Carcere dell’Aquila. Sciopero della fame contro il 41 bis.
Grazie al coraggio di due detenute si torna a parlare delle vergognose condizioni detentive al carcere de l’Aquila. Lo sciopero arriva nel contesto di un tentativo di inasprimento del regime del 41 bis.
Il 6 giugno scorso il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini ha ipotizzato un ulteriore restrizione della possibilità di interrompere l’isolamento a cui sono costretti i detenuti sottoposti 41 bis.
Il dirigente del DAP, in commissione antimafia, ha parlato di «una proposta di modifica normativa nel senso di escludere i garanti locali dal potere di visita e di colloquio con i detenuti al quarantuno bis».
La gravità di tali esternazioni ha prodotto immediatamente polemiche: prima tra tutte è arrivata la reazione dell’Unione delle Camere Penali che ha espresso la sua preccupazione per una norma che interviene su detenuti a cui sono già “oltremodo contratti i diritti soggettivi e le libertà individuali” (oltre a rivelare la cultura dell’amministrazione penitenziaria che considera evidentemente i garanti un ostacolo al sereno funzionamento del carcere).
Si capirà nei prossimi mesi se questo orientamento troverà ulteriore corrispondenza nell’attività del legislatore, certamente è in continuità con l’attegiamento mantenuto dallo stato italiano sul 41bis: nonostante le condanne degli organi della giustizia comunitaria e le denunce delle associazioni per i diritti umani, il ricorso a questa forma di tortura non è mai stato messo in discussione, ne tanto meno è stato rivista la natura di tale regime detentivo.
Del resto già l’estensione del ricorso alla videoconferenza per le udienze andava nelle direzione di irrigidire l’isolamento dei detenuti, impedendo il contatto “dal vivo” anche durante le scadenze processuali e limitando enormemente la possibilità di difendersi.
Le dichiarazioni del capo del DAP confermano la predispozione verso una regolamentazione ulteriormente restrittiva e un’applicazione sempre più estensiva della carcerazione speciale. È il caso questo della casa circondariale de l’Aquila.
Su circa 180 detenuti, 150 sono confinati nelle 7 sezioni di 41bis. Per gli altri, di fatto, il regime detentivo è molto simile. Per garantire l’isolamento totale di chi è sottoposto al carcere duro si isola anche chi dovrebbe essere in “semplice” regime di alta sorveglianza 2 o chi è un detenuto comune. Le celle sono organizzate per il 41bis e le guardie conoscono solo quel regolamento. Così a tutti quanti è impedito di tenere libri con se e le perquisioni corporali avvengono più volte al giorno.
Alla violenza della legge e agli arbitri dell’amministrazione penitenziaria si aggiungono l’incuria e la mancanza di manutenzioni. I pochi spazi comuni previsti dall’architettura distopica della casa circondariale sono interdetti alla frequentazione di chi è privato della propria libertà: il campo da calcio è infestato dalle erbacce, il piccolo spazio verde per i colloqui chiuso da più di sei anni.
La tortura dell’isolamento presso che totale viene inasprita dalla pioggia che cade nelle celle e dall’assenza di acqua calda.
Dal 29 maggio scorso due detenute della sezione AS2 de l’Aquila, Anna e Silvia, hanno deciso di intraprendere una sciopero della fame per reagire a questa tortura nella tortura che è il carcere speciale, per far sapere fuori l’arbitrio costante a cui sono sottoposte, chiedono l’immediata chiusura di queste sezioni infami. Sono ormai al diciassettesimo giorno di sciopero della fame e la sola risposta arrivata dalla direzione del carcere è il consiglio di smetterla con la protesta mentre per ripicca è stato loro vietato di usufruire della sola ora di socialità fuori dalla cella che era loro concessa.
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