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Argentina: Ribellione nel nord argentino, l’eterna conquista

La rivolta popolare che in queste settimane scuote la provincia di Jujuy, nel nord argentino, si aggiunge a quelle di cui sono stati protagonisti dal 2019 i popoli di mezza Sudamerica: ribellioni in Cile e Colombia, due sollevazioni indigene in Ecuador, un’ampia mobilitazione contadina e indigena in Perù, massicci blocchi in Bolivia.

di Raúl Zibechi

In tutte quelle, al di là delle particolarità, si registra il protagonismo dei settori popolari urbani, di indigeni e contadini, docenti e lavoratori statali, molti abitanti senza appartenenza organizzativa e, soprattutto, una notevole partecipazione delle donne. Condividono anche il rifiuto dell’autoritarismo della destra e l’estrattivismo che distrugge i popoli e la natura.

Nel caso di Jujuy, sono stati protagonisti della rivolta 400 comunità originarie, docenti che chiedono aumenti salariali e altri funzionari, in un’alleanza di fatto rurale-urbana contro un governatore, Gerardo Morales, autoritario e repressivo, che si candida alla vicepresidenza con Horacio Larreta, capo del Governo della città di Buenos Aires, che può essere il prossimo presidente argentino.

La protesta è scoppiata per la riforma della Costituzione promossa dal governatore senza consultazioni e approvata il 15 giugno dalla legislatura provinciale. Con le parole della rivista “Anfibia”, “la riforma ha significato la fissazione giuridico-politica di un processo di lunga data incamminato a mettere a disposizione dello sfruttamento delle loro risorse i territori indigeni, e a limitare le esplosioni sociali che l’approfondimento del modello estrattivista, prima o poi, produrrebbe” (“Anfibia”, 21/06/2023).

L’obiettivo della riforma consiste nel trasferire i popoli originari dai loro territori per facilitare lo sfruttamento del litio da parte delle imprese multinazionali. Secondo le parole di Rita Segato: “Il testo votato darà accesso allo sfruttamento delle risorse strategiche situate nei loro territori a scapito delle risorse naturali, minacciando la totale desertificazione. Coltivazioni e greggi oggi mantenuti grazie a tecnologie locali, da lungo tempo radicate e ben adattate ad un terreno già inospitale saranno sloggiate. La gente allora si solleva, scende dai propri remoti posti nelle strade e blocca l’accesso alla provincia” (“Anfibia”, 26/06/2023).

Si tratta delle imprese Lithium Americas del Canada, Alkem dell’Australia e Ganfeng Lithium della Cina, alcune di loro associate a imprese locali che sono presenti negli otto progetti in sviluppo nella provincia. Ci sono ampie riserve di litio negli altipiani di Bolivia, Cile e Argentina che stanno venendo contesi dalle grandi potenze e dalle loro multinazionali. La capa del Comando Sud degli Stati Uniti, generale Laura Richardson, ha visitato la regione ad aprile e ha ricordato che il 60% del litio del mondo sta nel “triangolo del litio”, tra i tre paesi menzionati, e ha fatto presente che il suo paese non può permettere che la Cina e altri competitori si impadroniscano di questo materiale strategico (“La Izquierda Diario”, 17/04/2023).

Nonostante ciò, la Bolivia ha finito di firmare un accordo con la russa Rosatom e la cinese Citic Guoan Group per sfruttare le maggiori riserve di litio nelle saline boliviane, con investimenti che si avvicinano ai 3 miliardi di dollari per produrre fino a 100.000 tonnellate di carbonato di litio per il 2025 (La Nación, 29/06/2023).

La disputa geopolitica è ogni volta di più serrata e per ora non si registra un chiaro vincitore, anche se apparentemente la Cina sta avanzando sugli altri competitori.

Per i movimenti popolari e indigeni si tratta della difesa dell’acqua, giacché “l’attività mineraria del litio si caratterizza come un’attività mineraria dell’acqua e delle saline”, scrivono Gian Ferrari e Silvia Adoue, che evidenziano “l’uso idrico intensivo, la costruzione di grandi megainfrastrutture e l’impiego di grandi volumi di prodotti con un potenziale altamente contaminante” (“Zur”, 24/06/2023).

Secondo l’antropologa femminista che vive a Tilcara (Jujuy), nelle proteste “la maggior parte di quelle che parlano sono donne, i loro argomenti sono convincenti, sensati, e la logica dell’esposizione dei motivi è impeccabile. Parlano tutte, e il loro discorso è splendido per lucidità e chiarezza. Una volta di più possiamo dire che, nelle comunità, le donne sono le soggette del radicamento, le responsabili della continuità dei popoli sulla faccia del pianeta”.

Le comunità di Jujuy hanno molto chiari i propri obiettivi a lungo termine: “Siamo in lotta per continuare ad esistere”. La risposta del governatore è stata quella che ci si attendeva: repressione indiscriminata, concentrata sugli otto blocchi stradali che sono stati mantenuti durante la settimana. Il quotidiano “Página12” constata lo sparo di proiettili di gomma negli occhi, arrestati trasferiti in auto senza targhe, l’entrata della polizia nei quartieri, dove gli uomini in uniforme sono entrati nelle abitazioni e hanno fatto arresti.

L’Agenzia Tierra Viva denuncia che fuoristrada di un’impresa costruttrice sono stati ceduti affinché i poliziotti senza identificazione andassero alla caccia di persone e poliziotti in borghese a rompere locali commerciali. Intanto, le comunità fanno appello non solo a mantenere i blocchi ma a controbattere il racconto realizzando crocifissioni collettive, come stanno facendo dal 2002 quando un sacerdote salì su una croce di legno rimanendo legato, modalità d’azione che si ripete in ogni importante mobilitazione.

Nel nord argentino, come in buona parte del continente, si affrontano due modi di vedere il mondo: lo sfruttamento della terra, da un lato, e la difesa della vita dall’altro, fatto che porta le comunità a gridare “non mangiamo batterie”, una frase che mette in un posto rilevante la sopravvivenza quotidiana.

La Segato sostiene che “un potere provinciale totalitario si avvicina e, non lo dubitiamo, danneggerà la nazione, si espanderà per il paese come un’epidiemia di controllo politico”. Ma questa epidemia autoritaria ed estrattivista ha e avrà di fronte interi popoli disposti a difendersi semplicemente per continuare ad esistere.

foto: Ribellione popolare a Jujuy (Susi Maresca)

2 luglio 2023

Resumen Latinoamericano

Traduzione a cura di Comitato Carlos Fonseca

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