Il pesce puzza dalla testa
Perfino sui media sono apparse parole di dissenso tese a criticare la scelta del Presidente della Repubblica di nominare dieci “personalità” atte a formulare proposte programmatiche per conciliare le posizioni contrastanti che impediscono la formazione di un nuovo governo.
Bene! Possiamo dire che però il problema non è di forma, ma di sostanza. Si tratta di un iniziativa che nasce già fallimentare prima di incominciare, perché vorrebbe far stare insieme il peggio dei partiti politici e degli indirizzi economico-finanziari, ma si tratta anche di una scelta che è in piena continuità con l’intera carriera politica di Giorgio Napolitano. La sua linea “migliorista” ha sempre perseguito come prioritaria la necessità di conservare il quadro economico, sociale e politico esistente. Ovvero, non si può mettere in discussione il sistema capitalistico, le istituzioni politiche, le collocazioni e i privilegi sociali che si sono consolidati.
Con la crisi questo indirizzo è diventato devastante: l’elite finanziaria e industriale ha imposto che si scaricassero i costi del loro salvataggio sul ceto medio e sulle classi subalterne, si è così determinato un impoverimento e una precarizzazione delle condizioni di vita che ha sconvolto il sistema sociale facendo dilagare disoccupazione, contrazione di reddito e dei consumi. Il quadro politico ha fatto sue le direttive europee imponendo, prima con il governo Berlusconi (salvato proprio nelle estate del 2010 da Napolitano) poi con Monti, delle politiche di austerità senza precedenti.
Più forti dell’instabilità creatasi nel sistema dei partiti sono i mutamenti e le rotture sociali generati dalla gestione istituzionale della crisi, che ha costituito tre agglomerati sociali contrapposti da interessi profondamente differenti e inconciliabili. L’odierna società italiana si è stratificata in: 1) un blocco composto da chi ha una cera ricchezza e un tenore di vita soddisfacente e non è disposto a vederli intaccati; 2) un blocco che è legato e dipendente dalla amministrazione pubblica e dalla sua spesa; 3) un blocco che è sempre più esternalizzato dal sistema produttivo e istituzionale e si trova quindi collocato in una condizione precaria, di impoverimento e di privazione progressiva di diritti e di reddito. Si tratta di una stratificazione che sottende differenti rapporti di volontà, di aspettative e di potere e che allo stesso tempo ha un differente modo di rapportarsi con le istituzioni e il sistema politico.
Il sistema sociale e ben più complesso e interdipendente di quanto viene solitamente descritto, gli intrecci tra spesa pubblica e processi privati di accumulazione, tra burocrazia istituzionale e management privato sono consistenti e contemporaneamente generano una rigidità d’impianto non indifferente. Importanti interessi convergono e consolidano realtà che sono difficilmente modificabili. Il sistema istituzionale e politico riproduce ed estende la sua inadeguatezza e la sua separatezza, le sue rigidità perseguendo interessi specifici e ciò si perpetua a partire dai vertici dello stato e si estende poi a tutti i suoi livelli.
I mutamenti indotti nelle condizioni sociali riconducibili alla crisi stanno sempre più delegittimando, il sistema politico e questa delegittimazione investe le istituzioni che vengono ora effettivamente riconosciute come separate e contrapposte. Voler ricondurre tutto al prestigio formale delle Istituzioni e dello Stato ha da sempre preteso e voluto imporre – adducendo la necessità di far prevalere gli interessi generali: l’unità della nazione alla costituenda Unione Europea – quelli che invece sono precisi interessi delle classi e dei ceti dominanti.
L’arroganza e il disprezzo del ceto politico si personificano nelle volontà e negli atteggiamenti del primo cittadino il quale, mentre una buona parte degli italiani si vede privata di occupazione e di reddito, si diverte a giocare coi soldatini a cavallo. Abbiamo così visto presidente del Senato e presidentessa della Camera predicare una sobrietà di facciata con passeggiata a piedi per poi assistere impettiti al fianco di Napolitano, alla sfilata dei corazzieri – massima esibizione dell’inutilità e dello spreco per commemorare un Unità della Nazione che nel concreto viene condotta dalle istituzioni stesse e dai suoi uomini al progressivo sfascio. D’altra parte, cosa ci si dovrebbe aspettare da un figlio del Re che si è formato nel partito che ha predicato e imposto per trent’anni solo la linea dei sacrifici per il proletariato!
Red. InfoAut
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