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Bolivia: in piazza la resistenza contro il golpe

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Continuano le morti e i feriti tra chi protesta contro il golpe della destra in Bolivia.

Il bilancio provvisorio è di 600 arresti, 550 feriti e 24 morti. Dopo le “dimissioni” di Evo Morales e di tutte le principali cariche istituzionali in quota MAS (Movimento al Socialismo) la senatrice ultracattolica e di estrema destra Jeanine Anez si è autoproclamata capo di stato ad iterim portando definitivamente a compimento il colpo di stato. Dopo l’autoproclamazione Anez ha subito provveduto a cambiare i vertici delle forze armate e ad una vera e propria caccia ai giornalisti e ai leaders sindacali che si sono contrapposti al nuovo potere con l’accusa di “sovversione e sedizione”. Inoltre ha emesso un decreto che esenta la polizia e i militari da alcuna responsabilità penale nelle operazioni di repressione del dissenso, dando così via libera a qualsiasi abuso di potere.

In molte zone indigene o tradizionalmente MASiste si sono riscontate grandi proteste e momenti di resistenza contro il golpe. In particolare a Cochabamba le forze armate hanno represso duramente una manifestazione di contadini e cocaleros che per il secondo giorno di seguito provavano a recarsi a La Paz per unirsi alle proteste messe in campo nella città. Nove sono stati i morti colpiti da armi da fuoco. Diverse marce da tutto il paese stanno cercando di raggiungere la capitale ed un ultimatum di dimissioni di 48 ore è stato dato alla Anez con la promessa che se non sarà rispettato si intensificherà il livello del conflitto. A scendere in piazza non sono solo i sostenitori di Evo Morales, ma anche molti provenienti dai movimenti sociali, indigeni e femministi che negli ultimi anni erano rimasti delusi dalla linea politica del presidente, ma che oggi sentono la necessità di riempire le strade per difendere le conquiste sociali ed economiche che hanno ottenuto nel tempo e che il nuovo assetto di potere della destra golpista alleata degli Stati Uniti mette seriamente a rischio. Una nuova fase, naturalmente incerta, si apre con l’entrata sul proscenio dei settori popolari e indigeni che potrebbe ricomporre la contrapposizione su un terreno di classe e sconvolgere i piani della borghesia bianca boliviana e degli Stati Uniti rimettendo al centro la lotta contro i progetti neoliberisti e l’estrattivismo tanto autoctono quanto imperialista (va ricordato che al centro delle mire dei soggetti golpisti c’è la presenza di ingenti giacimenti di litio, minerale dai diversi utilizzi in campo tecnologico, che fa gola alle multinazionali USA, anche in chiave anticinese).

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