Iran- Arabia Saudita, è scontro aperto dopo il caso Al-Nimr
L’ambasciata saudita a Teheran è stata infatti assaltata da diverse centinaia di manifestanti, respinti dalla polizia iraniana dopo essere riusciti a dare alle fiamme e saccheggiare alcuni locali dell’edificio; la composizione dei manifestanti è sostanzialmente incarnata da religiosi sciiti che protestano contro l’assassinio di al-Nimr, manifestanti che ancora in decine si trovano nei pressi dell’ambasciata.
Anche al consolato saudita di Meshkhen, nell’Iran nord-orientale, sono stati dati alle fiamme alcuni uffici da parte di manifestanti. I venti di guerra sembrano farsi molto forti, soprattutto dopo che la guida iraniana Khamenei ha invocato “la vendetta di Dio sui politici sauditi” (paragonando apertamente il governo di Riyad all’ISIS) e dopo che il ministro degli Esteri iraniano ha definito un grave errore strategico la mossa saudita di interruzione delle relazioni internazionali. Tensioni anche in Iraq, dopo sono state date alle fiamme alcune moschee sunnite, e in Bahrein dopo nella capitale Manama si sono fronteggiati manifestanti sciiti e polizia; ma la situazione potrebbe rivelarsi esplosiva anche in relazione a quella che potrebbe essere la reazione della comunità sciita della parte orientale del regno saudita.
L’accelerazione conflittuale tra i due Stati risente del parallelo intensificarsi delle tensioni geopolitiche ed economiche: dall’ingresso della Russia (alleata di Iran e del governo Assad in Siria) nella lotta contro l’ISIS al patto sul nucleare tra Washington e Teheran, passando per la crisi delle entrate petrolifere dello stato saudita dovute alla mossa anti-shale gas yankee e dalle conseguenze del prolungarsi del conflitto che la vede impegnata in Yemen.
Riyad (contestualmente anche affetta da una difficoltà di decisionalità politica e di comando) vede la necessità di attaccare per non dover soccombere ad una modificazione dei rapporti di forza regionali che sembra inevitabile, e che deriva in ultima istanza dai mutati obiettivi strategici statunitensi rispetto ai 70 anni che ci hanno condotto dalla seconda guerra mondiale ad oggi.
La mossa saudita mira a mettere in crisi la posizione degli States, sopratutto rispetto allo sdonagamento iraniano nella comunità internazionale (punto nodale anche per Israele di avversità ad Obama) e ad un possibile accordo sulla Siria, visto da Riyad come fumo negli occhi. Sul quadro geopolitico non va sottovalutato il possibile impatto del crollo fiscale saudita, che per ottenere l’appoggio USA e contemporaneamente migliorare la situazione finanziaria potrebbe portare alla decisione per i governanti di abbassare la produzione petrolifera ridando ossigeno alla produzione dello shale-gas e dando un colpo pesante alla propria economia in termini di lungo periodo.
Il nervosismo saudita è dovuto principalmente ad una convinzione: lo schema degli ultimi 70 anni, cosi favorevole agli interessi dei Saud, sembra essere pronto a compromettersi irrimediabilmente…
Per approfondire ulteriormente:
Arabia Saudita: tra dipendenza esterna e successione al trono
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