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Un 28 marzo per lottare ancora più forte!

Sabato 28 marzo il movimento per il diritto all’abitare partirà dall’occupazione di Porta Pia, là dove il 18 e il 19 ottobre del 2013 si era accampato insieme a decine di migliaia di persone venute da tutta Italia per indicare nel ministero delle Infrastrutture e nel suo reggente Lupi il principale responsabile della speculazione del momento legata alla Tav, alle grandi opere e all’edilizia.

Una scelta importante quella di ripartire dallo stesso luogo dove si era arrivati, ora che lo stesso ministro Lupi ha imbracciato i suoi rolex e si è dimesso da un governo che però continua a mantenere al suo interno decine di indagati come lui e che non sembra comunque intenzionato a fare un passo indietro su progetti devastanti come il Piano Casa (decisioni giurisprudenziali a parte) allo Sblocca Italia, all’applicazione del JobsAct, negli stessi giorni in cui si intensifica la narrazione della bufala della “grande opportunità” di Expo.

Da questo punto di vista la giornata di lotta di sabato lanciata da AbitareNellaCrisi e subito generalizzata e declinata nei diversi contesti territoriali ci sembra davvero importante, per la molteplicità di piazze che si attiveranno nel paese e che andranno a toccare diversi temi afferenti in forme diverse al ricatto sulle nostre vite e sui nostri territori a partire dal terreno di lotta dell’abitare: oltre che in opposizione al piano Casa, si scenderà in piazza contro il progetto lepenista di Salvini a Torino, contro il vergognoso razzismo istituzionale bipartisan a Brescia, contro i processi di degradazione delle periferie e speculazione immobiliare a Bologna, contro la vergogna dello SbloccaItalia e sul tema dell’uso delle risorse a Roma, contro le misure repressive di chi costruisce percorsi di vita degna nelle occupazioni abitative a Palermo..e tante altre iniziative vengono annunciate in questi minuti in numerose città del paese!

Queste piazze crediamo dovranno avere la capacità di mostrare un meticciato politico reale, che eviti lo sterile metodo delle coalizioni di ceto e del parlare a sé stessi, cercando di ripartire da una compenetrazione tra i soggetti in lotta, dalla creazione di un corpo unico in lotta per la trasformazione del nostro misero esistente. Dovranno avere la capacità di non vedere il migrante, il facchino della logistica, lo studente medio o universitario, il precario del terziario e cosi via come soggetti da rappresentare mettendogli qualche logo addosso, ma come un compagno di lotta possibile, e un nodo di una relazione di conflitto in più da tessere.

Un tentativo questo di ricomposizione e di soggettivazione ancora più centrale quando si parla di periferie: il voto francese ha mostrato nei suoi risultati una preoccupante lepenizzazione della società transalpina, verificatasi al di là del (mancato) successo elettorale di Marine nell’appiattimento del già terribile Sarkozy su tutte le posizioni sbandierate dalla figlia di Jean-Marie. Sono proprio le condizioni di vita nelle periferie, lo schierarsi da una parte o dall’altra rispetto al problema dell’enorme aumento della marginalità e delle nuove povertà, il problema fondamentale, che polarizza e aumenta la tensione sociale e che necessita un nostro profondo lavoro politico.

Nel suo ultimo libretto “L’islam e la modernità”, Slavoj Zizek delinea l’opposizione crescente tra una nietzschiana vita piatta, misera, arroccata nelle difese di sempre più infime libertà dell’uomo occidentale e il “nichilismo attivo” di chi decide di arruolarsi in gruppi come l’Isis per sfuggire a una povertà, una marginalità, un’assenza di futuro nelle periferie di un mondo occidentale in decadenza.

“Ogni fondamentalismo è sempre il risultato di una rivoluzione fallita!” argomenta il filosofo sloveno, e dobbiamo essere in grado di cogliere questa questione soprattutto in una fase difficile come questa, dove l’ortodossia dell’Unione Europea non sembra voler dare alcun margine di manovra non solo ai movimenti sociali, repressi con durezza come a Francoforte, ma soprattutto all’opzione riformista presente al suo interno, con un Tsipras sempre più in difficoltà che rischia di trascinare anche Podemos nella spirale negativa del “tanto è inutile votarli!”.

Il problema è quindi il tema della ricomposizione di un soggetto giovanile, meticcio, precario e metropolitano. I dati che arrivano da Expo, con le decine di migliaia di persone che decidono di lavorare gratis come volontari durante la manifestazione meneghina ci pongono un problema che sarà centrale risolvere: come rompere un’economia basata sulla promessa di un futuro inesistente? Come rompere il “there is no alternative” che consiste nel farsi rompere la schiena fino a quando non arriverà magicamente l’occasione da prendere al volo?

Il 28 marzo si parte allora con la certezza di dover impattare su sfide completamente aperte e che attendono solo una capacità collettiva di autorganizzazione e disponibilità al conflitto. La lotta per il diritto all’abitare, per la difesa dei territori,e per una critica pratica alla redistribuzione della ricchezza attuale, in questa primavera 2015 sono il terreno delle possibilità da saper cogliere fino infondo, tentando di soddisfare tutti quei bisogni sociali ancora compressi e tenuti a freno dalla morsa del partito-nazione di Renzi. Saremo all’altezza di questa sfida? Lo sapremo solo osando ancora di più e lottando ancora più forte!

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