Ucraina e nucleare
Dall’Ucraina, con la tragedia di Chernobyl di quasi trenta anni fa, venne la spinta a un efficace ciclo di mobilitazioni contro il nucleare “civile” in Europa. Oggi potrebbe accadere esattamente il contrario.
Lo scenario è già pronto. Non vi è chi non vede, con un minimo di sale in zucca, il pesante intervento di Washington nella partita geopolitica ucraina. Non è l’unico fattore, certo, ma per ora è quello cruciale. Determinare una precipitazione della crisi con la Russia spezzerebbe le reni alla spinta tedesca a creare, in direzione di Mosca e Pechino, quella trama di rapporti commerciali, finanziari e politici in grado di delineare un’alternativa seria, se non un colpo definitivo, allo strapotere del dollaro.
Il primo tentativo è stato il prolungato attacco all’euro, rintuzzato da Berlino. Washington prosegue ora su un altro piano, forse più congeniale, sfruttando e attizzando la crisi in Ucraina in modo da mettere il governo tedesco con le spalle al muro. Se infatti Putin finora tiene, con il supporto di un consenso interno di unità nazionale anti-occidentale, il livello di provocazioni sul terreno, insieme alle dinamiche spontanee anti-Kiev oramai innescate, potrebbe riuscire a scatenare una guerra civile che trascinerebbe la Russia a un’azione militare. Il che costringerebbe l’Europa ad aderire alla fine alle intenzioni Usa di isolare la Russia, spezzando, appunto, i fili su cui il continuum euro-asiatico andava costituendosi.
Quale viatico migliore all’accordo di partenariato transatlantico utile a ristabilire la supremazia Usa sull’Europa? Ma, soprattutto, si tratta per Washington di cogliere l’occasione d’oro e recidere il legame energetico tra Russia ed Europa. La fornitura alla UE di gas americano da scisti sembra ridicola, ma non necessariamente è questa la misura cui si pensa negli States. È molto più probabile che pensino a un rilancio in grande stile del nucleare (in questi giorni la General Electric sta cercando di mettere le mani sul nucleare francese). Una crisi bellica con la Russia, anche limitata, seguita da dure sanzioni e da un blocco delle forniture di gas russo che esponessero gli europei a freddi inverni e le industrie europee a difficoltà energetiche, potrebbe convincere l’opinione pubblica europea – oggi restia ad assumere un atteggiamento antirusso, soprattutto in Germania – ad accettare il nucleare e, magari, anche il gas americano a un prezzo superiore di quello fornito oggi dalla Russia. Rilancio del nucleare, con quel che comporta, ossia fondi pubblici regalati alla grande impresa e alla grande finanza, restituirebbero a queste ultime grandi opportunità di profitto e agli Usa una maggior presa di controllo dell’economia europea oltre a un indebolimento del ruolo di Russia, Venezuela e petrolmonarchie. Una seria crisi energetica in Europa sarebbe una grande occasione per realizzare questo progetto, purchè incontrovertibilmente addossata al “disumano” e “antidemocratico” regime di Putin.
Avrà la Germania la capacità di uscire dalla doppia trappola in cui è stata (e si è) cacciata? Berlino comincia a vedere che il giochino fatto finora (estendere a est i rapporti commerciali e industriali assieme all’espansione militare della Nato) le si può ritorcere contro. Ma non vuole neppure rinunciare a un rapporto imperialista verso il vicino russo (Gasprom relegato a mero fornitore di gas, la cui vendita e distribuzione deve spettare ai colossi europei che incamererebbero così sovraprofitti a palate, in puro stile industrial-finanziario, anche a evitare che possano essere utilizzati per uno sviluppo interno meno dipendente di un potenziale competitor non “occidentale”: questo per chi parla di “assenza” dell’Europa!).
In ogni caso Berlino non potrà più proseguire nella politica che negli ultimi venti anni ha consentito al suo capitale di (ri)diventare un gigante economico. Ma potrà andare allo scontro aperto con gli Usa? Assai difficile anche se il recente incontro tra Frau Merkel e Mister Obama alla casa Bianca è stato diplomaticamente non certo caloroso (solo strascichi dell’affare Snowden?). Comunque sia, con la Germania sempre più presa in questa contraddizione – che non sarà senza conseguenze sull’attuale idillio tra la rote Angela e il suo popolo – la UE a guida tedesca e lo stesso euro cominciano davvero a rischiare grosso.
Quel che è certo è che nella scacchiera Usa accanto ai pedoni in avanzamento in Ucraina, Baltico, Asia, c’è anche il cavallo Renzi – Luttwak l’ha detto fuori dai denti, e non è il solo a sperarci – pronto a rinverdire la tradizione atlantista dell’italietta e recidere la dipendenza energetica… dalla Russia (senza neanche rendersi conto del danno enorme se dovesse essere confermata, come pare, l’esclusione dal progetto South Stream). Auguri.
nrk
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