada; Sabato 2 Giugno circa 10mila persone son di nuovo in piazza sfidando ancora la legge 78; inoltre da 40 giorni consecutivi è sempre partecipato l’appuntamento serale per dare vita a manifestazioni nelle strade di Montreal.

Il governo si trova in difficoltà perché la protesta non mostra cedimenti nonostante le leggi repressive e i 2500 arresti effettuati da febbraio ad oggi, d’altra parte anche la possibilità di insaponare le organizzazioni studentesche per riassorbire il conflitto uscendone bene, se non vittorioso, vengono ridotte notevolmente dal ruolo svolto dall’organizzazione CLASSE che sembra non retrocedere rispetto alla sua richiesta di bloccare del tutto gli aumenti. A questo proposito c’è da notare  il rapporto tra movimento e strutture sindacali e di rappresentanza lontano chilometri dalla miseria a cui partitini e sindaca tini ci hanno abituato alle nostre latitudini. Da un lato vediamo un movimento forte, oramai sociale, che rivendica un modo di pensare la società, l’accesso alla ricchezza socialmente prodotta, il sapere e le risorse naturali diverso (alternativo?) rispetto alle più ingiuste ideologie capitaliste; dall’altro organismi di rappresentanza che svolgono un ruolo limitato che non può mettere più di tanto in discussione il paradigma sociale entro cui si muovono, ma che, nello specifico della rivendicazione sindacale, mostrano la capacità di essere un elemento di forza capace di aiutare nel far fare passi avanti alla lotta anche facendo saltare tavoli, infrangendo leggi ingiuste quando necessario, non ponendosi quindi elemento di mediazione al ribasso o come freno per le spinte del movimento.

Di settimana in settimana emerge il carattere sociale della “Primavera degli aceri”, che sta diventando un processo generalizzato di riappropriazione della sfera politica: nonostante gli studenti siano i protagonisti queste manifestazioni sono frequentate sempre più da persone (molte delle quali, ad anni dalla laurea, vivono ancora con il peso del debito contratto per l’università), lavoratori, precari, disoccupati che vivono sulla loro pelle le politiche neoliberiste che il governo Charest porta avanti: tagli alla sanità, al welfare e sfruttamento scriteriato delle risorse naturali. Ormai da molto tempo, quindi, le proteste non parlano solo del (e al) mondo della formazione, dell’aumento delle tasse universitarie e della gratuità dell’istruzione, ma mettono in discussione l’organizzazione complessiva della società secondo l’ideologia neoliberista e le politiche che rigirano la frittata della crisi sulle spalle delle classi popolari arricchendo ancor più finanzieri e padroni vari.

Il primo ministro Charest mostra preoccupazione per gli eventi vetrina dei prossimi mesi (per esempio il Gran Premio di F1 in Canada) e per la stagione turistica che si aprirà temendo che il movimento possa sfruttare questi momenti come megafono per la propria lotta, cercherà probabilmente di chiudere la questione, in un modo o nell’altro, prima del Gran Premio. Da tenere in conto che dopo la ministra dell’istruzione anche il governo sembra traballare: con la popolarità in calo si sente vociferare di elezioni anticipate, per quanto questa rimanga solo una suggestione. Il movimento da parte sua dovrà affrontare una fase dall’esito non scontato: avvicinandosi l’estate molti studenti lasceranno le università quindi il movimento dovrà affrontare un possibile riflusso. Ma già si pensa a dei momenti di lotta significativi per i prossimi mesi anche grazie alla consapevolezza che, oramai, non sono solo più gli studenti a scendere in piazza a protestare.

Movimento e rivolta, rappresentanza e conflitto. La rivolta “du le printemps erable” narra la storia della crisi, combatte la voracità di un debito insostenibile, e non ci entusiasma perchè ‘lontana e quasi esotica’, ma perchè ci fornisce chiaramente lezioni di conflitto che interessano ineludibilmente i nostri territori.

Da CuaTorino.org

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