InfoAut

Sbanchiamo il governo Renzi e l’Europa

“Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria”. La frase è celebre, ma non la citiamo per questo: ci pare cogliere in profondità la fase storica che stiamo faticosamente attraversando in superficie. Cos’era solido? La fiducia nelle istituzioni. Quella fiducia si è dissolta nell’aria della crisi, del declassamento, dell’impoverimento, alla stessa velocità dei crolli dei mercati finanziari. Si è rotto un patto di accettazione e consenso con chi garantiva la riproduzione di uno stile di vita e di una posizione sociale; si è dissolta la funzione di uno strato sociale che mediava le tensioni sociali e l’esplosione dei conflitti in cambio di vantaggi materiali, concreti e di status. Il ceto medio era infatti una condizione sociale e una funzione politica, una garanzia da preservare per chi stava sopra e una posizione da raggiungere per chi stava sotto. La crisi ha determinato la disgregazione e polarizzazione di quello strato sociale, facendo al contempo saltare quella funzione politica.

Un esempio della rottura di quel patto di fiducia è rappresentato dalle banche. Il crack di Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, CariMarche e CariChieti, a seguire della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, ha improvvisamente dissolto nell’aria quella che sembrava una solida certezza, un dogma, un assioma che aveva la forma di un pregiudizio popolare: le banche non possono fallire. Il “decreto salvabanche” di Renzi, fatto ad hoc per salvare la famiglia Boschi e i banchieri padroni del governo, ha dissolto nell’aria il risparmio di migliaia di famiglie, un risparmio che conteneva uno stile di vita, il welfare, il futuro. Ma non finisce qui: a fine estate Renzi ha annunciato la necessità di far fuori 150.000 dipendenti del settore bancario, più o meno la metà di quelli attuali. La riduzione del personale, del resto, è già iniziata da tempo e con ogni probabilità si accelererà nei prossimi tempi. E non si tratta solo di una peculiarità italiana: Commerzbank, la seconda banca tedesca, ha annunciato il taglio di 9.600 posti di lavoro, un quinto di quelli esistenti, mentre è di queste ore la notizia del crollo dei titoli di Deutsche Bank.

A dispetto dei tanti farseschi proclami le banche fallite ora in vendita, come la CaRiFe, stanno licenziando, e sta licenziando Veneto Banca. Al Monte dei Paschi di Siena, la banca della famiglia PD che il governo sta ovviamente facendo di tutto per salvare, i tagli al personale sono già cominciati. Si trovano o rischiano di trovarsi per strada anche quei funzionari che, per ignoranza, noncuranza o malafede, hanno spacciato obbligazioni e azioni tossiche ai piccoli risparmiatori, determinandone la rovina. Come a dire, le istituzioni scaricano miseramente anche coloro che per fedeltà ad esse hanno agito in modo ignobile. Ai lavoratori che si trovano o si troveranno senza lavoro, precipitato nel vortice del declassamento e dell’impoverimento, non resta che una strada: quella di unirsi ai risparmiatori che hanno contribuito a truffare. A meno che non si vogliano fidare di un’altra istituzione, il sindacato, che nel corso del tempo ha ampiamente dimostrato da che parte sta: in questo caso non può che valere il vecchio adagio per cui perseverare è diabolico.

Insomma, quella che si credeva essere un’occupazione modello di un ceto medio stabile, rispettoso e fedele all’ordine costituito, perché da quell’ordine aveva tutto da guadagnarci, è travolta nei flutti della crisi. Nel 2008 le foto dei dipendenti di Lehman Borthers, giovani rampanti e attempati funzionari che erano costretti ad abbandonare la sede della banca fallita, sembravano immagini esotiche confinate in un mondo lontano, sull’altra sponda dell’oceano. Adesso l’onda della crisi senza fine ha travolto la presunzione delle istituzioni del vecchio continente, e non c’è più dubbio che le banche siano una questione strategica nei residui equilibri politici di un’Europa a pezzi. Sono dunque un terreno centrale di lotta per chi quelle istituzioni le vuole definitivamente distruggere.

La vicenda dell’istituzione bancaria, il suo tendenziale crollo, o meglio il crollo di chi – risparmiatori e lavoratori – subisce il suo potere, mostra una verità semplice e generale nella crisi. A chi oggi pensa di poter difendere uno stile di vita precedente, di rinnovare il patto di fiducia con le istituzioni avendone in cambio qualche vantaggio, è inutile dire che quello stile di vita era molto discutibile, o che quel patto era stipulato ai danni di chi stava sotto. Dobbiamo semplicemente dire che è un illuso. Qui si apre una domanda politica decisiva: cosa succede quando il ceto che doveva mediare entra in crisi di mediazione? Questa domanda si è posta più volte nella storia, trovando di volta in volta risposte differenti, o meglio contrapposte. Una cosa è certa: la direzione che prenderà la dissoluzione nell’aria di quel ceto che sembrava solido non dipenderà da una predisposizione naturale o ontologica dei soggetti che ne fanno parte. Ritenere che tali figure siano in sé destinate alla reazione, è il modo migliore per consegnarle effettivamente alla reazione. La direzione dipenderà dai processi che si riescono ad attivare, nella capacità di starci dentro, curvarli e trasformarli, dalla forza di imprimere una tendenza e ricomporla con altri soggetti colpiti dalla crisi.

La crisi, infatti, mette in moto delle energie, sconquassa delle composizioni sociali, rompe dei patti, apre l’occasione di rovesciare delle identità costituite. Il punto non è se i soggetti colpiti dalla rottura del patto di fiducia pensino di poter tornare alla forma di vita precedente oppure no. Il punto è che ciò non è possibile. Ed è dunque possibile che si creino nella lotta nuove forme di vita collettive. Quando un patto si rompe, l’accettazione diventa velocemente ostilità e odio; un’ostilità e un odio ancora più virulenti rispetto a chi è cresciuto nell’indifferenza alle istituzioni, perché è determinato dal tradimento e non da un dato di partenza. Questa ostilità e questo odio, aperti a ogni direzione possibile, disegnano per noi un campo di azione decisivo. Il processo di costruzione del no sociale per prendere a calci nel culo il governo Renzi, un’occasione imperdibile.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Il lavoratore inesistente

La retorica della destra sul movimento “Blocchiamo tutto” ci racconta meglio di ogni saggio la visione dominante sul ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella società: farsi sfruttare, consumare e stare muti.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La guerra è pace

Uno dei famosi slogan incisi sul Ministero della Verità del romanzo di George Orwell “1984” recita così.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Milano: urbanistica, speculazione e stratificazione di classe

Mettiamo per un attimo da parte gli aspetti corruttivi dell’intricata vicenda che vede coinvolti imprenditori, architetti, assessori e dipendenti comunali.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ma quale “imperialismo iraniano”?

Per un attimo ci siamo illusi/e che di fronte a fatti di questa portata la priorità fosse quella di capire come opporsi, dal nostro lato di mondo, al caos sistemico che Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti, sta portando sulla regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra la base del Tuscania al CISAM con il genocidio in corso in Sudan?

In Sudan si consuma un massacro che il mondo continua a ignorare.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Tubercolosi al Neruda: no alle speculazioni sulla malattia

Riprendiamo il comunicato del Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure del Piemonte sulla vicenda che vede coinvolto lo Spazio Popolare Neruda.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Milei-Trump hanno vinto e si sono tenuti la colonia

Il governo libertario ha imposto la paura della debacle e ha vinto nelle elezioni legislative.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il treno che non arriva mai: altri otto anni di propaganda e devastazione

Telt festeggia dieci anni e annuncia, ancora una volta, che la Torino-Lione “sarà pronta fra otto anni”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina libera, Taranto libera

Riceviamo e pubblichiamo da Taranto per la Palestina: Il porto di Taranto non è complice di genocidio: i nostri mari sono luoghi di liberazione! Domani, la nostra comunità e il nostro territorio torneranno in piazza per ribadire la solidarietà politica alla resistenza palestinese. Taranto rifiuta di essere zona di guerra e complice del genocidio: non […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Intelligenza artificiale: l’umanità è diventata obsoleta per i padroni?

La distopia è già qui. Negli Stati Uniti, negli ultimi giorni, una pubblicità che sembra uscita da un film di fantascienza è apparsa ovunque.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza è Rio de Janeiro. Gaza è il mondo intero

Non ci sono parole sufficienti per descrivere l’orrore che ci provoca il massacro di oltre 130 giovani neri, poveri, uccisi dalla polizia di Rio de Janeiro, con la scusa di combattere il narcotraffico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I “potenti attacchi” su Gaza ordinati da Netanyahu hanno ucciso 100 palestinesi

I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Occupazioni a Torino: cronaca di un mese senza precedenti.

Una cronaca dalle occupazioni e autogestioni delle scuole torinesi del mese di ottobre.