La norma anti-rave non è altro che l’ennesimo attacco al dissenso sociale
Il decreto legge del Governo Meloni non riguarda solo i rave-party, ma tra le casistiche che potrebbero rientrare al suo interno vi sono anche molte pratiche che fanno parte della storia della protesta e del dissenso sociale nel nostro paese, dalle occupazioni delle università e delle scuole, alle manifestazioni non autorizzate.
Il meccanismo è sempre lo stesso, viene mediatizzato un evento tutto sommato maginale a livello di notiziabilità, che arriva a diventare il titolo di testa del TG della principale rete pubblica. Si tenta di far crescere la percezione di insicurezza nell’opinione pubblica e poi si legifera non solo attorno al fatto specifico (il che già di per sé è grave), ma facendovi rientrare all’interno una serie di casistiche che hanno a che fare con la libertà di dissenso ed in questo caso di riunione dando ampia discrezionalità a prefetture, procure e forze dell’ordine di prevenire e perseguire pratiche che fanno parte della normale dialettica della protesta.
Il cosiddetto decreto anti-rave è uno di questi classici cavalli di Troia.
La norma introduce una nuova fattispecie di reato inserendo nel codice penale l’articolo 434-bis: “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.
Ecco cosa prevede il testo:
1. Dopo l’articolo 434 del codice penale è inserito il seguente: Art. 434-bis – Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica: L’ invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita. È sempre ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione.
2. All’articolo 4, comma 1, del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo la lettera i-ter), è aggiunta la seguente: “i-quater) ai soggetti indiziati del delitto di cui all’articolo 434-bis del codice penale”.
Ci sono più elementi da sottolineare: innanzitutto l’assurdità delle pene che verrebbero comminate in caso di commissione di questo reato. Per capirci il reato di corruzione, che ci pare un fenomeno molto più preoccupante nel nostro paese delle feste autorganizzate, prevede una pena da uno a sei anni. In sostanza chi è accusato di aver organizzato una festa in un luogo abbandonato può vedersi inflitta una pena peggiore di chi ha rubato i soldi di tutti per i propri interessi.
In secondo luogo chi decide che un raduno può essere un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica? E su quali basi?
Una occupazione universitaria o una manifestazione non autorizzata promossa da lavoratori in sciopero o contro il caro bollette possono di per sé rientrare in questa fattispecie di reato perchè rappresentano un turbamento dell’ordine pubblico a fronte di una Prefettura particolarmente zelante?
Infine vediamo nuovamente l’utilizzo del Codice Antimafia nei confronti di soggetti e fenomeni che nulla hanno a che fare con la criminalità organizzata; anche qui la protesta sociale e l’autorganizzazione vengono trattate come materie delinquenziali e non come leggittime forme di espressione o di dissenso.
Vediamo farsi dottrina giuridica quanto già emergeva con la ripetuta serie di inchieste per associazione a delinquere nei confronti dei sindacati conflittuali, dei disoccupati organizzati e del movimento No Tav.
E’ una criminalizzazione volta a colpire e disciplinare i più giovani che può avere ricadute su tutti e tutte noi. Oggi le opposizioni istituzionali che hanno aperto la strada a questa gestione dell’ordine pubblico piangono lacrime di coccodrillo, ma l’unico modo per rispondere a questa stretta alla libertà di dissenso è violarla in massa, saturarla e renderla inapplicabile. Si tratta di non piegarsi, ma rilanciare perché la libertà è tutto!
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