Storia di ordinaria follia in alternanza. #Parte1
Qualche settimana fa, durante la giornata contro gli stati generali dell’alternanza, abbiamo portato lo sciopero ad Eataly, una catena alimentare di cibo italiano notevolmente costoso.
Dietro le luci attraenti e l’abbondanza degli scaffali di questo negozio si nascondono cavilli spiacevoli.
Il proprietario di Eataly Farinetti, noto miliardario che aveva già collaborato con Expo, decide ora di prendere stagisti e sostenere l’alternanza scuola-lavoro.
Durante la giornata di sciopero abbiamo infatti potuto notare la presenza di un grandissimo numero di ragazzi che lavoravano come stagisti per l’alternanza scuola-lavoro, di cui la maggior parte, senza farsi troppo notare per paura delle conseguenze, sostenevano ciò che stavamo facendo.
In particolare un ragazzo ha seguito il corteo interno al posto portando solidarietà, così decidiamo di scambiarci i contatti per farci raccontare nei dettagli la situazione all’interno del negozio.
Due giorni dopo il ragazzo ci scrive di essere stato “licenziato”.
Carlo ci racconta che mosso dalla nostra mobilitazione ha deciso di alzare la testa. Ci racconta di aver fatto dei video di quello che era costretto a fare e di averli mandati alla coordinatrice dell’alternanza della scuola, che a sua volta ha contattato l’azienda per manifestare il disappunto. Dopo questo evento Carlo riceve una telefonata nella quale gli viene comunicato che vista la sua mancanza di educazione, di non propensione all’apprendimento e d’ingratitudine non si sarebbe più dovuto presentare a ‘’lavorare’’ in quel luogo.
Carlo viene da un istituto turistico di Milano, ci racconta che ad Eataly ci sono trenta stagisti liceali, senza contare gli stagisti universitari e tutti i ragazzi in prova pagati cinque euro all’ora.
Ci racconta che lui doveva stare in magazzino con altri quindici liceali, e sostanzialmente spostare scatoloni e buttare il cibo scaduto: molto utile per il suo percorso di studi!
‘’Mi hanno fatto fare un colloquio prima di iniziare’’ ci dice ‘’l’orario ‘lavorativo’ doveva essere di sei ore e mezza al giorno, dalle 9.00 di mattina alle 16.00, dicevano che probabilmente sarei dovuto stare alla reception e parlare con clienti eventualmente anche in inglese o altre lingue dato che parlo sei lingue diverse, ma alla fine mi hanno messo in magazzino dato che c’era tanto lavoro da fare’’ lavoro che avrebbero potuto fare persone retribuite.
‘’Hanno iniziato a non rispettare gli orari’’ continua a raccontarci ‘’presto le ore di lavoro sono diventate sette e dato che io avevo un altro lavoro per mantenermi nel pomeriggio, potevo rischiare di essere licenziato, dopo aver fatto presente questo problema mi sono sentito dire che lo stage era più importante del mio lavoro e che dovevo sottostare alle regole altrimenti rischiavo di essere licenziato. Nel momento in cui ho alzato la testa mi hanno detto che non ero stato collaborativo e grato per l’occasione che mi era stata offerta’’.
Carlo ci dice che sente di perdere tempo durante l’alternanza, che si sente sfruttato, e più tempo passa a svolgere lavori inutili, più si dimentica quello che ha studiato a scuola. Non vorrebbe perdere ore di lezione e nel pomeriggio vorrebbe decidere lui cosa fare del suo tempo libero e non sentirsi sotto ricatto.
Durante l’alternanza gli studenti non rendono utile il loro tempo, lo perdono, gli scivola dalle mani e non possono decidere della propria vita. Siamo di fronte ad una forma di schiavismo colossale ma è talmente normalizzata che spesso gli studenti ripetono quello che gli viene detto, ossia che “in fondo fa curriculum”, “potrebbe essere un’opportunità dato che manca lavoro”, “non mi è andata così male come ad altri compagni di scuola”.
Noi sappiamo bene che l’alternanza non risolve il problema della disoccupazione, anzi la aumenta in quanto i capi d’azienda lasciano a casa lavoratori che potrebbero essere retribuiti. Sappiamo che conterà poco e niente sul curriculum e sappiamo anche bene che questa forma di lavoro gratuito obbligatorio serve solamente per abituare le persone al ricatto e allo sfruttamento, sin da quando hanno appena sedici anni.
Anche nei giorni di vacanza, i ragazzi devono andare a lavorare. Invece di riposare, divertirsi o studiare devono lavorare gratuitamente.
Dobbiamo diffondere solidarietà, non esiste esperienza positiva o negativa in alternanza: esiste solo lo sfruttamento di cui l’alternanza è paladina e gli studenti devono diventare solidali tra loro. Dobbiamo fare capire che se non alziamo la testa ora tutto questo diventerà sempre più normalizzato: se assieme a Carlo altri studenti iniziano a far sentire la propria voce, inizierà a palesarsi quello che si cela dietro questa ‘opportunità di apprendimento’.
Non vogliamo che la scuola diventi una fabbrica sociale, dobbiamo sabotare l’alternanza con ogni mezzo necessario, dobbiamo raccontare le nostre storie, come ha avuto il coraggio di fare Carlo.
Dalla pagina FB di Organizzazione studentesca autonoma
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