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Giovani & Elezioni: un’estraneità reciproca

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Mentre politica istituzionale e testate giornalistiche riescono solamente a strillare alla tragedia in merito alle ultime politiche del 25 settembre, vogliamo provare a dare una lettura che tenga conto di altre traiettorie e variabili, sotto uno sguardo generazionale che riteniamo assolutamente necessario adottare.

A leggere le analisi che da destra a sinistra ci vengono fornite, una cosa è certa: l’estraneità dai contesti di vita vera dei politici che a vario titolo vanno esprimendosi.

Non è solo una questione anagrafica che impedisce la lettura lucida di ciò che le elezioni hanno restituito ma è proprio la direzione fuorviante che certe prospettive assumono, sintomo di un’inadeguatezza a ricoprire qualsivoglia carica di rappresentanza, governo o opposizione che sia.

Infatti, se c’è un primo dato che vogliamo sviscerare e analizzare con categorie ben diverse da quelle proposte dal mainstream è il tema dell’astensione.
Come sappiamo, l’affluenza elettorale è scesa di 10 punti percentuali rispetto al 2018 e nello specifico, i giovani rappresentano la fetta più ampia (il 42,7% sul 63,8% complessivo) di chi non ha votato alla tornata con l’affluenza più bassa della storia post-bellica. Questo nonostante la forte carica simbolica data a questo voto, che per molti sarebbe stato il primo, considerando le modifiche alla legge elettorale.

Fuorisede e disastri climatici a parte, il tema per noi è ben più profondo. Infatti, non è pensabile affermare che il motivo dell’astensione sarebbe la disaffezione dei giovani verso la politica come non è pensabile attribuire la causa ad una campagna elettorale demodé. Non è possibile farlo perché i mesi passati hanno parlato chiaro in merito, invece, alla necessità che i giovani hanno di riappropriarsi di un territorio politico da cui sono stati pesantemente esclusi.

Sul fatto che la rappresentanza istituzionale non sappia attribuire il giusto valore politico a centinaia e centinaia di occupazioni scolastiche e mobilitazioni da migliaia di studenti in tutta Italia non abbiamo dubbi, dal momento che l’unica risposta ricevuta in merito è stata la repressione muscolare e giudiziaria, però è giusto anche chiarire la questione, che si gioca pure su questo terreno.

Per chi attraversa i territori, non solo per fare belle foto per la campagna elettorale, è evidente il ritorno di un’intelligenza politica tutta giovane e ricca di pretese sul futuro, che evidentemente non trova sponda tra coalizioni e partiti che continuano a tradire aspettative e promesse, la cui ipocrisia è ormai più che evidente. La centralità della politica al fine del banale miglioramento delle condizioni di vita è cosa data, il terreno su cui si gioca la partita, però, è decisamente un altro rispetto a quello parlamentare o di rappresentanza.

Non rendersi conto del fatto che a perdere sia stato un sistema di certezze nella sua totalità, e non solamente coalizioni o partiti, significa sottovalutare i segnali che la fase restituisce. Il tema resta quello del recupero di questi segnali verso direzioni propulsive, l’unica vera opposizione che va costruita oggi.

C’è da dire che c’è stato un tentativo di assunzione, con il chiaro fine di accaparrarsi l’elettorato giovane, ad esempio da M5S e PD avvalendosi di figure dell’attivismo a vario titolo, dal clima ai diritti civili, per non dimenticare Ilaria Cucchi. Questo ci restituisce da un lato l’intelligenza, forse, di capire che sono fratture aperte che cercano risoluzione e dall’altro le spinte che le lotte sociali riescono ad imporre anche su dei livelli alti, per cui manca di contro la lucidità di un progetto strutturale, pena la mancanza di credibilità che questi tentativi hanno celato.

Sarebbe scorretto dire che “I giovani” siano stati esclusi dai programmi elettorali, se si va a leggere ed ascoltare proposte e proselitismi, da destra a sinistra i giovani c’erano eccome e non solo menzionati ma proprio presi in causa, investiti di certe responsabilità che lasciano intendere quanto si sia contesa questa porzione di elettorato. Il problema vero è stato proprio il fatto di non rendersi conto che avere 18 o 23 anni non è sinonimo di stupidità. Tralasciando il paternalismo, che ci fa sempre fare grasse risate, un fattore è di certo che il nostro tempo sta vivendo eventi di una portata tale che diventa dura non interrogarsi sull’ordine su cui il mondo si regge. Quando regioni intere del mondo e del Paese vengono spazzate via da eventi climatici estremi, quando c’è una guerra a 20 minuti da casa per cui tutti fanno il tifo e che fa conseguire un peggioramento tangibile delle condizioni materiali della vita, quando la prima settimana di scuola, nell’anno che hanno trionfalmente definito come “quello della normalità”, viene inaugurata dalla morte dell’ormai terzo ragazzo durante uno stage, quando il diritto ad abortire è ormai di fatto negato nella maggior parte del territorio nazionale ecc ecc  diventa imperativo confrontarsi con il fatto che c’è qualcosa nel sistema che non va, e allora l’azione in merito diventa una questione di sopravvivenza. Possiamo dire con un certo orgoglio, che siano stati proprio i giovani a rendersi conto della necessità di questo impegno, dando il “la” a molte mobilitazioni su tutto il territorio, e allora forse di perspicacia ce n’è fin troppa, e sta qui il loro ostacolo, questo è ciò che non hanno capito.

Se vogliamo, anche la più importante mossa finanziaria degli ultimi decenni è centrata sulla figura del giovane, la “Next generation EU” e anche qui si è peccato di superbia pensando che bastasse dire “stanziamo fondi” a fare tutti felici, il dove, come e perché non hanno creduto importante socializzarlo più di tanto, ma si chiede il conto pure su quello. I giovani vengono incastonati nel futuro senza che gli sia riconosciuto il ruolo e una funzione trasformativa nel presente.
Le uniche parole spese nel merito delle lotte da noi intraprese o sulle nostre condizioni di vita sempre più precarie, sono state di narrazione romanzata e pietista. Niente di più distante da ciò che volevamo si cogliesse.

In merito alla questione elettorale in senso più ristretto e oltre al risultato di Fratelli d’Italia, è dato certo che l’agenda Draghi cum fedelissimo PD a seguito siano stati bocciati in definitiva, soprattutto nel sud e nelle zone cittadine non centrali, la cui tendenza di voto in generale ha favorito Meloni ma anche M5S, e in alcune aree come la Campania anche a sfavore di FdI. Altri fenomeni che, più nel particolare, possiamo registrare coinvolgono partiti minori e tendenzialmente fuori dalle coalizioni come Sinistra-Verdi, Azione-Italia Viva e in parte il Movimento 5 Stelle, partiti quasi definibili “alternativi” o comunque che vantano posizioni contrastanti con la linea generale espressa dal governo uscente; questi sono stati privilegiati dalla fascia votante under 25. Grande rilevanza in questa scelta hanno avuto i temi legati al cambiamento climatico e alle questioni ambientali, così come argomenti di carattere più contingente sulla vita materiale e quotidiana. Anche il modo di votare è differente, non c’è continuità legata a “fedi politiche” consolidate o cose simili, piuttosto ci si orienta verso posizioni determinate dalla crisi e dalla necessità di ricercare garanzie su un presente che appare sempre più aspro. Tra l’altro, i partiti maggiormente toccati dall’astensione sono Lega e M5S, anche loro protagonisti di un governo recente che non si dimentica con facilità.

M5S è primo partito negli under 35 ma un riscontro significativo sui voti giovani lo hanno avuto anche Renzi e Calenda, si può dire inaspettatamente. La scolarizzazione e l’estrazione sociale hanno influito parecchio, come per l’astensione però. Infatti, è nel centro città che Letta si è giocato tanti seggi in un testa a testa con il Terzo Polo.

Rilevante è pure la variabile di genere nella mappatura di queste preferenze. Intanto il 41% di persone socializzate donne non ha votato e delle restanti il 27% ha dato voti a FdI e il 21% al PD. Con un’attenzione particolare sul diritto all’aborto, ripetutamente attaccato e diffusamente inaccessibile, soprattutto da parte della fascia d’età sotto i 30.

Questo quadro ben poco granitico, tutto dovrebbe restituirci, meno che certezze assolute. Per non unirci al coro di chi strilla in preda al panico perché una sinistra completamente asservita alle esigenze del capitale, non è riuscita a mantenere la sua posizione egemone, dobbiamo continuare a leggere e tentare di interpretare i segnali che provengono da un contesto sociale in trasformazione ma che allo stesso tempo esprime parecchie possibilità. Sta a noi coglierle come tali e provare a costruire forza e alterità su queste. Non saremo quelli che chiedono una coalizione di sinistra forte per contrastare l’avanzata destrista. L’uso e il consumo di termini come “fascismo” e “antifascismo” da parte della propaganda della sinistra, la strumentalizzazione di questioni legate ai diritti civili da portavoce tutt’altro che credibili, l’emergenza della difesa costituzionale richiamata dal partito che più di tutti l’ha manomessa, e in generale la costruzione di una posizione tutta imperniata sulla negazione della destra solo sul piano morale, ha fatto sì che iniziasse a demolirsi la posizione garantita di una certa dirigenza politica che ormai fatica a farsi traino credibile per una fuoriuscita dalla crisi.

Il peggioramento delle condizioni di vita è tangibile e questo apre la porta a contraddizioni profondissime che andranno a confrontarsi con il volto più crudo dello Stato, con una guida nazionalista che ha tutta l’aria di voler attaccare pesantemente un intero sistema di welfare, oltre che di sottrarre spazi di dissenso e agibilità di contrapposizione sociale. La sfida con cui confrontarsi sarà dura. Di certo partire dalla coscienza che non tutti i dadi sono tratti e che le forme democratiche istituzionalmente intese, restituiscono solo una parzialità del contesto sociale complessivo, può permetterci di immaginare traiettorie autonome di spinta verso orizzonti non ancora stabiliti.

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