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Sul progetto di “Educazione sentimentale” nelle scuole superiori del Piemonte

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Segnaliamo questo appello scritto dall’assemblea torinese della rete Non Una di Meno in merito al progetto di “Educazione sentimentale” che dovrebbe partire quest’anno nelle scuole superiori del Piemonte su iniziativa del consigliere regionale Gabriele Molinari (PD). Un progetto estremamente problematico (sia nei contenuti, sia nella scelta delle persone chiamate a intervenire nelle classi) contro cui NUDM ha lanciato un appello a mobilitarsi per bloccarlo.

“Lezioni d’amore”, così si chiama il progetto voluto dal consigliere regionale piemontese Gabriele Molinari (Pd) per combattere la violenza di genere. Secondo le dichiarazioni, il progetto consisterebbe in corsi di “educazione sentimentale” rivolti alle quarte e quinte superiori e tenuti dal filosofo Paolo Ercolani e dalla psicoterapeuta Giuliana Mieli. I promotori affermano che per promuovere un vero cambiamento culturale sia necessario avviare dei percorsi educativi già all’interno delle scuole. Una presentazione che in un primo momento potrebbe suscitare interesse. La necessità di un capillare lavoro preventivo ed educativo contro la violenza di genere è infatti affermata da anni dai movimenti femministi ed è stata istituzionalmente riconosciuta nel 2011 dalla Convenzione di Istanbul.

Ma in che cosa consiste realmente il progetto in questione?

Il primo elemento, che salta all’occhio già dal titolo, è la volontà di concentrarsi esclusivamente sull’ “educazione sentimentale” a scapito di quella sessuale. Secondo Paolo Ercolani, infatti, “l’educazione sessuale nelle scuole non avrebbe neanche molto senso: probabilmente sono i ragazzi che potrebbero insegnare a noi la meccanica del sesso. Quello lo imparano da soli”.

Basterebbero i dati facilmente reperibili online per smentire Ercolani. L’Italia, infatti, si conquista una triste posizione da record nel calo delle vendite di preservativi, e l’aumento esponenziale delle malattie sessualmente trasmissibili registrato negli ultimi anni riguarda proprio i e le giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. L’affermazione del professore rivela evidentemente una scarsa conoscenza dei soggetti a cui i suoi corsi dovrebbero rivolgersi. Da due anni come Non Una di Meno Torino veniamo chiamate dalle studentesse e dagli studenti delle scuole superiori per tenere laboratori che trattino, in un’ottica femminista, temi quali la sessualità, le relazioni, l’identità di genere, la violenza e così via. Bastano pochi minuti a contatto con queste e questi giovani per rendersi conto che la disinformazione sul tema è tanta, ma che la curiosità, i dubbi e le domande sono ancora di più. Minimizzando il ruolo dell’educazione sessuale all’interno delle scuole, Ercolani si rende complice di un processo di fatto reazionario che limita gli spazi che permettono ai e alle giovani di parlare e confrontarsi sulla sessualità. La difesa e il potenziamento di questi spazi è invece fondamentale affinché il sesso non sia più un tabù.

Secondo noi, inoltre, l’educazione sessuale non dovrebbe limitarsi a trasmettere nozioni unicamente scientifiche al fine di prevenire malattie e gravidanze indesiderate, ma dovrebbe fornire gli strumenti a tutte e tutti per vivere con serenità, consapevolezza e rispetto reciproco la propria vita sessuale. Di esperimenti ed esperienze in questo campo se ne sono visti in alto numero negli anni, molti certamente da migliorare o sviluppare ulteriormente. Pensiamo sia un terreno su cui pretendere conquiste e avanzamenti e non accettare nessun passo indietro. Risulta dunque grottesco che sia di prossima realizzazione un progetto di educazione che non solo non prevede alcuno spazio in cui possa essere affrontato il tema della sessualità – costituendo un pericoloso precedente – ma addirittura ne sostiene l’inutilità.

Il progetto sarebbe quindi volto a una rialfabetizzazione amorosa “valida per i rapporti sentimentali, visto che i ragazzi non sanno più corteggiare e le ragazze non riescono a dare segnali chiari”, come affermato ancora da Ercolani. La difficoltà di relazione e l’assenza di empatia sono additati come i motivi principali della violenza contro le donne e sarebbero la diretta conseguenza dell’eccessivo utilizzo dei social network e delle modalità di relazione da essi veicolate.

Si cita Facebook, ed ecco che il patriarcato scompare!

Senza dubbio l’influenza che gli odierni mezzi di comunicazione operano sulle relazioni interpersonali meriterebbe un capitolo di approfondimento a sé stante, ma non riteniamo accettabile che li si ritenga i diretti ed unici responsabili delle violenze di genere. La violenza maschile contro le donne e la violenza di genere non sono infatti un fenomeno recente, ma un fenomeno strutturale, innegabilmente millenario e sistemico, le cui forme di espressione sono molteplici e trasversali. Non solo il progetto non riconosce il sistema patriarcale come radice di oppressione e violenza, ma ripropone quegli stessi ruoli asfissianti e normativi (il ragazzo che corteggia e la brava ragazza che ha la responsabilità di mandare i giusti segnali) che sono in realtà una delle narrazioni tossiche da decostruire.

Ci sorge quindi spontaneo domandarci se e come Ercolani e Mieli affronterebbero tutte quelle forme di relazione ed espressione sessuale che non rientrano nel dominante modello eteropatriarcale. Le infelici battute del docente di filosofia lasciano purtroppo pochi interrogativi a riguardo. “Il femminismo estremista è culminato nella teoria del gender, che ha legittimato la turba psichica di chi ritiene di poter scegliere la propria appartenenza sessuale a prescindere dal dato biologico. Legittima, ma pur sempre turba” si legge in un suo articolo contro la manifestazione nazionale dello scorso 25 novembre. Turba, teoria del gender, femminismo estremista: in poche righe Ercolani ci ha definitivamente confermato di non essere la persona che vogliamo all’interno delle scuole, ma, soprattutto di essere interessato a mantenere di fatto inalterata l’attuale struttura sociale che vede le donne e le soggettività non conformi in una posizione di subalternità.

Quando Ercolani nell’articolo sopracitato parla di “teoria del gender” non solo crea confusione associando “alle femministe” un pensiero che è invece baluardo dei vari popoli della famiglia o gruppi cattolici oltranzisti, ma soprattutto contribuisce a banalizzare il sapere di quelli che in inglese si chiamano “gender studies”, ossia gli studi di genere. Gli studi di genere non parlano di “turbe psichiche” ma si pongono l’obiettivo di mostrare il carattere storicamente e culturalmente costruito dei generi maschile e femminile che, in quanto fissi e apparentemente inattaccabili in virtù della loro “naturalità”, sono tra le prime forme di violenza che vengono esercitate. Il doversi necessariamente identificare con un maschile e un femminile universalmente dati impone il doversi adeguare ai ruoli sociali che a questi storicamente corrispondono: il maschio virile, sicuro di sé, padrone e marito; la femmina gentile, sottomessa, servizievole, madre e moglie. La violenza che quotidianamente vediamo inferta alle donne e a tutte le soggettività non conformi e questi modelli normativi ed opprimenti non sono frutto dei social network e delle nuove tecnologie, ma sono la diretta conseguenza di millenni in cui la Donna è stata pensata e plasmata in una posizione di subalternità e l’Uomo in quella complementare di dominatore. Chi è il colpevole? Non si chiama social network, si chiama patriarcato.

Ercolani non ci risparmia neppure da un immancabile esempio di mansplaining, quando sostiene – in riferimento alle denunce contro Weinstein e in particolare all’esposizione mediatica di Asia Argento – che le attrici molestate non avrebbero avuto “la volontà o capacità di distinguere fra avances, abusi e violenza effettiva” e che il vero movente dell’intera vicenda sarebbe stata la ricerca di attenzione mediatica e notorietà. “L’impressione è che Asia Argento (e con lei molte attrici che hanno denunciato l’evento con colpevole e ipocrita ritardo) abbia finito col prostituirsi una seconda volta”: la scelta delle parole del professore è un’ulteriore violenza. Non spetta a noi, né ci interessa, sapere se fosse desiderata l’attenzione mediatica che ha colpito l’attrice in questione; quello che sappiamo con dolorosa certezza è invece che l’attenzione pubblica morbosa, così come l’inquisizione degli atteggiamenti, dei silenzi, delle abitudini e delle modalità di denuncia accompagnano ogni persona che si proclama vittima di una violenza di genere. Ercolani attacca Hollywood cercando di incoronarsi paladino delle “donne normali” (sic!), ma al tempo stesso non riesce a scendere da quel piedistallo di privilegio maschile dall’alto del quale ci bacchetta perché abbiamo sbagliato e che ogni donna (per il patentino di normalità bisognerà recarsi presso gli uffici del professore in orario di ricevimento) incontra nella propria quotidianità. Lui, uomo bianco e istruito, sa come distinguere tra avances, abusi e violenza affettiva; le donne dovevano starsene zitte, perché proprio non sanno di cosa parlano! A un personaggio di questo calibro, che accusa i movimenti femministi di manicheismo e di schierarsi troppo nettamente, non possiamo che rispondere che a nostro avviso in questa società di prese di posizione se ne sente un profondo bisogno, che non ci vergogniamo di scegliere sempre da che parte stare e che – al massimo – ci spiace di non poterci permettere di giocare a fare il filosofo luminare che relativizza sul mondo intero.

Per tutti questi motivi, ma ce ne sarebbero molti altri viste le innumerevoli agghiaccianti dichiarazioni di Ercolani, riteniamo inaccettabile che il Consiglio Regionale del Piemonte sostenga un tale progetto. Ne chiediamo la sospensione immediata in modo che nessuna e nessuno debba veder entrare nella propria aula il professor Ercolani in veste di educatore contro la violenza di genere. Domandiamo invece che altri progetti di educazione sessuale e all’affettività in un’ottica femminista vengano finanziati, sostenuti e incoraggiati all’interno delle scuole.

Per confrontarsi sull’argomento e discutere insieme di possibili azioni e controproposte: assemblea sabato 29/9 ore 16 al Campus Luigi Einaudi

Non Una di Meno – Torino

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