La retorica dei disastri
“Lo Stato è presente!” E’ il mantra di tutti gli eventi catastrofici. In fin dei conti, un terremoto è una buona occasione per riaffermare gerarchie di potere. Per cui, quando si presenta l’occasione, la retorica delle istituzioni non manca mai. Ma la retorica fa poi i conti con le leggi, anche quelle, dello Stato e allora si scopre che con un decreto il governo ha chiuso con i risarcimenti ai cittadini colpiti dalle calamità naturali, aprendo la strada alle assicurazioni private.
Si tratta del Decreto Legge 15 maggio 2012 n. 59 che è entrato in vigore il 17 maggio e che reca disposizioni per il riordino della protezione civile, focalizzandosi sulle coperture assicurative contro i danni derivanti da calamità naturale. Il decreto infatti prevede l’estensione della copertura assicurativa sulle calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno.
Un tempismo perfetto, quello del Decreto, che non è ancora chiaro se interesserà gli abitanti dell’Emilia Romagna perché mancano i decreti attuativi. Ma se così fosse chi non ha una assicurazione privata sugli eventi catastrofici non avrà diritto a nessun tipo di risarcimento.
Alluvioni, terremoti e altri disastri naturali sono quindi problemi individuali, o comunque certamente non dello Stato, che in compenso si dichiara sempre presente, soprattutto davanti alle tv. Quello che conta è quindi la retorica mediale: vicinanza alle vittime, vicinanza agli sfollati, ma quando c’è da materializzarsi c’è da tener di conto dei bilanci.
Il messaggio è chiaro. Le casse del Tesoro sono vuote, e non importa se le tasse aumentano sempre di più, gli aumenti servono per pagare i disastri dei banchieri, non dei terremoti. Per quelli ci sono le assicurazioni private ovvero la finanza.
Questo terremoto ha inoltre allungato un’altra statistica quella delle morti sul lavoro: quattro delle sette vittime sono operai morti sul posto di lavoro. Tarik Nauch, 29 anni, Nicola Cavicchi, 35 anni, Leonardo Ansaloni, 45 anni, Gerardo Cesaro, 57 anni, sono gli operai morti sotto le macerie dei capannoni in cui lavoravano, capannoni che si sono accartocciati allo stesso modo dei palazzi e dei campanili del ‘500.
Bada Nasciufo
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