Arriva la Troika, Atene si ferma: 80mila in piazza
Manifestazioni e scioperi in Grecia sono all’ordine del giorno, ma quello di ieri, contro «la brutale violazione dei diritti fondamentali del lavoro», è ufficialmente il primo sciopero generale del 2013. L’ultimo risale a novembre dello scorso anno.
Indetto per 24 ore, per contrastare l’abolizione dei contratti collettivi, dai due principali sindacati confederali insieme, Adedy e Gsee (il primo del settore pubblico, il secondo del privato) e dal Pame (vicino al Partito Comunista, Kke), ha paralizzato il Paese e portato in piazza centinaia di migliaia di persone: 80mila solo ad Atene e 15mila a Salonicco, la seconda città.
L’astensione generale ha bloccato scuole, ospedali, banche e uffici pubblici. Voli a terra, fermi i treni e il trasporto pubblico della capitale, mentre nei porti le navi sono rimaste attraccate per le proteste degli operatori marittimi. All’appello dei sindacati hanno risposto anche avvocati, ingegneri, insegnanti e lavoratori del settore delle costruzioni, una folla eterogenea che si è mescolata con i disoccupati, i pensionati, gli impiegati, gli studenti universitari e per la prima volta gli agricoltori, portati alla disperazione dalle dure politiche fiscali, che con i trattori hanno paralizzato il traffico.
Lo sciopero è stato indetto a pochi giorni dall’arrivo ad Atene dei commissari della Troika (rappresentanti dell’Unione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale) previsto a marzo. I tre funzionari chiederanno al premier Antonis Samaras nuove misure di austerità, ulteriori licenziamenti e privatizzazioni statali, condizioni necessarie per la prosecuzione del versamento del prestito Ue-Fmi che alla fine del 2014 ammonterà a un totale di 240 miliardi di euro. Più che un prestito un salasso.
Il quotidiano britannico Guardian solo pochi giorni fa scriveva di una crisi umanitaria determinata dalla cosiddetta economica «salvataggio», crisi che governo greco e Ue «hanno scelto di tacere».
Il tasso di disoccupazione, al 27%, è il più alto d’Europa, con il dato per i giovani tra i 18 e i 25 anni arrivato allo stratosferica cifra del 61,7%. E nel 2013 andrà anche peggio fino a toccare, dicono le previsioni, il 30%. I cittadini sono indebitati e le casse vuote. Secondo i calcoli del governo per l’anno in corso è prevista una caduta degli introiti di 3 miliardi di euro, le entrate dalle tasse sui redditi diminuiranno del 15,6%, del 9% dall’Iva. Già nei primi 15 giorni di febbraio si è registrato un buco delle entrate di 181 milioni che si va a sommare a quello di gennaio calcolato in 200 milioni.
Ma il governo di coalizione, al potere da otto mesi, obbedisce ai diktat senza fiatare, sceglie invece la linea dura contro gli scioperanti. Già due volte quest’anno, ha invocato le leggi d’emergenza precettando i lavoratori del trasporto marittimo e del trasporto pubblico locale dopo alcune proteste che avevano paralizzato Atene e fatto scarseggiare i prodotti alimentari sulle isole. La mannaia insomma colpisce sempre lì. Come del resto era evidente dal terzo Memorandum della Troika, firmato dal parlamento di Atene, che ha segato gli stipendi e tranciato ogni diritto di chi lavora, contrattazione collettiva, indennità di malattia e scatti di stipendio, per attirare gli investimenti stranieri.
La visita del presidente francese François Hollande, così attento agli affari che potranno concludere in Grecia le aziende statali francesi di elettricità Edp e delle risorse idriche Sue, non lascia presagire nulla di buono. I dati del 2012 della Deh, l’azienda statale dell’elettricità, gli vengono serviti su un piatto d’argento: ammonta a 1,3 miliardi il debito degli utenti, 500 milioni dalle grandi e medie imprese e 700 milioni dalle piccole imprese e dalle famiglie, 700mila gli utenti che hanno fatto ricorso al pagamento a rate per non rimanere senza luce, 30mila, invece, le famiglie senza corrente, mentre ammonta a 40 milioni il danno da furto di energia.
di Argiris Panagopoulos per ilManifesto
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