Polizia 100% Brumotti, chi la spara?
Prologo. La “comunità” dei giornalisti si infuria per l’evidente invasione di campo. La redazione di striscia la notizia è comunque soddisfatta. Palermo e i suoi quartieri popolari umiliati perché usati a fini commerciali e sviliti nella stessa esistenza. E forse gli unici altri soddisfatti li troviamo alla questura che si è così potuta anche concedere il lusso dell’arresto di un’intera famiglia.
Palermo, 28 febbraio 2018.
Ci hanno abituato a questo tipo di show. Nell’epoca della spettacolarizzazione televisiva i vecchi canoni di linguaggio del piccolo schermo si mischiano e confondono. L’intrattenimento è diventato informazione; l’informazione talk show; e così via.
Le televisioni commerciali hanno segnato questa svolta incarnandone anche oggi l’apice di un processo di designificazione di certi canoni. Cosa è oggi, per esempio, il giornalismo d’inchiesta in televisione? Qualcuno, in Italia, risponderebbe citando programmi tipo Report. La maggior parte però ti risponderebbe oggi che inchiesta e denuncia passano per trasmissioni televisive tipo Le Iene o Striscia la notizia. Gli attori protagonisti di queste trasmissioni, a parte quelli in giacca e cravattini neri, si chiamano Stefania Petyx e, ultimo in termine d’apparizione, Vittorio Brumotti.
Proprio quest’ultimo si è reso protagonista, pochi giorni fa, di un episodio deprecabile. Ma deprecabile non nei termini da lui proposti.
Andiamo con ordine. Vittorio Brumotti, noto acrobata della bicicletta, si è riciclato da qualche tempo come cronista “d’assalto” per Striscia la notizia. Cercando il suo nome sulla rete, tra i primi video proposti risulta tra i più cliccati una compilation delle presunte aggressioni da lui subite. Insomma, un eroe o un rompi coglioni? Brumotti si è reso protagonista in questi mesi di una crociata tutta mediatica contro lo spaccio di droga. Prima a Milano contro spacciatori immigrati; poi nelle sue sortite napoletane tra Caivano e Scampia; e per ultima, l’avventura di questi giorni a Palermo, nel noto quartiere Zen.
Secondo la sua ricostruzione, una volta individuato, sarebbe stato oggetto insieme alla sua auto di un fitto lancio di pietre e mattoni, infine, avrebbe subito pure una sparo sulla fiancata laterale. Così, la sua trasmissione, lo ha annunciato come eroe che sfida gli spacciatori e rischia la vita nei suoi servizi di denuncia. Stessa immagine televisiva che gli fu cucita addosso dopo i precedenti “servizi” a Milano e Napoli. Detta così sembrerebbe un ordinaria storia da far west da cui il povero Brumotti sarebbe uscito vivo per miracolo. Questo sarebbe il valore aggiunto a quello che ormai molto facilmente in televisione viene presentato come giornalismo d’inchiesta: ma questo lo è?
Per molti giornalisti la risposta è No! In queste ore si stanno infatti moltiplicando le prese di posizione che, da un lato condannano la violenza della risposta degli abitanti dello Zen, dall’altro il modus operandi dell’eroe Brumotti. E se arrivano a farlo persino i giornalisti…
Nella società dello spettacolo le notizie smettono di essere il centro di un servizio televisivo; le persone, le loro vite, i problemi sociali ed economici che vivono vengono messi in secondo piano sacrificati sull’altare dell’audience sotto i colpi del becero messaggio legalitario.
Il problema, infatti, non è documentare la novità possibile di una nuova piazza di spaccio; non è indagare le filiere; non è capirne i sistemi economici che vi stanno dietro: per quello bastano generiche accusa a mafia e camorra e il gioco è fatto.
Quello che serve in questo tipo di narrazioni è la reazione incontrollata, la rabbia, lo spettacolo insomma. Le minacce, gli insulti, i rischi per le incolumità vengono messe a valore, producono profitto perché, appunto, generano audience nell’attuale sistema di consumo delle notizie; che non sono notizie: sono un prodotto commerciale. E il consumo necessità di appeal. Quale migliore richiamo di uno sparo sulla propria auto.
C’è da dire che in queste ore hanno circolato anche varie informazione su una possibile assoluta montatura architettata dal nostro Brumotti. Ma falsa o vero che sia, comunque non è la circostanza a determinare la valutazione sul soggetto in questione.
Oltre ai giornalisti, anche gli attivisti di associazioni varie hanno condannato le modalità di azione del Nostro. Andare volontariamente a provocare reazioni in chi, sai, non potrà fare altrimenti è da sciacalli oltre che da infami.
Finita la critica al nostro Brumotti possiamo porci delle domande più generali che riguardano i programmi come Striscia la Notizia e Le Iene. Perché questi servizi inutili sulle emergenze sociali? Quali funzioni dovrebbero avere? Il giornalismo d’inchiesta aveva lo scopo di trovare la notizia: aveva quindi una funzione sociale di svelamento di una realtà non socialmente conosciuta/accertata. Qualcuno a Palermo o a Napoli non sa che nelle periferie delle proprie città si spaccia? Qualcuno pensava forse che allo Zen piuttosto che a Caivano la popolazione vivesse di turismo? O di pubblico impiego? O di lavoro in fabbrica? Domanda retorica; e retorica pura e quella fatta dal nuovo sistema di intrattenimento-informazione che si prende la scena oggi. Abbiamo scoperto qualcosa di nuovo? No. Eppure, questo tipo di inchieste finiscono sempre per giocare sugli stereotipi, alimentando generalizzazione e appiattendo il dibattito politico-pubblico. Una sorta di anestesia che ha come uniche beneficiarie le forze dell’ordine che si ritrovano foto stampate dalle stesse troupe; reati e segnalazioni attraverso cui perseguire persone e territori in cui non sono neanche fisicamente presenti. Insomma Striscia si presenta come complementare e sussidiaria alla polizia nel perseguire – a fine di lucro perchè guadagnano una barca di soldi– reati comuni compiuti da persone comuni. Che questo finisca per criminalizzare persone e intere comunità è solo un effetto collaterale. Lo sa la Petyx; lo sa Brumotti; lo sanno Le Iene ma tanto, tutto, deve fare spettacolo. In questi prodotti non c’è mai la ricerca della responsabilità “in alto”; non c’è mai la critica al sistema diseguale; allo sfruttamento. In questa televisione c’è spazio solo per la denuncia non sociale bensì poliziesca. Brumotti ha spiegato anche solo un secondo cosa è lo Zen di Palermo? C’era mai stato prima? Ovviamente no.
Giusto per capirci. Lo Zen (Zona espansione nord) di Palermo è quello che si può comunemente descrivere come “quartiere ghetto”. Nessun servizio, nessuna possibilità; tassi di disoccupazione giovanile al 90%, bassissima scolarizzazione. Niente ospedali, a volte neanche acqua corrente. Brumotti, la Petyx hanno mai interrogato qualcuno sul perchè di un tale abominio urbanistico e sociale. La responsabilità di ciò è di chi spaccia? Evidentemente i nostri cronisti d’assalto non hanno mai interiorizzato quel vecchio adagio popolare che recitava “il pesce puzza sempre dalla testa!”. No, il loro compito è la denuncia dei comportamenti degli ultimi, mica dei potenti.
In queste vicende si vengono a mischiare una serie di fattori e ruoli. La polizia continua a diffondere quella cultura della “delazione diffusa” che è la cifra contemporanea dell’agire sociale delle forze dell’ordine (nella foto Brumotti che sponsorizza una app della polizia per denunciare comportamenti scorretti); la colonizzazione culturale – una sorta di orientalismo – le cui lenti sono sempre quella della superiorità morale dei colti in relazione agli “ignoranti e barbari” che vivono le metropoli (del sud in particolare ma non solo); il consumo acritico di prodotti televisivi in cui le realtà sociali diventano mezzi “usa e getta” funzionali allo spettacolo.
Avviene così che a farne le spese sono gli abitanti dello Zen di Palermo: alcuni vengono arrestati proprio ieri sera e proprio in relazione alla vicenda-Brumotti; gli altri verranno ancora una volta criminalizzati e sacrificati sull’altare di Striscia la notizia.
E Brumotti e la polizia festeggiano!
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