Vuoto di protesta
Si son chiuse le urne, i non vincitori si litigano le ipotesi di vittoria.
Ci sono degli sconfitti. È chi si era cucito addosso una legge elettorale per imporre il numero chiuso al partito della governabilità. Sono centro destra e centro sinistra – ma non dovevamo vederci più? – quelli delle larghe intese per la conventio ad excludendum nei confronti del movimento 5 stelle. Ci sono degli sconfitti: non ci sarà nessun inciucio. Neanche sostenendosi a vicenda si tengono in piedi gli zombies della responsabilità per tutti, a ogni costo, pur di non mollare il malloppo. E che il ribaltone nel PD porti a un’apertura di Renzi ai Cinque stelle sembra quasi impossibile. Il ritorno del bipolarismo, comunque, non si è visto. Il centro-destra resta al palo, il centro-sinistra sprofonda.
Il PD corona il suo sogno europeista: Renzi porta le spoglie della socialdemocrazia sugli standard continentali di PSOE, PS, SPD, PASOK. Missione compiuta. E quanti trombati, tra i più simpatici: Minniti, Franceschini, Esposito…Il crollo del PD si accompagna alla crisi di credibilità di qualsiasi opzione antisistema nell’attuale quadro politico. Che exploit di LEU: D’alema al 3% a Nardò e Grasso kaput a Palermo. Lunari.
Anche quei cattivoni dei fascisti di ogni ordine e grado, utili idioti del berlusconismo di ritorno e – fino a un certo punto – del tentato antifawashing democratico, hanno chiuso questa campagna elettorale nella cornice di una completa normalizzazione fatta di vittimismo e distintivo. Aspettiamo le prime grandi navi di Casapound in Libia..
Forza Italia tracolla, per ragioni anagrafiche, tanto del leader che dell’elettorato: non è tempo di moderati? Non è tempo di barzellette. La Lega sfonda, sì, ma sulla balcanizzazione del paese, altro che Lega nazionale. Gli analisti, tutti sudati, dicono che Salvini + Cinque stelle fanno più del 50% come segno dell’antipolitica: in realtà c’è scollamento tra una proposta di governabilità e un assenso dato contro il PD. Un plebiscito contro l’establishment. L’aria resta asfissiante ma, in barba a ogni dogmatismo e molto più pragmaticamente, ognuno conduce la battaglia con ciò che ha a disposizione: l’affluenza è alta, sebbene comunque in calo. Non esiste “il partito dell’astensione”, un’espressione utile agli spiriti in cerca di consolazione.
Ci sono degli sconfitti, insomma, ma non dei non vincitori. Di Maio busserà al Quirinale. Sono il primo partito, ma non avranno una maggioranza. Garanzie, però, ne hanno fornite a sufficienza. Più alla corte che al proprio elettorato: il MoVimento si è fatto partito. Per la stabilità. Hanno competenze i pentastellati, sono qualificati, hanno referenze nella società civile. Altro che populisti. Sono istituzionalmente credibili, sarebbero gli unici in grado di rinnovare il personale politico di Montecitorio, incapace di rigenerarsi altrimenti. E di tenere tutto quanto nel perimentro del palazzo. È noto come la toeletta nelle stanze di Versailles abbondasse in profumi e difettasse in sapone, ma qui non si sa quale regno tramonti…
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