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Prove di cogestione? Ci siamo…

In questi giorni c’è fermento nella dirigenza sindacale italiana perché si trova ad affrontare alcune tematiche del lavoro urgenti, come il ri-finanziamento della cassa integrazione in deroga. I dati in ambito lavorativo nel nostro paese sono preoccupanti, rilevando un aumento della disoccupazione (si parla di un milione di licenziamenti solo in quest’ultimo anno) e aziende che chiudono ogni giorno.

Quello che emerge da questa situazione, secondo le dichiarazioni dei vertici sindacali confederali, è il chiaro tentativo di perseguire un’unità su contenuti reazionari, nemmeno troppo lontana, scendendo in piazza a braccetto con Confindustria e padroni. Un primo segnale in questo senso è arrivato con l’iniziativa unitaria davanti a Montecitorio per chiedere un’accelerazione del finanziamento della cassa integrazione in deroga, poi confermato dalla proposta del segretario Cisl Bonanni di una marcia unitaria sindacati – imprese – confindustria, per riportare (apparentemente) il mondo del lavoro al centro della discussione politica.

Il gioco è molto complesso per i diversi meccanismi interni alla “triplice”. Rispetto alla questione della cassa integrazione in deroga si fa leva su un elemento che di fatto tende a spegnere le lotte e a placare gli animi: si lavora sulla proposta della Cisl, con la Uil pronta a seguire a ruota e con una Cgil che inizialmente si tira indietro ma che si sta comunque muovendo in quella direzione.

La strategia adottata dalla Cgil pone i suoi iscritti di fronte a un bivio difficile, perché, nonostante l’acceso dibattito interno, la segreteria Camusso rimane egemone, a prescindere dalla sconfitta elettorale che sembra non averla scalfita. E non è un caso che per dare seguito alla manifestazione unitaria del 16 aprile sotto Montecitorio, indetta appunto per rivendicare (?) il finanziamento degli ammortizzatori in deroga, la stessa Cgil incarichi la “recuperata” segreteria Fiom di lanciare un corteo (il 18 maggio ancora a Roma), probabilmente per testare il tipo di risposta che potrebbero avere attualmente le mobilitazioni Fiom-Cgil sia a livello interno che a livello sociale.

Quello che lascia molto perplessi negli ambienti critici rispetto alla direzione nazionale, è il tentativo, vano quanto spasmodico, di mettersi al riparo dietro il pretesto della democrazia o della ricerca continua di dialogo con la controparte e con i cugini confederali, proprio quando entrambe queste compagini la vogliono eliminare dalla circolazione. Quando si legge di come molte RSU Fiom si definiscono “non riconosciute”, si capisce proprio come la strategia della segreteria Cgil si stia chiaramente orientando sempre più verso quello che viene definito “sindacato di servizi”, mentre i delegati non riescono ad uscire da un circolo vizioso che li sta stritolando.

Evidentemente l’aria della lotta dei lavoratori nella logistica non può essere recepita neppure in Cgil, perché costoro sono come rinchiusi in un bunker impermeabile alle lotte e preferiscono continuare col ruolo perdente di pompieri.

Una cosa è certa, all’interno di questa crisi, gli argini di contenimento non potranno durare molto e il modello confederale è destinato ad affondare.

 

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