Vado Ligure, il comune che avrà il rigassificatore.
Riceviamo e pubblichiamo volentieri un contributo che analizza la questione del rigassificatore di Vado Ligure.
di Fabio Balocco.
Ci fu un tempo in cui la Valle di Vado (Ligure) era una sorta di Eden. Agricoltura ovunque, con le squisite albicocche di Valleggia in prima fila, e, davanti agli orti, un arenile di ciottoli e una rada in cui venivano portate navi in dismissione. Alla fine degli anni sessanta iniziò l’assalto: non si vive di sola frutta e verdura. Iniziò l’Enel realizzando una delle centrali a carbone più imponenti d’Italia. Quattro gruppi che cambiarono persino il clima oltre che aumentare le morti per tumori. Ma era il progresso che avanzava. Oltre alla centrale e al terminal carbonifero, ai aggiunsero nei decenni enne altre industrie, di cui due pericolose, due discariche, una tangenziale. Le albicocche di Valleggia divennero un presidio Slow Food. E veniamo al passato più recente, dove il progresso si fa strada nella rada, e dove nel frattempo è stato realizzato un terminal di auto della Fiat. Arriva la Maersk, campione di logistica e quel mare prima libero si riduce di parecchio per fare spazio ad una piattaforma di 211000 mq. E veniamo al presente, quando, complice a monte il governo Draghi (chi se la prende con la Meloni ha la memoria cortissima), la Liguria viene scelta come base per un rigassificatore, e, esclusa l’ipotesi Genova, ecco che la scelta cade di nuovo su Vado. Un rigassificatore (offshore, ma ci sono pure onshore) non è propriamente una cosetta da nulla. Nel 2022 la SNAM, su spinta governativa, acquistò per 350 milioni di dollari la nave rigassificatrice Golar Tundra, lunga circa 292,5 metri, larga circa 43,4 metri e alta circa 55 metri. Il processo prevede che questa nave sia affiancata da una nave metaniera che porta nella stiva e scarica ben 100 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) a -160 gradi nella nave rigassificatrice. Questa poi ritrasformerà il gas in forma gassosa, affinché esso possa essere immesso nella rete di distribuzione. La capacità annua di rigassificazione nel caso della Golar Tundra, è di 5 miliardi di metri cubi. Per poter rigassificare occorre attingere acqua dal mare ed il ciclo prevede il prelievo di 18.000 metri cubi di acqua di mare ogni ora, acqua che dovrà essere sterilizzata con pura candeggina e scaricata fredda, a -7°C rispetto a quando prelevata, con tutto ciò che questo può provocare a livello di biocenosi marina. Poi ovviamente vi sono le opere a terra: il metanodotto che deve collegarsi alla rete nazionale, e depositi di GNL. Ma la vicenda del rigassificatore di Vado si distingue per una serie di singolarità che adesso vedremo. Innanzitutto la singolarità che quando Vado venne indicata come sito idoneo, la sindaca era Monica Giuliano. Monica Giuliano entra nel PCI a 22 anni. Resta nella “sinistra”, fino a diventare sindaco di Vado nelle liste del PD nel 2014. Ma ecco nel 2020 il cambio di casacca: diventa sostenitrice di Giovanni Toti (già Forza Italia, poi Cambiamo!, poi Coraggio Italia, poi Noi Moderati, e chiedo scusa se qualcosa mi è sfuggito), in aperto contrasto con quel Ferruccio Sansa nominato dal PD quale vittima sacrificale. Motivo? “Non mi metterò mai con chi ha contrastato lo sviluppo industriale del porto e delle aree vadesi.”
Monica Giuliano, dopo aver dato un entusiastico assenso al rigassificatore, lascia ad inizio agosto la carica di sindaco per approdare alla corte proprio di Toti per guadagnare 140000 euro all’anno come commissario dell’agenzia rifiuti regionale. Vietato fare dietrologia.
E veniamo a Toti, il quale invece nella vicenda si distingue per il suo singolare concetto di democrazia. Premesso che Toti, non è solo governatore della Liguria, ma altresì commissario governativo per il rigassificatore (oggi tutte le grandi opere, grazie sempre al governo Draghi, hanno un commissario per accelerare gli iter realizzativi e far tacere le popolazioni, alla faccia della democrazia), premesso ciò, diciamo che non gradisce molto le opposizioni. Ma non conosce neanche bene la lingua italiana. A Vado, vivaddio, c’è una forte e motivata opposizione all’opera, e non solo a Vado, come dimostra la catena umana di sedicimila persone lungo il litorale da Savona a Bergeggi del 10 settembre e come dimostrano altresì le altre manifestazioni che si stanno svolgendo sotto diverse sigle nel savonese. Ebbene, per lui gli oppositori sono dei terrapiattisti: “Il rigassificatore è strategico. Dire no è da terrapiattisti”.
Ora, tutti sanno cosa sono i terrapiattisti, semplicemente credono che la terra sia piatta e non rotonda. Una credenza che si scontra con il dato reale. Ora, chi si oppone al rigassificatore tutt’al più potrà essere qualificato come luddita, non già come terrapiattista, quindi contrario al progresso. Ma su questo tornerò nel prosieguo. Dicevo che Toti non tollera le opposizioni. Lo dimostra la sua presa di posizione contro l’istituto comprensivo di Quiliano che ha redatto un documento articolato in cui preside e insegnanti si oppongono al rigassificatore su basi oggettive. Risposta risentita di Toti: “Intervenga il ministro Valditara, il collegio dei docenti vìola la Costituzione”. Anche qui amena affermazione visto che l’art. 32 della Costituzione recita: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.” Ma evidentemente o il governatore non conosce la suprema carta o semplicemente gli dà fastidio anche questa oppure ancora la interpreta a modo suo.
Il fatto è – e qui mi riallaccio al discorso del progresso – che vi è fortemente da dubitare che una pratica tra l’altro di per sé energeticamente disastrosa come la rigassificazione sia oggi necessaria in Italia, nonostante la chiusura dei rubinetti russi. Grazie ad un accordo con l’Algeria aumenterà il flusso di gas da questo paese. Inoltre aumenteranno i collegamenti via gasdotto con Grecia e Turchia. E infine non è da dimenticare il fatto che il consumo di gas in Italia è in calo dal 2010, quando ha raggiunto un picco di 83,1 mld mc. In particolare, il consumo di gas da noi è diminuito del 19% su base annua nel primo trimestre dell’anno corrente.
Domanda: c’è davvero tutta questa necessità di rigassificare? A margine ma non poi molto: rigassificare costa il 50% in più che importare gas allo stato naturale e uno dei maggiori esportatori di GNL, guarda caso, sono i nostri cari amici statunitensi. “A pensar male talvolta ci si azzecca”.
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