InfoAut

La Francia è lontana, ovvero dell’antropologia sindacale

Un montaggio sui social network, in questi giorni, rappresentava uno striscione di apertura di una delle tante manifestazioni che in queste settimane stanno paralizzando la Francia con su scritto “Non faremo la fine dell’Italia”. Da questa parte delle Alpi, invece di comprendere quello che sta accadendo, qual è la composizione del movimento, quali sono le forme di lotta e le possibili indicazioni di tendenza, si preferisce una sterile autocommiserazione, pensando che le lotte avvengano in modo deterministico, per lineari rapporti di causa-effetto tra leggi del governo e risposta sociale, oppure richiamando mitologiche tradizioni dei due popoli. Così militanti e attivisti occasionali possono autogiustificarsi delle proprie insufficienze, attribuendo la responsabilità al sociale, oppure scegliere la comoda opzione del turista dei movimenti, magari tentando di importare in modo grottesco le notti in piedi, credendo che basti un po’ di Edith Piaf e folclore transalpino per produrre effetti analoghi. Del resto, si sa, le lotte del vicino sono sempre più belle, e perfino i “black bloc” sono sempre più colorati.

Il punto che qui ci interessa sollevare, tra i molti spunti di analisi e inchiesta che già abbiamo provato a elaborare, è un altro: il ruolo dei sindacati. Il problema non è tanto di linea politica, che nel caso della Cgt non è particolarmente avanzata, né di illudersi sulla bontà di un ceto dirigente che, quando il gioco si fa per loro sconveniente, non esita a schierare il proprio servizio d’ordine contro i giovani manifestanti. Possiamo tuttavia parlare di una differente antropologia sindacale, che porta perfino i più riformisti e corrotti dirigenti a comprendere che il conflitto è un fattore vitale anche per loro, e che quando è indispensabile per fissare delle rigidità l’obiettivo va raggiunto con ogni mezzo necessario. I blocchi che stanno mettendo in ginocchio la Francia sono stati determinati dall’autonoma radicalità di decine di migliaia di giovani che si sono mobilitati autonomamente, al di fuori e talora anche contro la Cgt. Quest’ultima, come già era successo nel 2006 nella rivolta contro il Cpe, ha pragmaticamente compreso che non esiste per il sindacato un futuro se non correndo il rischio di mettersi in relazione con quelle lotte, fornendo perfino le occasioni di piazza per esprimere una radicalità incontrollabile e irrappresentabile. C’è un utilizzo reciproco tra autonomia delle lotte e sindacato, nella loro completa irriducibilità e alterità.

Se dobbiamo trovare qualcosa che negli ultimi anni si sia avvicinato ai blocchi in Francia, se non altro come approccio al conflitto, è quanto avvenuto intorno al 9 dicembre 2013 in alcune zone del nord-ovest italiano, in particolare nell’area metropolitana torinese. In quei giorni il traffico venne paralizzato in modo più o meno spontaneo, e il centro della città divenne lo spazio di espressione radicale di soggettività completamente differenti tra di loro, dai ceti medi impoveriti ai giovani delle periferie. Lo sciopero metropolitano, di cui tanto si è parlato negli ambiti di movimento senza mai realizzarlo, per un breve lasso di tempo si realizzò senza parlarne. L’estraneità di quelle figure ai lessici del sindacato e della sinistra, tutto ciò che è stato ritenuto fonte di un’ambiguità che semplicemente era nei fatti, ha costituito uno dei principali punti di forza della mobilitazione.

L’antropologia sindacale in Italia è infatti permeata dalla logica concertativa, che non ha segnato solo la lunga e infame stagione dei confederali, ma che ha finito per pervadere la forma mentis anche di coloro che contestano Cgil, Cisl e Uil. Pure tra i sindacati di base vediamo spesso radicarsi il virus dello scambio tra tessere e conflitto; anche quelli che hanno avuto la capacità e l’intelligenza di mettersi a disposizione dell’autonomia delle lotte, presto o tardi sembrano entrare nel mercato della gestione di bottega. La riproduzione del proprio esistente è una ragione sufficiente per evitare con cura un conflitto che possa mettere in discussione gli equilibri rappresentativi guadagnati con la controparte. Così, il calendario si riempie di inutile date rituali e si svuota di occasioni di lotta, che com’è noto non avvengono mai dando ampio preavviso al padrone.

Ecco allora una delle lezioni che ci viene dalla Francia: non si può stare in piedi la notte se di giorno non si mette in ginocchio il nemico. I giovani lo fanno per esprimere il crescente rifiuto per un sistema sociale che sempre più basta viverlo per odiarlo, i sindacati per riprodurre la propria funzione all’interno di quel sistema sociale. Il risultato di questa miscela tra elementi antagonistici è la possibilità di generalizzare le lotte e costruire circuiti ricompositivi. La mediazione a oltranza e la logica concertativa, che a partire dall’antropologia sindacale sembra aver contagiato parti cospicue del movimento italiano, sono in sé problematiche per chi si proponga una trasformazione radicale dell’esistente. Ma nella situazione attuale sono per giunta irrealistiche: la controparte non vuole più mediare e concertare, lo sta dimostrando in ogni ambito, dai rapporti di lavoro alla gestione degli spazi urbani. Soprattutto nella crisi, dunque, mentre il conflitto apre possibilità, la mediazione le chiude. Con buona pace di chi continua a elogiare ideologicamente la moderazione o a praticarla di fatto, di chi si accontenta della quiete del proprio orticello e si guarda bene dal tentare di organizzare il vortice dell’inquietudine sociale. Una volta di più quando sentite qualche sindacalista o militante dire che il proletariato non è pronto, sappiate che è semplicemente lui a non esserlo.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Il lavoratore inesistente

La retorica della destra sul movimento “Blocchiamo tutto” ci racconta meglio di ogni saggio la visione dominante sul ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella società: farsi sfruttare, consumare e stare muti.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La guerra è pace

Uno dei famosi slogan incisi sul Ministero della Verità del romanzo di George Orwell “1984” recita così.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Milano: urbanistica, speculazione e stratificazione di classe

Mettiamo per un attimo da parte gli aspetti corruttivi dell’intricata vicenda che vede coinvolti imprenditori, architetti, assessori e dipendenti comunali.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ma quale “imperialismo iraniano”?

Per un attimo ci siamo illusi/e che di fronte a fatti di questa portata la priorità fosse quella di capire come opporsi, dal nostro lato di mondo, al caos sistemico che Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti, sta portando sulla regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra la base del Tuscania al CISAM con il genocidio in corso in Sudan?

In Sudan si consuma un massacro che il mondo continua a ignorare.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Tubercolosi al Neruda: no alle speculazioni sulla malattia

Riprendiamo il comunicato del Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure del Piemonte sulla vicenda che vede coinvolto lo Spazio Popolare Neruda.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Milei-Trump hanno vinto e si sono tenuti la colonia

Il governo libertario ha imposto la paura della debacle e ha vinto nelle elezioni legislative.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il treno che non arriva mai: altri otto anni di propaganda e devastazione

Telt festeggia dieci anni e annuncia, ancora una volta, che la Torino-Lione “sarà pronta fra otto anni”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina libera, Taranto libera

Riceviamo e pubblichiamo da Taranto per la Palestina: Il porto di Taranto non è complice di genocidio: i nostri mari sono luoghi di liberazione! Domani, la nostra comunità e il nostro territorio torneranno in piazza per ribadire la solidarietà politica alla resistenza palestinese. Taranto rifiuta di essere zona di guerra e complice del genocidio: non […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Intelligenza artificiale: l’umanità è diventata obsoleta per i padroni?

La distopia è già qui. Negli Stati Uniti, negli ultimi giorni, una pubblicità che sembra uscita da un film di fantascienza è apparsa ovunque.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza è Rio de Janeiro. Gaza è il mondo intero

Non ci sono parole sufficienti per descrivere l’orrore che ci provoca il massacro di oltre 130 giovani neri, poveri, uccisi dalla polizia di Rio de Janeiro, con la scusa di combattere il narcotraffico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I “potenti attacchi” su Gaza ordinati da Netanyahu hanno ucciso 100 palestinesi

I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Occupazioni a Torino: cronaca di un mese senza precedenti.

Una cronaca dalle occupazioni e autogestioni delle scuole torinesi del mese di ottobre.