Modena – La Digos non ha dubbi: sta con i padroni!
Quando affermiamo che nei confronti delle lotte sociali non sono schierate singole e differenziate autorità preposte a combatterle e controllarle in nome della “legge”, bensì un vero sistema che travalica la legalità formale ed è connotato da un forte impulso di classe ( quella opposta alla nostra), a volte ci si risponde che si rischia di cadere nella sindrome da accerchiamento.
Le intercettazioni al vicecommissario di polizia di Modena, Marco Barbieri, rese note dalla Gazzetta di Modena, descrivono invece la realtà di una complicità ai diversi livelli delle nostre controparti.
“Ma che scheggia impazzita. Abbiamo devastato i Cobas a livello nazionale, Lorenzo. Abbiamo fatto una cosa pazzesca. Hanno perso la faccia su tutti i fronti. Non ne hai idea”.
Ma Barbieri non si ferma: “Abbiamo fatto un bingo che non ne hai idea. Per noi è una cosa pazzesca, Lorenzo. Perche adesso i Cobas..Come arrestare Luciano Lama ai tempi della CGIL d’oro”.
Queste parole, datate 26 gennaio 2017, seguono l’arresto di Aldo Milani dopo la vergognosa pantomima messa in campo dalla stessa polizia insieme ai fratelli Levoni, titolari della cooperativa Alcar Uno di Castelnuovo Rangone, leader nel campo degli insaccati ma anche dello sfruttamento degli operai che materialmente realizzano la sua produzione.
Coop come Alcar Uno e Global Carni da anni sono infatti all’onore delle cronache per i gas lacrimogeni, le manganellate, i calci e i pugni contro i lavoratori che alzano la testa e si ribellano allo sfruttamento.
La gioia del funzionario per l’arresto di Milani è irrefrenabile. Così come il suo coinvolgimento al fianco del povero Levoni, sofferente sicuramente molto più dei suoi operai..
Parla sempre il Barbieri: «Nei mesi precedenti quando ogni giorno io e un carabiniere ci trovavamo davanti ai due cancelli della Alcar Uno per seguire la situazione drammatica notavo nei Levoni una prostrazione psicofisica. E noi davamo conforto.» Non proprio il compito di un funzionario statale al di sopra delle parti..
La montatura dei Levoni doveva essere l’inizio di una reazione padronale finalizzata a screditare Aldo Milani e con lui l’intera organizzazione sindacale che rappresenta. Il battage mediatico, a fatti non ancora acclarati, fornì una sentenza mediatica utile alla messa in ridicolo delle lotte e all’innesco di una macchina del fango contro Milani.
Ciò che seguì fu invece una potente mobilitazione operaia, che si tradusse sia nel presidio di massa sotto il carcere di Modena al fianco di Milani sia nel grande corteo del 4 febbraio, con l’occupazione dei binari ferroviari e la messa in crisi dell’ordine pubblico della città emiliana, travolta dalla rabbia dei facchini e dei solidali accorsi.
Mentre ad oggi la vergognosa operazione dei Levoni è stata descritta per la truffa che era, continuano le lotte nel settore carni e con le intercettazione di Barbieri viene giù il velo sulla volontà politica da parte di forze dell’ordine e padroni di mettere all’angolo le lotte.
Nelle ore in cui il processo Aemilia va a sentenza con più di 1200 anni di carcere e con l’ormai acclaramento e riconoscimento della presenza mafiosa sul territorio emiliano, le dichiarazioni di Barbieri ci fanno notare dove si posiziona lo Stato di fronte alla determinazione delle minacce che subisce: contro gli operai e le organizzazioni sindacali.
La mafia non fa evidentemente alcuna paura, nè necessita di dichiarazioni di giubilo quando “subisce un colpo”. Forse perchè dello Stato non è un vero nemico..le lotte sociali invece sì!
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