Contro il governo, contro Renzi
Le promesse vanno mantenute. Se nascono dall’incontro per confliggere contro l’esistente hanno poi gambe proprie; si sposano al desiderio di stare assieme per essere contro per cambiare. Renzi non è venuto a Pisa, come aveva promesso; chi si era dato appuntamento per contestarlo, per emergere, per prendere parola si è invece ritrovato quest’oggi in piazza a Pisa, davanti al CNR, come aveva promesso. In più di duemila hanno raggiunto il Centro, teatro delle celebrazioni per il trentennale della prima connessione a internet in Italia. Il racconto di un potere che punta su un’estetica dell’accelerazione capitalistica vuole appropriarsi dell’epica dell’innovazione digitale come fatto sganciato da gerarchie di classe e stratificazioni sociali che permangono e si fanno più violente. “Incomprensibile” ha commentato Renzi, alla notizie della generosa resistenza alle cariche della polizia davanti al CNR. La storia è un’altra: oggi a Pisa a essere contestato non è stato internet, è stato il governo delle vite integrate in questa forma mistificata di racconto. Renzi ne è la faccia, quella più arrogante. A essere contestato è stato Renzi. E’ comprensibile questo?
L’inizio della fine di una promessa di sviluppo capitalistico sembra appesantire Renzi. Questa può precipitare davanti al peso dello scontro. La possibilità esiste sempre se cogliamo l’inatteso in ogni storia personale. Figure del conflitto inedite e cercano completamento in una forza comune, ma tutte sorgono nell’impugnare l’inaccettabilità della condizione proletaria oggi: risparmiatori truffati, vittime del decreto Salva Banche, espropriati dei risparmi di una vita lavoro, spesso quello cosiddetto “garantito”, hanno ribaltato la rapina subita in sfiducia nel sistema bancario e attacco a chi lo tutela politicamente; giovani condannati a precarietà e incompiutezza esistenziale ribaltano in voglia di riscatto e aggregazione conflittuale il ricatto subito; proletari dei quartieri rovesciano in aumento delle pretese gli investimenti insufficienti spacciati per riqualificazione, assistenza o attenzione al sociale.
La fine della promessa il governo la sconta nell’aumento del divario tra innovazione, comunque finanziarizzata, e riproduzione sociale: al giovanilismo non è corrisposto un aggancio alla composizione giovanile, ripagata con la falsa moneta del jobs act; alla ripresa su un ciclo del credito è seguito l’attacco al risparmio con il salva banche, introduzione al bail-in sistemico; al racconto sulla ripresa segue la stagnazione materiale. L’Italia che riparte è una motore ingolfato.
Questo governo ha aumentato una polarizzazione tra basso della società e livelli del dominio, le forme di mediazione, così come la ricerca di un consenso, sono state polverizzate e sacrificate in favore di bugie dalle gambe corte. La fine della promessa tra la gente si tramuta in diffidenza e ostilità a chi comanda e amministra questa finta pace sociale più che in sensazione di tradimento. Tornare a stringersi per difendersi e rispondere sotto le cariche delle polizia significa anche questo.
Renzi ha bisogno di conflitto per approfondire una violenza sistemica. Lo rivolge dall’alto verso il basso, infilandolo nella vita di ciascuno, schiacciando ognuno sotto il proprio problema. L’ineluttabilità non esiste e c’è sempre una chiave per ribaltare questo schema: incontrarsi, battersi per prendere parola, per non stare a questo gioco, per non farsi cancellare, per affermare un’incompatibilità. Questo ha significato la giornata di oggi a Pisa al CNR. Dimensioni sociali profonde e complesse non cercano che occasioni inedite per unirsi e trovare una via risoluzione a ciò che subiscono quotidianamente: portare il conflitto fuori di sé e rivolgerlo verso l’alto, trovare una nuova dimensione di riconoscimento collettivo. Nessuno ha più parole credibili per promesse di questo tipo: o siamo noi contro il governo o il governo sarà contro di noi.
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