InfoAut

L’avanzata dei robot e gli zombies del cittadinismo

“Compito della politica è ora affrontare i problemi che derivano dalla rivoluzione digitale e i costi in termini di perdita di posti di lavoro. Garantire uno stipendio a tutti non risponde all’articolo 1 della nostra Costituzione che parla di lavoro non di stipendio. Il lavoro non è solo stipendio, ma anche dignità. Il reddito di cittadinanza nega il primo articolo della nostra Costituzione, serve invece un lavoro di cittadinanza”. Un coro sdegnato, dal movimento 5 stelle fino alla sinistra di movimento impegnata nella decennale battaglia per il reddito di base universale e incondizionato, si è levato contro queste parole di Renzi di ritorno da “uomo libero” dalla California.
Poniamo un quesito di base: tra il reddito di cittadinanza, nelle sue varie declinazioni, e la nuova sparata renziana denominata “lavoro di cittadinanza” – dove, per inciso, si intende la commissione di impieghi obbligatori per i non occupati erogati dallo Stato in cambio garanzie e tutele sociali – intercorre una così grande contrasto come tutti si affrettano a denunciare?

Per provare a fornire una risposta occorre, crediamo, tenere a mente una considerazione: da parte capitalistica c’è una disperata ricerca di una strategia d’uscita politica dalla crisi delle sue forme di valorizzazione, della sua crescita e innovazione. Quella che in tanti chiamano quarta rivoluzione industriale, con l’aumento dell’automazione della produzione e della digitalizzazione delle reti della cooperazione sociale orientate all’estrazione di plusvalore, riduce la necessità per il padrone collettivo di impiegare forza lavoro salariata con disastrose conseguenze sociali in termini di contrazione dei redditi e aumento delle povertà. Come testimonia anche il dibattito mainstream, la questione dell’avanzata dei robot che soppiantano l’umano sul posto di lavoro è ormai all’ordine del giorno; i cassieri della coop in esubero con l’introduzione delle casse automatiche, come i piaggisti insidiati dalla robotizzazione delle linee di Colaninno, hanno imparato a subire sulla propria pelle questa minaccia. Loro, i “lavoratori garantiti” e magari anche sufficientemente sindacalizzati. Pertanto il tema dell’erogazione di forme di reddito, anche incondizionato, per la riproduzione della classe parte iper-proletaria e antagonista nel rapporto di capitale, è contemplato da parte capitalistica come possibile strategia non solo di gestione dell’insubordinazione sociale temuta in conseguenza della compromissione di un livello minimo di sostentamento e sopravvivenza, ma come strategia di tenuta ed espansione degli assetti di sviluppo sistemici. Una ricetta progressista per un progetto di innovazione e integrazione capitalistica.

Fin qui nulla di strano. Se non fosse che una traiettoria di emancipazione possibile dell’umano, pur dentro l’ “utopia concreta” del reddito universale promosso dai teorici della Silicon Valley fino al candidato socialista alle presidenziali francesi Benoit Hamon, non si intravede. Sgombriamo il campo: non si tratta di sostenibilità o meno di misure giuste, certamente in grado di alleviare sofferenze inutili per gli esclusi ed espulsi dai processi di incorporamento del lavoro nelle macchine. Il punto, è che già, di fatto, viviamo dentro un regime di sfruttamento e organizzazione dell’agire umano che considera tendenzialmente marginale il vincolo del lavoro senza aver bisogno di concedere un corrispettivo sociale del salario come retribuzione di una cooperazione umana già produttiva e orientata ai fini capitalistici nel consumo e nella sua riproduzione. Quanti, per dirne una, la più semplice, di Uber deprecano l’aggressione alle forme garantite e regolate del lavoro, godono comunque della tariffa più conveniente per raggiungere Fiumicino, dopo aver prenotato una sistemazione su airBnB per un colloquio come magazziniere a Piacenza. È tutto l’agire umano che viene lavorizzato in una doppia di dinamica di continua espulsione e reintegro nel rapporto di capitale come vincolo sempre più fluido e pervasivo delle dimensioni di sfruttamento. Come sempre, non c’è un fuori. In questo senso il motivetto renziano sulle note di California dreamin’ suona insopportabile nell’appello a un’etica del lavoro lavorista per la quale nulla si dà in cambio di dura fatica e sudore. Come se non ce ne fosse già abbastanza di fatica e sudore nel sopravvivere alla miseria dell’oggi. Un patetico puntare i piedi da parte di chi considera il lavoro e il comando sul lavoro salariato ancora come il principale strumento di coercizione e disciplinamento sociale (per quanto tanta parte ancora oggi abbia nell’imporre violenza e sofferenza).

La realtà è che le forme della cooperazione eso-imposta in rapporto alle macchine hanno una loro perfetta funzionalità in riferimento ai livelli di ricchezza sociale complessiva per poter riprodurre assetti e gerarchie di valorizzazione. Per ora. Il sospetto della crisi, che questa ricchezza sociale, anche per la diseguaglianza della sua distribuzione, non sia più sufficiente come capitale che si valorizza a riprodurre dimensioni sistemiche allargate, fa sorgere, come visione strategica della parte a noi avversa, l’esigenza integrare le figure oggi escluse in questo rapporto con nuove risorse.
Qui si intravede un punto di rottura su cui giocare una partita possibile, non per l’integrazione ipso facto in un rapporto di riproduzione dell’esistente, ma per incrinarne alcuni suoi assetti con lo sguardo rivolto alla rottura e non alla monetizzazione della vita per la riproduzione di soggettività alienate dentro le gerarchie vigenti. Non c’è nuova contrattazione sociale senza l’aggressione alle forme della cooperazione sociale oggi – già oggi – imposta anche oltre la salarietà e il lavoro; senza l’aggressione ai livelli alti della formazione di una soggettività alienata dentro le forme di questa cooperazione. In una battuta: se le condizioni della nostra messa a lavoro sono merda, si finisce per produrre merda in un mondo di merda. Un paradigma semplicemente redistribuzionista, contemplando la sola dimensione della produzione, non è sufficiente a rompere i meccanismi di subordinazione sociale. Questi non si sovrappongono interamente ai termini della redistribuzione del prodotto sociale del lavoro.

La notizia che il parlamento di Strasburgo ha di recente respinto la tassa sui robot immaginata per finanziare forme di reddito di cittadinanza europeo è un dato che, se da un lato segna ancora un tempo in cui i rapporti di forza tra classi vedono l’indisponibilità a cedere quote di reddito alle dimensioni subalterne, dall’altro lato segnala come il terreno di battaglia per il reddito, considerato dentro le stratificazioni materiali dei rapporti di potere, non possa intendersi disgiunto dalla conquista, dentro lo scontro, di un divenire-soggetto-contro con fini contrapposti a quelli del mantenimento, sviluppo e innovazione dell’esistente. Se crolla il mondo del ‘900, se crolla il mondo del lavoro, non sarà una chimera cittadinista – ancora aggrappata in fondo all’ideologia dell’attore sociale libero e individuale – a convincere i nostri nemici che un corredo di diritti e garanzie è meglio della violenza per avere in cambio la nostra vita e integrarla al loro mondo.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Il lavoratore inesistente

La retorica della destra sul movimento “Blocchiamo tutto” ci racconta meglio di ogni saggio la visione dominante sul ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella società: farsi sfruttare, consumare e stare muti.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La guerra è pace

Uno dei famosi slogan incisi sul Ministero della Verità del romanzo di George Orwell “1984” recita così.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Milano: urbanistica, speculazione e stratificazione di classe

Mettiamo per un attimo da parte gli aspetti corruttivi dell’intricata vicenda che vede coinvolti imprenditori, architetti, assessori e dipendenti comunali.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ma quale “imperialismo iraniano”?

Per un attimo ci siamo illusi/e che di fronte a fatti di questa portata la priorità fosse quella di capire come opporsi, dal nostro lato di mondo, al caos sistemico che Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti, sta portando sulla regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il caso di Ahmad Salem, in carcere da 6 mesi per aver chiamato alla mobilitazione contro il genocidio

Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ex Ilva: il riarmo divora la politica industriale (e la transizione ecologica)

Tutti i nodi vengono al pettine. Il governo sovranista con la sua manovrina accantona risorse per acquistare armi e manda alle ortiche quasiasi politica industriale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

COP30: Extinction Rebellion scarica 30 tavoli davanti alla Regione Piemonte. “Tutte le occasioni mancate”

Nei giorni conclusivi della conferenza sui cambiamenti climatici che si tiene a Belém, il movimento denuncia gli impegni disattesi da Governo e Regione

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Brescia: perquisizioni, denunce e avvisi orali per il corteo del 27 settembre sotto Leonardo SPA

Perquisizioni, denunce e “avvisi orali” dall’alba di venerdì 21 novembre a Brescia contro compagne-i (anche studentesse-i) per il grande corteo per la Palestina di sabato 27 settembre