Lo stato della guerra / Verso lo scontro NATO – Russia?
A tre mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, la situazione sta inesorabilmente peggiorando. Non si vede una via d’uscita dal conflitto e buona parte degli attori in campo non sembrano intenzionati a trovarla. Le possibilità di un ampliamento del conflitto e di una Terza Guerra Mondiale sono all’ordine del giorno.
L’unica variabile in grado di rompere questo avvitamento può essere una mobilitazione popolare transnazionale contro la guerra ed il riarmo, si tratta di assumersi il compito di contribuire a costruirla nella complessità del presente.
1.
Quello che era evidente fin dall’inizio dell’escalation adesso è stato pronunciato pubblicamente dal Segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin durante la conferenza stampa di lunedì in Polonia. L’obbiettivo degli USA in questo conflitto è quello di “vedere la Russia indebolita”, dunque si tratta di prolungare la guerra per quanto più possibile, di aumentarne il costo umano e sociale e di confidare che l’Ucraina si trasformerà nell’Afghanistan 2.0 della Federazione Russa. Ogni tipo di negoziato vedrà il tentativo di sabotaggio da parte degli USA e dei suoi più diretti alleati.
La promessa di nuovi armamenti pesanti da parte di USA e alleati a Zelensky e le dichiarazioni del Viceministro della Difesa britannico che si è detto favorevole all’uso delle armi inviate dalla Gran Bretagna da parte degli ucraini per attacchi in territorio russo indicano chiaramente che siamo sulla strada di un salto di qualità.
Anche l’attacco in Transnistria degli scorsi giorni fa presumere un allargamento del conflitto.
Persino il New York Times ha preso atto che l’essenza dei conflitti Russia-Ucraina sia cambiata, trasformandosi “da una battaglia per il controllo dell’Ucraina a una che mette Washington più direttamente contro Mosca”.
Il controcanto del Ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov non si è fatto attendere, dichiarando che la Terza Guerra Mondiale è da considerarsi un “pericolo reale” sebbene l’opzione di una guerra nucleare sarebbe “inaccettabile”.
D’altronde anche la Russia sembra sempre di più perdere interesse per una soluzione negoziale a favore di un qualche tipo di risultato sul campo.
L’Europa intanto tace, come sempre incapace di elaborare una strategia autonoma e unitaria. Lo sforzo degli USA e delle componenti filo-atlantiste delle elites europee di costringere i governi del Vecchio Continente ad allinearsi a Washington procede a singhiozzi, ma senza significativi strappi.
L’unico attore globale che sembra voler evitare a tutti i costi uno scenario di allargamento del conflitto è la Cina che per voce del suo ministro degli esteri ha affermato: “Nessuno vuole vedere la terza guerra mondiale. È necessario sostenere il processo di promozione dei colloqui di pace”. D’altronde però anche il gigante asiatico oggi si trova di fronte al concretizzarsi materiale dei nodi geopolitici tra le crescenti tensioni su Taiwan, le Isole Salomone e gli attentati in Pakistan contro lavoratori cinesi nel paese che rende ancora più complessa la proiezione internazionale cinese attraverso le nuove Vie della Seta. Quanto la Cina sia in grado di porsi come soggetto garante di una negoziazione tra Russia e Ucraina è difficile da stabilire, specialmente con gli USA che hanno assoluto interesse a tenere il competitor asiatico in una posizione scomoda e complessa.
Dunque le nuvole fosche si addensano e le variabili che possono cambiare lo scenario sono per lo più da ascriversi nell’emersione di fenomeni sociali di massa in grado di pesare sulla bilancia dello scontro.
Di seguito alcune valutazioni di Alberto Negri sulla situazione attuale ai microfoni di Radio Onda d’Urto:
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2.
Siamo in una società dove non tutto sta assieme, e la complessità dei rapporti di classe intorno a cui si è ristrutturato il capitalismo impone di guardare a quanto succede con uno sguardo complesso e la maggiore profondità possibile.
Non ci sono soluzioni semplici, nulla è già risolto, e come sempre solo uno studio articolato delle questioni ed una prassi ancorata a questo studio può permetterci di contribuire allo sviluppo di dei processi che almeno parzialmente ambiscano ad avere un peso.
Il capitalismo contemporaneo si riproduce in un continuo tentativo di dislocare le proprie contraddizioni verso il basso alimentando la cosiddetta “guerra tra poveri”, lo osserviamo quotidianamente nelle nostre città, nel rapporto tra Nord e Sud del mondo, e in ultima istanza lo notiamo chiaramente nelle opposte retoriche di guerra che tentano di spingere popoli fratelli alle più sporche brutalità.
Questo dato però va assunto fino in fondo, noi viviamo all’interno di questi conflitti stratificati, queste sono condizioni strutturali che formano la società globale dell’oggi e non basta nominarli, normarli per trovare una via per contrastarli.
La guerra in Ucraina ha dimostrato ancora una volta la capacità di scomposizione, di riallocazione delle contraddizioni che il capitalismo globale ha.
Una crisi economica che dura da ormai più di un decennio e che è stata solo parzialmente “congelata”, una pandemia globale di inedita portata e le conseguenze materiali della crisi ecologica attraverso lo strumento della guerra e la sua potenza distruttiva vengono esternalizzate e/o spinte verso il basso. Se il conflitto rappresenta un’opportunità per gli USA di scaricare queste avversità fuori dai propri confini, allo stesso tempo all’interno dei nostri confini le borghesie locali procedono a utilizzarle come occasione per tentare rilanciare la valorizzazione, abbassare il costo del lavoro e concentrare ulteriormente l’utilizzo delle risorse, ovviamente previa una significativa distruzione di territori, relazioni, possibilità ed esseri umani.
Il tentativo di dislocare verso il basso queste contraddizioni si intusce anche dalla continua retorica bellica a reti unificate che ci troviamo di fronte che ha chiaramente l’obbiettivo di polarizzare uno scontro che non si dia su una dinamica di classe, ma piuttosto su delle categorie confezionate ad hoc, filoputiniani vs difensori della libertà ecc… ecc… Il continuo tentativo di ridurre a questi schieramenti qualsiasi accenno di dibattito ha l’obbiettivo di impedire che una posizione autonoma e differente da questi due ordini di discorso possa generare una prospettiva differente.
Dunque si può essere tentati di pesare quali dei due spazi politici imposti possa contenere degli elementi che almeno in parte ci offrano qualche speranza di introdurre dei discorsi di trasformazione dell’esistente. Ma in realtà questi campi sono artificiali e non corrispondono né (se non in piccola parte) alla realtà degli interessi in campo, né al sentire sociale diffuso. Si tratta di una trappola discorsiva.
(Continua…)
Qui la seconda puntata.
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