La resa dei conti. Ad Atene brucia la democrazia
E alla fine ovviamente il piano è stato approvato. 199 i sì su 300, 42 i deputati espulsi seduta stante dai propri partiti per non averne rispettato le istruzioni di voto. E intanto Atene brucia: alle 4 di notte erano ancora decine gli edifici in fiamme, mentre in questa surreale mattinata si respira ancora nell’aria l’odore dei lacrimogeni. In rialzo ovviamente le borse nel post-approvazione del piano, con Atene a circa il 4%: un ennesimo segno, come scrive qualcuno oggi su Twitter, che finanza e umanità sono inversamente proporzionali.
Tantissime sono le persone che hanno preso parte alla mobilitazione e agli scontri in tutto l’arco temporale che va dalle 4 del pomeriggio a quelle di notte: tra loro anche reduci della guerra di liberazione contro i nazisti come Manolis Glezos e importanti compositori come Mikos Theodorakis che hanno preso parola contro il piano auspicando una nuova liberazione del popolo greco, questa volta dalla dittatura del debito. Manifestazioni ci sono state anche a Corfù, Eraklion, Salonicco, Patrasso, Tessalonica (dove più di 20.000 persone sono scese in piazza).
I giornali italiani come al solito parlano di assalti di black block che avrebbero fatto degenerare la protesta. Ma anche se fosse stato così, e così non è stato visto che come si scriveva ieri gli incappucciati venivano applauditi dalla folla, qui si parlerebbe di migliaia e migliaia di black block che hanno combattuto tutta la giornata contro il piano proposto dalla Troika, cercando di entrare a più riprese in Parlamento e cercando di occupare la sede del Comune di Atene. Anche la rete di Anonymous è scesa in campo oscurando diversi siti, tra cui quello del primo ministro e quello della polizia greca.
Si parla di almeno 60 arresti e 50 feriti, in uno scenario di vera e propria guerriglia urbana che ha visto il suo epicentro in piazza Syntagma, completamente piena di gente così come le vie limitrofe. L’uso dei lacrimogeni è stato talmente massiccio da far avvertire l’odore anche all’interno del Parlamento dove si stava portando avanti il dibattito per l’approvazione del piano. Ai limiti del ridicolo le dichiarazioni di Papademos per il quale “la violenza di queste ore non è compatibile con una democrazia”. Allo stesso modo dopo oggi la Grecia è incompatibile anche con la democrazia liberale, che brucia nelle piazze e scompare in un voto dettato dalla Germania, dalla Francia e dalla finanza internazionale che oggi sorride.
Eppure uno striscione nella piazza diceva “Grazie Signora Merkel, da oggi sappiamo su chi possiamo contare e su chi no. E lo sanno anche portoghesi, spagnoli, italiani..”. Un appello ad una lotta che dovrà essere necessariamente transnazionale: le immagini di Atene le abbiamo tutti sotto gli occhi, e si spera di poter vedere tante piccole capitali greche nei nostri territori, sicuramente presto sotto attacco dalla stessa famelicità che ha portato Atene ad esplodere di rabbia..
Il video di Repubblica.it
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Se come da previsioni intorno a mezzanotte sarà approvato, da parte del Parlamento, l’accordo-capestro con il quale la Grecia si sottometterà definitivamente alla dittatura dell’ortodossia neoliberista e delle grandi banche, nelle piazze e nelle strade è già rivolta. Dopo 3 giorni di sciopero generale durante la scorsa settimana, è il momento di una battaglia che si appresta decisiva per le sorti di un popolo già vessato da due anni di massacro sociale in salsa neoliberista. E non solo Atene, ma anche altre città come Patrasso e Tessalonica sono in lotta.
Lacrimogeni sono la risposta poliziesca ai lanci di molotov dei manifestanti. Tutta la piazza è compatta sulle pratiche da utilizzare. Gruppi di incappucciati vengono applauditi dalla folla che riempie piazza Syntagma e le vie ad essa adiacenti, mentre le stime parlano di fino a 200.000 persone che potrebbero radunarsi fuori dal Parlamento per reclamare che il piano della Troika venga respinto. Attualmente i numeri parlano di almeno 50.000 persone nelle strade del centro cittadino, presumibile a questo punto che gli scontri continuino ad oltranza, fino al voto di un Parlamento già circondato dalla folla inferocita.
Tutto il centro città è pieno di manifestanti (sono state chiuse anche le stazioni metro per impedire alla gente di raggiungere Syntagma), l’obiettivo è infatti impedire che il Parlamento possa approvare un piano che metterebbe definitivamente in ginocchio il paese, a costo di dover entrare all’interno e di dover resistere fino alla fine, fino al blocco delle misure di austerity.
Il sostegno accordato alla manovra è bipartisan: dai partiti Pasok e Nea Democratia al governo Papademos, ma nei giorni scorsi si sono dimessi i 4 ministri del Laos (partito di estrema destra) e uno dei socialisti, certo questo non dovrebbe comunque avere risultati importanti riguardo all’adozione del piano da parte dell’assemblea legislativa greca, sembra indicare più che altro una mossa da parte del Laos stesso per guadagnare consensi all’interno dell’elettorato di centro-destra greco.
Papademos ha dichiarato ieri sulla televisione nazionale che il piano è vitale per il rilancio della Grecia, ma la percezione nel paese è quella di ascoltare un disco rotto. Il popolo greco ha sentito queste parole fin troppe volte per poter ancora credere alla retorica dei sacrifici.
Le voci raccolte dalle persone in piazze, molto eterogenee, dall’insegnante di matematica al pensionato, dallo studente universitario alla sindacalista, parlano lo stesso linguaggio: si sottolinea la distanza vergognosa tra la rappresentanza politica e la cittadinanza, distanza mantenuta manu militari da quelle forze dell’ordine che in 6000 unità stanno presidiando il centro di Atene e che ormai sono viste dalla popolazione come coloro che difendono le manovre assassine dell’1% riunito in Parlamento.
Dopo 3 anni di durissime lotte, scioperi e scontri di piazza contro le politiche della finanza internazionale imposte violentemente al popolo greco sembra che la percezione diffusa sia che, a meno di un fortunato colpo di mano dei manifestanti, difficilmente la tenacissima battaglia in corso in piazza Syntagma possa ottenere un risultato positivo nel quadro delle rivendicazioni del movimento.
L’impressione è che si stia arrivando ad una prima resa dei conti nelle soggettività e delle parti coinvolte nello scontro. Da una parte la democrazia liberale, o meglio la prassi e la cultura della rappresentanza politica sembra essere in via di frantumazione incalzata dalla BCE e dall’FMI, mentre dall’altra la prospettiva di lotta tutta concentrata sulla forma della resistenza sembra mostrare l’esaurimento della sua energia politica a fronte degli attacchi degli interessi finanziari.
Quali processi organizzativi di parte possono essere all’altezza dell’attacco e delle generosa disponibilità del proletariato greco a battersi contro l’ingiustizia globale? Proprio oggi che in Grecia la parola democrazia è stata gettata dalle elites nel fango, come è prassi ormai secolare, la riappropriazione di forme organizzative di massa e antagoniste contro la crisi è urgenza difficilmente eludibile…
Vedi anche:
Atene è sola (tratto da SenzaSoste)
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