Quel Chile che lotta…la rabbia degli studenti
Ma in tutti questi mesi la lotta degli studenti cileni non si è fermata; è prolificata e ha saputo farsi braccio e voce di altre decine di istanze che ribollono sotto la pelle del neoliberismo andino.
Il problema non di poco conto nel ricevere rare e scomposte notizie dal Chile, è che rischia di lasciare spazio ad interpretazioni che minimizzano il portato di un movimento che mette a ferro e fuoco le strade del paese da più di un anno, e che trova le sue radici ben più lontano, nella secolare battaglia del popolo Mapuche e nell’insoddisfazione per il mancato rinnovamento post-dittatoriale.
Il corteo del 28 giugno, indetto dalle sigle sindacali per protestare contro un’educazione a scopo di lucro, ha portato in piazza oltre 120.000 persone, ed è terminato con la comparsa di migliaia di encapuchad*s gonfi di rabbia. Né le logore prese di distanza delle organizzazioni studentesche, né i lacrimogeni e gli idranti dei pacos possono trattenere gli scontri.
E che non si parli di devastazione indiscriminata di fronte a migliaia di persone che incendiano barricate e un blindato nella piazza antistante il palazzo presidenziale. Perché se è vero che il movimento ancora non si è saputo dare strumenti in grado di raccontarsi all’esterno dei suoi circoli ristretti, è più che evidente la volontà politica che muove le sue azioni e che gli fa scegliere le occasioni. Che sia davanti alla Moneda il 28 di giugno, durante la commemorazione dell’11 settembre davanti al cimitero dove è sepolto Allende, o ancora contro la celebrazione di Augusto Pinochet, il movimento ha diverse cose da dire e tutto fa pensare che il suo declino sia più che lontano.
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