Le lancette ferme della Strage fascista
E’ il 31esimo anniversario, il secondo senza la presenza del Governo, dell’attentato fascista che nella sala d’aspetto di seconda classe della Stazione Centrale di Bologna uccise 85 persone. Una strage che, come ha ricordato nel discorso di commemorazione il presidente dell’associazione familiari delle vittime Paolo Bolognesi, ha un sua peculiarità: “Le stragi che avevano preceduto quella di Bologna avevano dimostrato come era facile ottenere l’immunità”. Per la strage del 2 agosto del 1980, invece, arrivarono le condanne e fu messa chiaramente in luce la matrice fascista dell’attentato: i NAR Valerio Fioravanti e Francesca Mambro all’ergastolo come mandanti, l’ex capo della P2 Licio Gelli, l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte condannati per il depistaggio delle indagini.
Ma adesso? Mambro e Fioravanti sono liberi e mantengono con spavalderia il loro silenzio, spalleggiati e coccolati nella Roma di Alemanno che non teme di regalare poltrone e cariche ad ex camerati. I depistaggi continuano, col silenzio, col tentativo di riproporre la “pista palestinese”, con il segreto di Stato, uno Stato coinvolto all’interno delle stragi nel suo apparato di intelligence, per niente “deviato” o “eversivo” come dimostrano promozioni e coperture che arrivano fino ai giorni nostri.
Di fronte alla targa “Strage fascista” che ricorda l’attentato, lo Stato ancora un volta si defila: si defila il Governo che dice di non voler essere insultato dai fischi e chiede per bocca del senatore Garagnani di blindare la piazza con l’esercito contro le contestazioni ma si defila anche il presidente della Repubblica Napolitano che nella sua breve nota di ricordo riesce a parlare di intolleranza, violenza, barabaro attentato, terrorismo eversivo, senza mai citare la parola fascismo o depistaggio.
Rimane la retorica di un Sindaco che parla di solidarietà, rigetto del terrorismo di ogni matrice, che richiama la resistenza partigiana come fonte della carta costituzionale… un calderone in cui finisce la strage di Ustica insieme all’omicidio Biagi, quando invece quanto mai in questo momento è importante saper leggere le differenze tra i vari tasselli storici che ancora si muovono: da Gennaro Mokbel (un nome che collega Fastweb, il processo per il rapimento di Abu Omar, la banda della Magliana e le telefonate con Fioravanti) ai punti interrogativi intorno all’omicidio del fascista pentito Sergio Calore, fino alle recenti inchieste P3, P4 e via con la conta…
Quel 2 agosto del 1980 l’orologio della stazione si fermò alle 10.25, quelle lancette sono ancora ferme così, monumento quotidiano in ricordo delle vittime. Immobili le lancette, ciò che si muove è invece il potere che prosegue il suo progetto, immune ancora una volta dai colpi subiti, passando sopra una sentenza che è rimasta relegata alle mura dei tribunali e che a distanza di anni si mostra sempre più monca, ignorando una associazione dei familiari sempre più debole e disponibile al compromesso di condanna bipartisan contro la violenza. La memoria rimane terreno di lotta, che non può fermarsi al ricordo, ma deve continuare a scavare e vedere lo squarcio della strage di Bologna nei poteri che si muovono nell’oggi. Quelle lancette si sono fermate, la memoria non si può fermare con loro.
Ortica
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