InfoAut
Immagine di copertina per il post

Morire per la verità: l’assassino Al-Sisi e i suoi mandanti

La soffiata arriva alla casella di posta di Repubblica. Una gola profonda nel dipartimento di sicurezza egiziano rivela informazioni sul destino che ha stroncato con ferocia la vita di Giulio Regeni. I particolari della tortura che non ha saputo sciogliergli la lingua sono comprovati dal referto autoptico sul cadavere straziato. Le gerarchie implicate in questo girone mortale partono dallo sbirro del distretto di Giza che ha eseguito l’ordine di sequestro per conto di un generale Capo della polizia criminale e risalgono fino ad Al-Sisi, informato dai suoi consiglieri più stretti e responsabile delle disposizioni finali di condanna nei confronti di Giulio.

In Egitto nel 2015 vi sono stati 464 casi di sparizione forzata e 1176 casi di tortura, quasi 500 dei quali con esito mortale, di attivisti, studenti e sindacalisti egiziani. Intanto l’Italia è il primo partner commerciale dell’Egitto. Il giro di affari nello scambio di commercio bilaterale toccava i 4,7 milioni di euro nel 2013. Si stima si sia ulteriorimente accresciuto negli ultimi anni. In Egitto operano 880 imprese italiane, «vittime» di danni ai propri profitti durante le insurrezioni del 2011. Un investimento da consolidare nel processo di riabilitazione democratica del paese. Democratica, sì di quel genere di democrazia che fa rima con stabilità e sicurezza. Così anche un Generale può essere utile alla democrazia:

«In questo momento l’Egitto si salva solo grazie alla leadership di al Sisi. Sono orgoglioso della mia amicizia con lui e sosterrò i suoi sforzi in direzione della pace, perché il Mediterraneo senza l’Egitto sarà un luogo senza pace», così Renzi un anno fa ai microfoni di Al Jazeera. La pace della pacificazione dei conflitti interni al paese, la pace dei potenti che è la morte dei vinti. Al-Sisi può valere un Mubarak, perché no, e tanto vale compiere l’investitura, in quel marzo 2015, partecipando, unico tra i premier del G7, al forum di Sharm-el-Sheik.

Il Cairo, Alessandria, Giza, Port Said sono le megalopoli oltre le nostre coste. Alta concentrazione di popolazione, flussi veloci, interessi, interconnessioni. Uomini e donne con desideri, aspirazioni, conflitti da fronteggiare. Dal buco nero di piazza Tahrir che risucchiò Mubarak la ripresa dell’iniziativa capitalistica è stata resa possibile grazie alla normalizzazione dei conflitti che il potere politico prova a imporre. Dalle cravatte in affari con gli impresari italiani, fino al padroncino arrogante i gradini sono tanti ma la scala è una sola; ai gradini più bassi la violenza si fa minaccia e poi morte. Con la paura la società egiziana viene scomposta e riarticolata sotto un nuovo regime di sfruttamento la cui regola è una sola: violenza e morte per imporre nuovi rapporti di classe governati dall’alto. Giulio Regeni non è stato il solo. Il sindacalismo indipendente, le nuove forme di organizzazione del proletariato egiziano, erano l’oggetto dello studio e delle inchieste di Giulio, dottorando a Cambridge. Giulio Regeni è morto perché aveva sfidato le condizioni di verità del mondo che aveva deciso di rappresentare, e che ha infine difeso con il suo silenzio. Chi sconcerta che il rovescio della verità di quel mondo sia compreso nello scontro tra i poli più scontati della guerra più importante, quella dell’esistere per vivere: la sfida alla morte e la morte stessa?

In Egitto la morte è la regola della violenza di classe, e anzi il silenzio – compreso quello di Giulio nei confronti dei suoi aguzzini – è una strategia utile ad allontanarne la minaccia, per continuare a organizzarsi e lottare per vivere. Ma quando qui la madre di Giulio ha alluso all’orrore della morte, alla possibilità di mostrare le foto del cadavere di suo figlio torturato per costringere le autorità alla verità, un pezzo del mondo, quello di casa nostra, con il quale Giulio si è imbattuto in Egitto ha tremato. Lo scandalo della morte squassa la mistificazione nella forma della democrazia e della stabilità di un sistema di corrutela, affari e violenza sorto dagli accordi tra Renzi e Al-Sisi e che alle nostre latitudini non può permettersi di manifestarsi nella sua verità compiuta di sistema di morte. La sfida di Giulio Regeni, tra il silenzio in difesa della parte di mondo schiacciata e il sacrificio, ha disvelato, per noi, almeno una parte di verità. La stabilità democratica voluta e organizzata dal governo italiano ed egiziano per la riorganizzazione capitalistica del paese è un sistema che dà la morte. Il cadavere di Giulio lo testimonia e le sue foto lo testimonierebbero ancora.

Chi ha dato la morte a Giulio Regeni? Chi continua a darla in Egitto? La mano lunga dell’assassino non è poi tanto invisibile, come raccontava un’altra teoria della mistificazione dei rapporti di scambio retti sulla violenza nelle nostre società. Si fa anzi sempre più visibile e dai contorni definiti. Tra il governo Renzi e Al-Sisi, i suoi militari e la sua polizia assassina, non c’è solo un rapporto di complicità ma di piena continuità nel comune progetto di ristrutturazione della società egiziana e sulle condizioni attraverso il quale imporla. In questa vicenda il torbido è lo specchio opaco di un racconto che crolla. Crolla l’omertà dei deboli, quella risentita di chi ha pensato che “poteva farsi i cazzi suoi”; quella servile di Mario Calabresi, preoccupato nella sua intervista di qualche settimana di fa di non imbarazzare in alcuna maniera Al-Sisi; quella delle istituzioni italiane ed egiziane , fatta del cordoglio peloso e obbligato; quella del potere che raggira se stesso per salvarsi con la menzogna, costruita nelle ore in cui il Ministro Guidi sbarcava al Cairo, di un cadavere ritrovato sul bordo di una strada, vittima una rapina a sfondo omossessuale

Per conquistare, senza tradirla, la nostra verità a noi occorre scendere più in basso, nel sommerso, accettando di sfidare l’omertà del potere, che è la forma costruita della sua verità, che è la sua stessa violenza. Andare a fondo, nel sommerso, nel segreto laboratorio del capitalismo italiano disposto a guerra e saccheggio oltre il Mediterraneo. Andare al sommerso per colpire i responsabili a casa nostra, la parte emersa di uno stesso mondo e della sua menzogna per noi.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Leva-tevi

Germania, Francia ed Italia stanno reintroducendo la leva militare, ad oggi su base volontaria, domani chissà.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Il lavoratore inesistente

La retorica della destra sul movimento “Blocchiamo tutto” ci racconta meglio di ogni saggio la visione dominante sul ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella società: farsi sfruttare, consumare e stare muti.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La guerra è pace

Uno dei famosi slogan incisi sul Ministero della Verità del romanzo di George Orwell “1984” recita così.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Milano: urbanistica, speculazione e stratificazione di classe

Mettiamo per un attimo da parte gli aspetti corruttivi dell’intricata vicenda che vede coinvolti imprenditori, architetti, assessori e dipendenti comunali.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ci stanno preparando alla guerra. E lo fanno contro di noi

Se militarizzano la società e ci chiamano nemici, la risposta è una sola: disertare la loro guerra, sottrarsi alla paura, spezzare il linguaggio che la legittima, difendere lo spazio vivo del dissenso.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Lo sfruttamento (non) è un gioco

La campagna contro Rockstar Games per la reintegrazione dei lavoratori licenziati continua

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Venezuela: gli Stati Uniti rivendicano un atto di pirateria nei Caraibi

“Bene, lo teniamo, suppongo”, ha affermato Donald Trump dopo essere stato consultato dai giornalisti sull’uso del greggio della petroliera sequestrata di fronte alle coste del Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Bulgaria: cade il governo dopo le proteste. Quali scenari?

Giovedì il primo ministro della Bulgaria Rosen Zhelyazkov ha annunciato le sue dimissioni.

Immagine di copertina per il post
Culture

Emilio Quadrelli, un comunista eretico contro la guerra

Non vi può essere alcun dubbio che tutto il percorso intellettuale e politico di Emilio Quadrelli, scomparso nel 2024, si situi interamente nella scia dell’eresia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Regione Sardegna apre all’ampliamento della fabbrica di bombe RWM

La fabbrica RWM da anni attiva in Sardegna in una porzione di territorio, il Sulcis, di proprietà della tedesca Rheinmetall, vedrà molto probabilmente il via libera per il suo ampliamento.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il Tav, I media e I voltagabbana

Nessun movimento di opposizione ha mai avuto in Italia la capacità di dare una continuità trentennale alle ragioni della propria lotta, e la recente e partecipata manifestazione dell’8 dicembre, ventennale dall’epico sgombero popolare nel 2005 del cantiere nella piana di Venaus, ne è la dimostrazione.

Immagine di copertina per il post
Culture

Le guerre del Nord e il futuro degli equilibri geopolitici ed economici mondiali

A ben guardare, però, lo scontro apertosi ormai da anni, per il controllo delle rotte artiche e delle materie prime custodite dal mare di ghiaccio che corrisponde al nome di Artico ricorda per più di un motivo la saga della corsa all’oro del Grande Nord che l’autore americano narrò oppure utilizzò come sfondo in molti dei suoi romanzi e racconti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il fumo di Gaza oscura le fiamme della Cisgiordania: il Progetto Coloniale reso permanente

Mentre gli occhi internazionali sono puntati su Gaza, Tel Aviv sta portando avanti la sua più aggressiva campagna di Pulizia Etnica e furto di terre nella Cisgiordania Occupata dal 1948.