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Polemiche d’agosto: da Napolitano a Benigni

La polemica estiva che ha attraversato molti quotidiani ha percorso una traiettoria un po’ particolare e alquanto buffa nelle sue parti finali. E’ partita da vicende dei primi anni novanta sulla presunta trattativa Stato-Mafia ed è arrivata allo scontro fra due comici: Beppe Grillo e Roberto Benigni. Con nel mezzo un po’ di tutto: dalle più alte cariche dello Stato italiano fino a Giuliano Ferrara e Pier Luigi Bersani.

La prima parte della polemica riguarda il decreto con il quale Napolitano solleva un conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo. Ovvero, a decidere il dafarsi sulle intercettazioni di conversazioni telefoniche tra il consigliere del Presidente per gli Affari giuridici Loris D’Ambrosio (morto di “crepacuore” altro lato tragicomico) e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino a proposito della presunta trattativa tra Stato e mafia degli anni 90, sarà la Corte costituzionale. Tale decreto apre le prime faglie nel partito di Repubblica e nell’elettorato Pd. Faglie in cui si intrecciano editoriali di polemica e accuse fra Gustavo Zagrebelsky, Eugenio Scalfari, Marco Travaglio, Giuliano Ferrara, Barbara Spinelli, Ezio Mauro e Antonio Padellaro.

Il retroterra di tutta questa parte della polemica è la scomposizione prima sociale e poi elettorale del blocco antiberlusconiano dopo Berlusconi. Per cui adesso i vari partiti necessitano di riassettare le strategie di marketing politico per una nuova e decisiva estrazione di consenso.

Dopo aver tuonato contro la casta e soffiato nelle vele del giustizialismo, Repubblica e il Pd si trovano in un ruolo diverso: oleare il meccanismo che gli possa permettere di rivendere nei prossimi anni riforme ultraliberiste come riforme utili alla colletività. Quindi dopo essersi eretti a paladini del giustizialismo adesso si erigono a carnificazione del senso dello Stato e di tutte le sue ragioni e sensi di responsabilità.

La difesa estenuante di Napolitano, oltre che apparire come un favore fra vecchi amici, è anche la necessità di affermare che in questo momento storico in Italia è centrale una figura morale al disopra di ogni di critica e che faccia da centro e perno politico fra gli equilibri italiani e internazionali. Siccome Napolitano è stato il traghettatore della fuoriuscita di Berlusconi secondo Scalfari deve essere al di sopra ogni sospetto. 

Ma la necessità di una figura morale, super partes, e portavoce della BCE, sarà ancora più necessaria il prossimo anno quando il governo che si formerà non potrà essere definito un governo dei tecnici.

Fino ad adesso, il peso (per altro molto leggero) delle macellerie sociali avvenute in Italia se lo è sobbarcato Monti, che non avendo problematiche di puro consenso, è riuscito a mascherare bene e a far sopportare lo spostamento di potere da Roma a Bruxelles. Ma dopo Monti chi sarà la figura che in Europa può garantire sulla tenuta italiana? Questo, oggi se lo chiede anche la Merkel soprattutto perché oltre alle elezioni politiche, il prossimo anno ci saranno anche le elezioni presidenziali.

Su queste ultime, il passaggio di Monti da Presidente del Consiglio a Capo dello Stato, oltre ad un incubo sembra essere la traiettoria più ovvia. Molto meno ovvi sono invece i risultati elettorali, ed è qui che entriamo nella seconda fase della polemica estiva.

Dopo la contesa di campo fra Mauro e Padellaro, su chi ha il diritto a dichiarasi di sinistra, Bersani alla Festa Nazionale del Pd da del fascista a Grillo aprendo le danze alla nuova campagna elettorale del Pd contro il Movimento 5 Stelle. Sull’uso delle accuse del termine fascista e della strategia del diciannovismo da parte del PCI rimandiamo alla lettura integrale di un editoriale si senzasoste, e in cui giustamente di dichiara che ” non va affatto sottovalutata la concretezza che sta dietro questa continua accumulazione di spettacolo propedeutica alla estrazione di consenso politico. Il Pd cerca la vittoria elettorale per garantire la più pericolosa e letale, persino rispetto alle precedenti, ristrutturazione liberista della società italiana. Al netto della propaganda dove il partito democratico si è smarcato dal linguaggio liberista, per raccogliere consensi in chi ha subito le stesse politiche che il Pd ha votato, si tratta di un disegno criminale che garantirebbe a questo paese di percorrere fino in fondo un decennio perduto che lo stesso Fmi, guardiano del liberismo mondiale, esplicitamente vede per le stesse politiche liberiste in Europa.”

Ma dopo l’attacco di Bersani (e adesso entriamo nella parte comica) il Pd è passato alla fase due: copiare l’avversario sul versante dell’ironia. Con Gene Gnocchi prima del ballottaggio di Parma non andò molto bene per cui stavolta a salire sul palco si è prestato Roberto Benigni, ormai sempre meno comico e sempre più tragico. Siamo passati così dalla Corte Costituzionale al cachet di Benigni in meno di un mese e questo ci da il livello dello scontro elettorale di questo anno, uno scontro che eluderà completamente il dibattito sulla necessità delle riforme liberiste imposte dall’ Europa (quelle sono necessarie), e che sarà finalizzato soltanto a chi meglio riuscirà a garantire il governo della BCE in Italia.

 

Bada Nasciufo

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