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Della Demokrazia in casa Fiom

Si viene a sapere, notizia appena appena sussurrata, che la Fiom ha da poco eletto la nuova segreteria nazionale “trombando”, come si dice in sindacal-politichese, uno dei segretari nazionali, Sergio Bellavita, legato alla corrente di sinistra, fino allo scorso anno capeggiata da Giorgio Cremaschi. Sul sito e nei comunicati ufficiali non si dice ancora niente ma la decisione è stata presa. Al di là delle beghe sindacali, che c’interessano poco, val la pena sottolineare il momento in cui questa espulsione si concretizza: dopo un anno particolarmente duro e denso di sconfitte e l’approssimarsi di un rientro disciplinato sotto l’ala protettrice di mamma-Cgil (che è poi quella che detiene il denaro) e da qui il posizionamento in segreteria nazionale di un uomo della corrente di Durante, ala destra del sindacato, più vicina alle posizioni generale della Cgil. 

Chissà cosa avranno da dire i cantori della gesta magnifiche della Fiom e del suo segretario in capo Maurizio Landini, partito a spron battuto come ultimo barricadero della classe operaio e progressivamente ridotto a più miti consigli? Il rientro alla più scontata dimensione di compatibilità era del resto ben visibile fin dal referendum Fiom sulla Bertone del maggio 2011 quando, dopo l’importante battaglia condotta su Pomigliano e Mirafiori che aveva acceso le speranze di molti/e, si firmava in una sede più piccola un contratto che accettava nella sostanza i diktat di Marchionne (in una fabbrica dove la Fiom aveva l’80% dei tesserati!). Era il segno di un’inversione, il punto di caduta di una battaglia che questo sindacato poteva ancora giocare e che avrebbe raccolto un consenso più generalizzato. Certo, a patto di allargare lo sguardo oltre l’angusta provincia torinese… ma quando si ha a che fare con geni della tattica capaci di partorire audaci “mosse del cavallo” è difficile tentare alcunché. Da lì un lento precipitare delle ultime residue possibilità di arginare l’offensiva padronale: Confindustria vuole la sua parte e pretende di estendere agli altri comparti la scelta Fiat fino ad arrivare all’attacco frontale all’articolo 18. Pare che Landini non abbia apprezzato la constatazione che questi passaggi abbiano segnato una sconfitta storica e abbia invece voluto ribadire che per la Fiom è “ancora aperta la possibilità di modificare le scelte compiute dal Governo e per questa ragione respinge l’idea, avanzata da qualcuno nel dibattito, di sconfitta riferita al movimento in campo”.

L’aspetto interessante della vicenda è però l’applicazione che la Fiom fa al suo interno della tanto decantata “democrazia”, come sempre parola buona per criticare qualunque sussulto di conflittualità sociale, meno nel gestire le cose interne al sindacato. Intendiamoci, niente di ineccepibile dal punto di vista formale (ma ineccepibile formalmente è stata anche la nomina del governo dei tecnici): le critiche del Bellavita sono state sconfitte prima nel documento programmatico (92 contro 15), poi nelle votazioni per il rinnovo della segreteria nazionale. Qui però  le cose sono andate diversamente: la nuova segreteria monocolore di Landini che ha estromesso la sinistra è stata eletta con il 53% dei consensi (98 voti favorevoli su 184). E’ il consenso più basso negli ultimi 15 anni…! Si narra di messaggini e esplicite richieste e comunicati giunti da alcuni importanti poli della Fiom (come la Piaggio di Pontedera) perché si tutelasse la possibilità di critica e un minimo dialettica interna ma ha prevalso, ancora una volta, la vecchia pratica della maggioranza. Pocu bulgara, come a Landini sarebbe piaciuta e molto risicata, in singolare parallelismo con le difficoltà dei partiti politici della Sinistra storica. 

La strategia futura della Fiom sarà nei fatti tutta improntata a un progetto di non-belligeranza con Confindustria, cui si chiede un intesa sulla produttività. Ci si chiede perché mai l’organizzazione degli imprenditori, con il coltello della parte del manico e forte delle fratture interne del sindacato, dovrebbe mai accettare tale accordo, già confezionato così premurosamente al ribasso. I padroni sanno ancora fare i padroni, è il sindacato che non sa più fare il sindacato (da lungo tempo certo ma per il futuro sembra delinearsi la pura estinzione).  A meno che qualcuno pensi che la canditatura di Vendola alle primarie possa riaprire qualche gioco… certe convinzioni son proprio dure a morire!

 

Red. Infoaut

 

ps: se il punto di caduta della Fiom è stato il referendum alla Bertone, il punto di caduta di Landini sono state le dichiarazioni relative alle contestazioni tarantine di agosto. A chi spingeva per non accettare il ricatto infame del lavoro a qualunque costo e poneva la questione della nocività del lavoro, Landini indirizzò queste belle parole: “fannulloni che non hanno voglia di lavorare!”…

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