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Intenzioni che sono minacce, promesse che sono bugie

Dopo la pubblicazione delle statistiche Ocse, è su tutti i giornali la notizia che l’Italia è uno dei paesi con la più alta percentuale di Neet fra le nazioni più industrializzate.

I NEET (Not engaged in Education, Employment or Training) sono i giovani fra i 15 e i 29 anni che non sono nè lavoratori nè studenti. Insomma, quelli che i precedenti governi e l’attuale premier Renzi non si trattengono dal chiamare mammoni, fannulloni, esclusi, choosy. Una categoria che sembra perfetta per come il governo Renzi intende l’essere giovani.

Due aspetti – e più- sono importanti di questo dibattito.

Da un lato, se guardiamo le statistiche, non abbiamo che una conferma del fatto che sempre più giovani non studiano e non lavorano. Dall’altro, la responsabilità di questa condizione viene scaricata su chi di fatto la vive, come se fra tante strade possibili (sempre ammesso che esista davvero questa possibilità di scegliere) avesse deciso di non prenderne nemmeno una, ma senza alcuna indagine su quali possano esserne le cause reali. Tutto questo è reso pubblico nell’opuscolo dell’Ocse ”Uno sguardo sulla società 2016”, che come al solito non si limita ad annunciare il terno al lotto delle politiche italiane, ma apre una lunga parentesi su quanto questi giovani nullafacenti costino alle tasche dello stato (quasi quanto le pensioni e le donne!), sul fatto che la maggior parte di loro non lo cerchi nemmeno un lavoro (non si capisce quale sia la misura che può dire quanto siano indaffarati a cercarlo) e su quanto la sfiducia dei giovani rispetto alle istituzioni non permetta di migliorare.

Insomma, si tratta di uno sguardo alquanto parziale, tutt’altro che oggettivo, di fatto assimilabile a quello del governo. Uno sguardo che cerca di renderci colpevoli della nostra condizione, così da non potercela prendere con chi ci governa, e che apre la strada alla giustificazione di qualche nuova misura emergenziale, che significa renderci ricattabili.

Renzi ci dice di non preoccuparci, sostiene di avere la ricetta perfetta per combattere questa condizione e lo aveva già detto precedentemente quando, ad esempio, ha tirato fuori dal cappello il programma “Garanzia Giovani”: un piano di occupazione giovanile che doveva mettere in contatto diretto i disoccupati, i neet, con le aziede. Si è visto come è andata a finire: la maggior parte di coloro che hanno fatto questo disperato tentativo o non sono mai stati contattati o, ancora peggio, sono stati fatti lavorare in condizioni di sfruttamento senza che poi gli venisse dato lo stipendio. Il fallimento e la menzogna della Garanzia Giovani sono ormai espliciti.

Allora forse il premier con la sua magica ricetta non sta combattendo la disoccupazione, l’abbandono scolastico, l’impossibilità di andare all’università, ma sta cercando di favorire sistemi di privatizzazione, lavoro gratuito, università elitarie, scuole-aziende a spese delle nostre prospettive future. Per questo non c’è da stupirsi se sono così tanti i giovani che migrano all’estero per cercare una condizione di vita migliore o per realizzare le proprie ambizioni.

Davanti a tutto questo il premier cerca di arrampicarsi sugli specchi, dimostrandosi spregiudicato davanti alla scommessa del referendum. Scommessa in cui gioca a perdere. Dopo aver presentato una fallimentare campagna sulla fertilità (il Fertility day è stato solo una figuraccia!) e aver dichiarato di voler investire con la sua presenza nelle scuole per far capire ai giovani l’importanza del suo SI, Renzi fa dietro-front, mettendo momentaneamente da parte qualsiasi promessa di un investimento sui giovani e sul futuro. Forse si è ricordato che sotto i 18 anni non si vota, forse si è reso conto che i giovani non hanno alcuna fiducia in lui e non appoggiano la sua politica liberista…in ogni caso ha pensato che fare campagna elettorale nelle scuole non lo avrebbe ripagato. Così, con un imbarazzante spot mette come interlocutori privilegiati di questa campagna referendaria gli anziani e gli adulti in età pensionabile. Forse si è dimenticato anche della riforma delle pensioni.

Qua stanno giocando sporco, lo abbiamo capito, e sappiamo con chi prendercela. La dispersione scolastica non si combatte di certo con lo Student Act, prima tagliando qualsiasi aiuto alle famiglie per le spese scolastiche su un criterio di necessità per poi sostituirlo con un criterio di meritocrazia. L’abbandono degli studi universitari non si combatte con una riforma dell’Isee, che ha permesso di dichiarare una ricchezza che non esiste e di cancellare il diritto allo studio. La disoccupazione giovanile non si combatte con la Garanzia giovani o con i voucher, con il Jobs act o con l’alternanza scuola-lavoro. Le migrazioni non si combattono disperdendo in giro per l’Italia gli insegnanti appena entrati di ruolo, non pagando il lavoro e impedendo di pagare una casa (se non peggio togliendocela!) o un affitto.

Cosa possiamo aspettarci allora, come giovani, come studenti, come disoccupati, come lavoratori fantasmi e ricercatori non pagati, da questo referendum? Sicuramente il Sì non è una soluzione a questi problemi, ma semmai uno strumento nelle mani del governo per velocizzare questi processi che da anni a questa parte cercano solo di peggiorare la qualità delle nostre vite, continuando a impoverirci e a toglierci possibilità, ingrossando sempre e solo le tasche di pochi. Certo il No non sarà sufficiente a bloccare questo sistema distruttivo nè da solo a migliorare le nostre condizioni di vita e le nostre prospettive future ma l’opposizione al referendum di dicembre rappresenta una prima preziosa occasione da giocare per dare una spallata al governo Renzi e a tutto ciò che esso rappresenta, per rifiutare questo sistema fondato su esclusione e impoverimento. E’ il momento di prenderci quello che ci spetta e anche quello che non abbiamo mai avuto e non ci hanno mai promesso.

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