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Palermo. Sfratto rinviato dal Comitato Prendocasa

Questa mattina una iniziativa di lotta ha dato i suoi frutti a Palermo, in zona Fiera del Mediterraneo. Già nella prima mattinata i militanti del comitato Prendocasa Palermo, assieme alle famiglie di via Anwar Sadat, si sono preparati ad accogliere la schiera di proprietari, legali, ufficiale giudiziario e qualunque altro avventore pronto a intervenire in difesa del diritto alla proprietà privata contro l’inalienabile diritto a un alloggio.

I nuclei familiari in questione sono sei con al seguito dodici tra bimbe e bimbi. Già espressione concreta di autorganizzazione e contrapposizione, come spesso accade in questa città, non hanno esitato ad imbracciare le armi della protesta organizzata. Difatti le famiglie hanno occupato lo stabile in questione già due anni fa. Stabile abbandonato da oltre otto anni e che gli occupanti hanno riportato in condizioni di vivibilità attraverso interventi incisivi di autorecupero. Dopo due anni di occupazione, ovvero di conquista di una certa stabilità, il conto è stato loro presentato da una filiera di proprietari che metteranno in vendita l’immobile, attualmente impossibile da alienare dato lo stato di occupazione. Dopo la ferma indisponibilità a lasciare oggi stesso la casa, espressa dalle famiglie, l’ufficiale giudiziario ha concesso una proroga.

Una conquista ottenuta grazie alla lotta, come detto in apertura, ma per niente risolutiva di un’emergenza abitativa attorno cui ruotano i classici dispositivi di gestione dell’emergenza, paradigma dominante del governo Renzi e delle sue emanazioni territoriali.
I protagonisti di questa giornata saranno oggi presenti, alle 16:30, all’assemblea cittadina indetta proprio per affrontare il tema dell’emergenza abitativa, che si terrà nei locali della chiesa di Santa Lucia, nel cuore del Borgo Vecchio. Per rilanciare, assieme a tutti coloro che si dichiarano indisponibili a pagare il salato conto di questa crisi, iniziative di lotta che abbiano il fine di disattivare il pericolo quotidiano di perdere il proprio diritto ad una vita dignitosa.

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