Ricostruzione, nominato Errani può iniziare il banchetto
A poco più di una settimana dal terremoto del Centro Italia, che ha portato ad un bilancio definitivo di 295 morti e centinaia di feriti, sono iniziate le prevedibilissime pratiche di sciacallaggio da parte delle istituzioni al fine di sfruttare politicamente la tragedia rappresentata dal sisma.
Ancora una volta la shock economy, lo sfruttamento economico dei disastri ben sintetizzato nel siparietto di qualche giorno fa tra Vespa e Delrio a Porta a Porta, si conferma piano strutturale dell’economia italiana.
Si distingue per attivismo il premier Renzi, che fa paventare ambienti a lui vicini la possibilità di uno slittamento del referendum sulle riforme costituzionali – dove su un piano sia sociale che elettorale sembra destinato ad una traiettoria rovinosa – per concentrarsi sull’emergenza terremoto.
Intanto lo stesso Renzi nomina commissario governativo alla ricostruzione Vasco Errani, che si è occupato già del post-terremoto emiliano fino al luglio 2014 quando fu costretto a dimettersi per motivi giudiziari. La scelta renziana pare premiare l’esperienza di Errani nel campo, nonostante quell’esperienza sia stata contrassegnata da molte ombre emerse soprattutto con l’inchiesta Terremerse, in cui sia Errani che il fratello Giovanni rimasero invischiati.
L’ex governatore regionale dell’Emilia Romagna non è una figura come le altre. E’ un bersaniano di ferro, e la sua nomina sembra poter corrispondere ad una volontà di Renzi di provare a dare un contentino alla minoranza PD; inoltre, possiede ottime entrature sia nel mondo imprenditoriale che nel mondo politico, potendo giocare un ruolo di raccordo tra i due mondi e sfruttando la sua notoria abilità nel reperire fondi.
Il problema è a chi sia favorevole la politica di Errani. Alle imprese operanti nella ricostruzione o ai cittadini? Sebbene non si sia arrivati ai picchi delle new town di Bertolaso e Berlusconi è un dato di fatto che a quattro anni di distanza, tra Mirandola, Novi e gli altri luoghi colpiti dal sisma 335 famiglie ancora vivono nei moduli abitativi provvisori, mente 10.000 persone ancora non sono tornate nelle loro abitazioni rimesse a nuovo. Altro che case subito per tutti!
L’esperienza emiliano-romagnola è rimasta poi segnato dall’inchiesta Aemilia, ovvero nell’operazione di indagine che ha scoperchiato l’intensa presenza mafiosa all’interno dei processi di ricostruzione. Decine e decine di condanne sono state effettuate nei confronti di politici, affaristi e imprenditori che avevano di fatto gestito ampie parti delle operazioni, con gli atti processuali che hanno sottolineato quantomeno una “sottovalutazione” del loro operato da parte chi gestiva la ricostruzione, ovvero Errani stesso, la cui nomina sembra a questo punto essere quantomeno da vedere con profondo scetticismo.
Nel frattempo continuano le indagini sui crolli, in particolare su questioni come quella della scuola Capranica di Amatrice, venuta giù nonostante un adeguamento ingegneristico del 2012. La particolarità di tutto questo è che probabilmente non vi sarà alcun responsabile per uno scempio simile, dato che una legge (firmata nel 1998 dal buon vecchio Napolitano) non prevede l’obbligo di alcun “adeguamento” antisismico ma solo di un “miglioramento” che non cambia in maniera adeguata la stabilità di un immobile. Una previsione legislativa assurda, che si somma al mal utilizzo dei fondi che erano stati destinati alle aree interessate già dopo i terremoti del 1997 e del 2009.
Gli stanziamenti attuali del governo, annunciati in pompa magna da Renzi, toccano i 50 milioni di euro; fondi che sommati a quelli raccolti dagli sms da due euro alla protezione civile, ammontano a circa 60 milioni di euro. Una cifra risibile rispetto alle cifre necessarie, e soprattutto inadeguata ad affrontare l’unica opera che andrebbe davvero portata avanti, ovvero il reale adeguamento in senso anti-sismico delle aree a rischio.
Non si ferma intanto l’attivismo delle Brigate di Solidarietà Attiva, che hanno montato i primi campi sul territorio, stanno accumulando nei propri magazzini gli aiuti raccolti in tutta Italia e hanno lanciato un conto corrente dove convogliare eventuali donazioni in denaro.
La solidarietà espressa dal basso, e l’attivismo sociale che sta caratterizzando in queste ore l’operato delle Brigate è un segnale importante di come rispetto ad altre tragedie, si sia stati in grado di aprire un processo di solidarietà che alla delega in bianco ha sostituito la costruzione di una rete tra realtà sociali attive non soltanto nell’emergenza, come movimenti per la difesa dei territori, centri sociali, occupazioni abitative. Una ricchezza che ha saputo esprimere la sua forza e il suo valore in queste ore difficili, segnando un punto forte a favore dei processi di autorganizzazione e mutualismo attivi nel nostro paese.
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