Argentina. Macri impone la riforma delle pensioni in mezzo alla rivolta
Sciopero generale, cacerolazos, sassaiole davanti al Congreso, dura repressione poliziesca e decine di migliaia di argentini in piazza: in questo clima dopo un’estenunate sedute di 17 ore la maggioranza del presidente Macri ha fatto approvare dalla camera bassa alle 7.06 del mattino di ieri la sua riforma delle pensioni.
Dopo la vittoriosa mobilitazione della settimana scorsa che aveva costretto l’esecutivo a rinviare la votazione, lunedì 18 alla ripresa dei lavori parlamentari e scattata nuovamente la nuova mobilitazione, ancor più virulenta. Durissima la reazione della polizia: 80 fermi, centinaia di feriti. Un manifestante è grave in ospedale, investito da una moto della polizia che gli ha schiacciato la testa. In serata gli scontri sono aumentati di intensità, raggiungendo i quartieri e protraendosi fino all’alba. Il Congreso è stato letteralmente circondato dai manifestanti. Dopo numerosi slittamenti della votazione infine alle prime luci del mattino il voto voluto a tutti i costi da Macri per evitare la decretazione d’urgenza che avrebbe ulteriormente inasprito la crisi politica.
Nel concreto la riforma tagli gli aumenti sulle pensioni, mascherandoli come un adeguamento all’aumento dell’inflazione che viaggia su un tasso del +25% annuo. Sono circa 100 milioni di pesos (5 miliardi di euro) che vengono sottratti alla previdenza sociale per essere impiegati nel ripianamento del deficit fiscale e del debito pubblico. Ma questa riforma non riguarda solo le pensioni. Verranno ridotti anche gli assegni familiari, le pensioni di invalidità e persino le pensioni per gli ex combattenti della guerra delle Malvinas. Si stima che la riforma coinvolgerà circa 17 milioni di persone. Questa riforma segue quella del lavoro e quella tributaria approfondendo lo scontro con le classi medio-basse imposto dall’FMI.
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