Assassinio certo
Dopo tre anni la sentenza del processo sull’incendio assassino della Thyssen Krupp, stabilimento delle accerie di Torino nel quale un divampante fuoco inghiottì la vita di sette operai, Antonio Schiavone Giuseppe Demasi Angelo Laurino Roberto Scola Rosario Rodinò Rocco Marzo e Bruno Santino. Da quell’infernale notte del 6 dicembre 2007 tante acqua è passata sotto i ponti, non si è però consumata la rabbia e il dolore per una tragedia operaia che, quantomai nell’era della cercata ‘cooperazione del ricatto’ di marchionniana impronta, ci riporta sulla necessaria strada della dell’antagonismo di classe, non catturabile dentro post-moderne e presunte fratellanze tra padroni e sfruttati.
Anche il più scadente dei manuali di sociologia della devianza non può omettere la differenziazione di trattamento e di condanna tra colletti blu e dirigenti, con i secondi strutturalmente privilegiati dinnanzi alla giustizia del capitale, perchè espressione della classe dirigente della produzione capitalistica. Con la sentenza di questa sera, mantenendo a freno le spinte emotive del momento – che sicuramente non cambiano i rapporti di forza interni alla società nolstrana!, un simbolico punto deve essere segnato per chi si è battuto contro la prepotenza dei dirigenti Thyssen Krupp, per chi si batte per la pretesa di una dignitosa legislazione della sicurezza sul lavoro quindi per il suo rispetto, per chi si continuerà a battere contro lo sfruttamento e la subordinazione.
‘Omicidio volontario con dolo eventuale’: con quest’accusa è stato condannato l’amministratore delegato Thyssen Krupp, Harald Espenhahn, gli altri responsabili per omicidio e incendio colposo (con colpa cosciente), e per omissione dolosa delle cautele antifortunistiche. Sedici anni e mezzo per il massimo dirigente; tredici anni e mezzo per Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri; dieci anni e dieci mesi per Daniele Moroni. La presenza nella condanna dell’accusa di ‘dolo eventuale’ diventa quindi, dal punto di vista processuale soprattutto, centrale: è la prima volta che viene contestato in un processo per morti sul lavoro, il suo essere giunto fino alla conclusione della Corte di Assise non può che tradurlo in un dispositivo di positiva novità e pesante precedente.
Anche perchè, al di là delle vicende afferenti alle pratiche della giustizia di palazzo, la condanna per ‘omicidio volontario con dolo eventuale’ è fondamentale nell’ottenimento della conferma delle accuse che fin dalla maledetta notte del 6 dicembre 2007 erano state proiettate contro i capi dell’azienda tedesca, incriminandola di assassinio violento e preventivato, vista la decisione di lasciare lo stabilimento di Torino in favore del completo trasferimento a Terni della produzione italiana, il che aveva significato il progressivo abbandono della fabbrica di corso Regina Margherita, quindi un’esibizione esponenziale al rischio per gli operai torinesi. Il 6 dicembre è arrivata puntuale la tragedia, ammazzando sette persone, che di certo aspettavano con impazienza più la fine del turno che non di sacrificarsi per la fabbrica e il lavoro…!
Checchenedica la Thyssen Krupp – in un comunicato ha definito la sentenza di primo grado incomprensibile e inspiegabile – quello che resta arcano è l’incapacità di vergognarsi che codesti signori sono sempre ansiosi di manifestare, nell’infamia che stasera si cumula, anche per la giustizia borghese sono degli assassini, non eventuali ma certi.
Hammett Riot
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