Sull’approvazione della costituzione egiziana
Molte sono state le violazioni riportate durante le votazioni, altrettante le ragioni che hanno portato alla vittoria del si.
In queste giornate di referendum – si è votato in due fasi: lo scorso sabato e nella giornata di ieri – numerose sono state le denunce degli attivisti e del fronte del no. Molte le aggressioni contro le donne, i cristiani ed i laici, dunque nei confronti di tutti coloro che sono stati penalizzati dal nuovo testo costituzionale; aggressioni che le diverse facce del potere hanno sempre smentito: Fratelli Musulmani, autorità locali e nazionali, presidenti delle circoscrizioni elettorali e sostenitori della galassia dei partiti politici dell’Islam moderato. Inoltre, mentre nelle aree povere ed operaie, principali bacini del ‘no’, seggi meno organizzati e lunghissime file hanno scoraggiato molti dei potenziali votanti ad esprimersi, diversa è stata la situazione nelle zone più ricche del paese; infatti, la maggiore organizzazione delle circoscrizioni delle aree appartenenti alla borghesia egiziana ha fatto si che i votanti di tali aree, propensi per un ‘si’ che di fatto non colpisce gli interessi militari e borghesi, votassero senza problemi.
Ad ogni modo, nonostante le manifeste violazioni, la maggioranza di coloro che si sono recati alle urne (l’affluenza si è attestata circa al 30%, evidenziando la generalizzata mancanza di fiducia degli egiziani verso un sistema così distante da loro) ha votato a favore della bozza di costituzione tanto contestata in queste ultime settimane.
Importante è stato il ruolo della propaganda del regime: l’utilizzo di slogan come ad esempio “se non voti per la costituzione non sei un bravo musulmano” unito allo spauracchio dell’instabilità e dello scontro civile, hanno trasformato il referendum in un voto religioso, molto efficiente in una società fortemente musulmana come quella egiziana.
La recriminazione delle manifestazioni, a cui si è cercato di attribuire la colpa dell’instabilità economica e politica, la propaganda nelle moschee, l’utilizzo del sentimento religioso sembrano dunque aver vinto sulla piazza, su quella piazza che da quasi due anni si batte con le stesse parole d’ordine: giustizia sociale, giustizia per le vittime della rivoluzione e libertà, cioè per quel cambio di regime a lungo invocato durante le giornate della rivoluzione ma ad oggi tutt’altro che realizzato.
Traducendo in maniera sommaria il preambolo della costituzione, leggiamo queste parole: documento della rivoluzione del 25 Gennaio (…) rivoluzione che, in Piazza Tahrir ed in tutto il paese, si è battuta contro tutte le forme di ingiustizia, oppressione e tirannia per il nostro pieno diritto a “pane, libertà, giustizia sociale e dignità umana”, pagato con il sangue versato dai nostri martiri, con le sofferenze dei nostri bambini, con la lotta dei nostri uomini e delle nostre donne; dunque all’apparenza si delinea un sistema di potere poco distante da quella rivoluzione di cui sostiene voler essere espressione.
Ma la lettura del testo completo mette in evidenza ben altri aspetti: esattamente come il decreto approvato lo scorso novembre da Morsi per “proteggere la rivoluzione” – decreto che il presidente egiziano si è visto costretto a ritirare a seguito delle fortissime manifestazioni di piazza – anche la costituzione non fa che mantenere i privilegi di potere su cui, ormai da decenni, il paese si basa. Nella costituzione si fa, infatti, riferimento alla Sharia, la legge islamica, si rafforzano le istituzioni religiose, si aggiungono ulteriori limitazioni della libertà, si concedono maggiori poteri all’apparato repressivo.
Nonostante il ‘si’ alla nuova costituzione – peraltro redatta da un assemblea composta solo da rappresentanti dell’Islam moderato – ed approvata dal 60% di chi si è recato alle urne – cioè solo il 30% degli aventi diritto – il movimento rivoluzionario sembra non darsi per sconfitto, continuando a lottare per una vera giustizia sociale.
Lo si è visto nella capitale egiziana, nei numerosi presidi, negli scioperi delle ultime settimane; lo si è visto anche lo scorso venerdì ad Alessandria quando, poche ore prima dell’apertura dei seggi, la rabbia del fronte del ‘no’ è emersa e sono nati forti scontri con i sostenitori dei Fratelli Musulmani e con le forze dell’ordine che hanno provocato più di 80 feriti. La stessa rabbia che continuerà a farsi sentire nelle prossime giornate in cui sono state già indette manifestazioni che andranno nuovamente a riempire le strade egiziane con l’obiettivo dichiarato di voler finalmente realizzare quei valori per cui si lottava nella piazza dell’ormai lontano 25 Gennaio.
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