Bologna: per una Repubblica delle rivolte a venire
“La Repubblica delle idee” scivola via da Bologna. Si smontano i palchi, si gettano nell’immondizia gli arredi dei salotti e dei salottini che per 4 giorni hanno ospitato i patinati dibattiti del gotha del Partito della Repubblica. La città ringrazia per il celere esaurirsi dell’evento che se ha attratto l’attenzione dei bolognesi è stato solo grazie all’esibizione di quel vecchio disco rotto di De Gregori riesumato dal polveroso jukebox di una certa sinistra che fu.
La festa del partito con la “R” a differenza delle feste di un tempo del giornale fondato da Antonio Gramsci non ha mobilitato con sé il territorio e non ne ha riprodotto culturalmente e politicamente identità, passioni e bisogni, anzi con fare sprezzante l’ha occupato con l’unico obiettivo di proseguire nel suo processo di legittimazione politica tra le lobby che si spartiscono la torta dell’Italia in crisi. Altro che festa della passione civile! “La Repubblica delle Idee” è stata imposta a Bologna con l’unico scopo di legittimare Ezio Mauro, Eugenio Scalfari e tutto il loro concistoro nella “Repubblica degli interessi dell’1%” in vista delle prossime elezioni politiche.
L’evento nell’evento non poteva che essere l’intervista a Mario Monti in cui i due leaders del Partito della Repubblica hanno fatto sfoggio di tutto l’arsenale del cicisbeo compiacente per lasciarsi andare in ultimo ad un laconico “Presidente, ma quando finirà la crisi?”.
Insomma se prima per i movimenti era sbagliato politicamente pensare che la kermesse di La Repubblica fosse uno spazio politico con cui interloquire, oggi ci risulta anche ben poco produttivo entrare nel merito delle questioni politiche sollevate dalla 4 giorni se non in termini di crisi della forma partito di cui il giornale fondato da Eugenio Scalfari incarna una variante… che non poco agita e preoccupa lo stanco e incapace establishment locale e nazionale del Partito Democratico.
Ed è proprio sulla crisi della rappresentanza che la piazza antagonista e autonoma bolognese ha tentato di incidere proficuamente costruendo uno spazio politico conflittuale aperto ai bisogni e alle istanze di lotta contro la crisi e dichiarando dal principio che con il Presidente delle Banche non si doveva e non si deve interloquire. D’altronde ci chiediamo cosa c’era da parlare con Mario Monti: mostrare qualche curriculum con un paio di master di un disoccupato tanto per impietosire i cuori del pubblico liberal-meritocratico? Questi sono strafalcioni politici che le piazze da mesi, se non da anni, rifiutano e vogliono evitare orientandosi invece in spazi in cui lo stato di crisi può essere rovesciato nella contestazione e nell’espressione di bisogni e desideri di lotta valorizzati antagonisticamente, nel segno dell’attacco e del rifiuto. E così a Bologna è stato! In una fase comunque non semplice per i movimenti più di un migliaio di manifestanti arrivati da tutti i quartieri della città si sono concentrati in un presidio mobile con l’obiettivo di invadere con la contestazione il palcoscenico della crisi, difeso da una gigantesca zona rossa armata di tutto punto: dagli elicotteri della polizia fino a centinaia di celerini. Su questa perimetrazione armata e difensiva “La Repubblica delle Idee” si è mostrata per quello che è: l’inutile spettacolo di un 1% ormai costretto a trincerarsi dietro armamentari repressivi per proteggersi dalle piazze e dalle strade che gridano ad alta voce: “andate via! Voi non ci rappresentate, voi siete la crisi che non vogliamo pagare!”.
Tantissimi precari, migranti, disoccupati e soprattutto studenti universitari e medi bolognesi non sono mancati all’appello lanciato dal manifesto “Smontiamo la crisi” e per quasi 5 ore hanno resistito alle cariche della polizia, hanno riconquistato il proprio spazio di lotta nel centro città, contestato Monti e il suo palcoscenico e bloccato una Bologna che non poteva tollerare l’arrivo del Presidente delle Banche e la prepotenza del partito liquido di De Benedetti, che al suo arrivo aveva addirittura montato una grande “R” di plastica nel centro cittadino, simbolo dell’arroganza dell’elites della sinistra neoliberista italiana, ma che in ultima istanza è stata utile solo per farsi qualche foto da pubblicare su Facebook.
La manifestazione del 16 giugno ha mostrato a Bologna che c’è una Repubblica delle rivolte contro la Crisi da costruire, consapevole delle difficoltà e dei limiti soggettivi e della fase, ma anche forte di quello stile della militanza autonoma e antagonista che chiamiamo con-ricerca. Uno stile che rifiuta spettacoli (siano essi noir o d’avventura) pseudo-sovradeterminanti, ma che con pazienza e intransigenza consolida antagonismo nei territori sociali la direzione giusta di liberazione dalla crisi del neoliberismo.
Infoaut
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