Autorizzati a bombardare
E guerra sia. L’Italia fa il suo ingresso armato nella crisi libica, obbedendo agli ordini della Casa Bianca, allineandosi al volere di Sarkò, rallegrando il comando Nato, scatenando l’ennesima bagarre leghista.
E’ bastata una telefonata del ‘premio Nobel per la guerra’ Obama al premier Berlusconi per convincere della necessità suprema di avere anche gli aerei italiani pronti e disponibili a sganciare bombe sulla Libia. B. ha risposto ‘signorsì’, erigendosi sull’attenti, mettendo fine alla triste manfrina del ‘tifare guerra’ e poi non voler partecipare per scrupoli umanitari e tardo-coloniali (…).
Una guerra infame quella libica, nella complessità di lettura e comprensione che il conflitto in Libia sta evidenziando, in un impasse di guerra da osservare oltre le veline propagandistiche che narrano di territori espugnati, di smisurati cadaveri e di bandiere americane e francesi al vento. Non possiamo certo accontentarci della cronaca mainstream dell’offensiva contro il vecchio ‘cane pazzo’, così come è insufficiente oltre che errato associare alla categoria ‘ribelli’ ibridamente il Consiglio di Bengasi.
L’ingresso dell’Italia nelle vicessitudini armate è l’ennesima infausta mossa del governo Berlusconi, checchenedica il ministro della difesa La Russa – che sostiene che si bombarderà solo su obiettivi mirati e non sulle città, l’attiva partecipazione italiana oltre che essere l’ennesimo atto di ubbidienza nei confronti degli Stati Uniti, va ad assumere anche un esercizio di favore alla Francia di Sarkozy, con la quale prosegue il ‘diverbio’ su Schengen e dintorni, evidenziando in pieno la cifra del fallimento dell’Europa come organizzazione continentale (…).
Nella ripugnanza dello strumento ‘guerra’ e delle finalità dell’intervento in Libia – in primis il disciplinamento ed l’addomnesticamento dell’area maghrebina in rivolta! – è indispensabile altresì notare quanto impegnarsi oggi nello scontro contro Gheddafi va immediamente a tradursi nell’attivismo in quella che gran parte della stampa europea ha definito ‘la guerra di Sarko’, impegnato nel fronteggiamente elettorale con l’estrema destra di Le Pen e nella riconquista geopolitica dell’egemonia puzzolente di colonialismo.
In casa nostra la decisione del premier di obbedire agli alleati ha scatenato, puntualmente, l’ira del carrozzone leghista, con promesse di ammutinamento parlamentare e di cascate governative, evidenziando ancora una volta non solamente la difficoltà ed i limiti della compagine della maggioranza, ma anche il selciato labilissimo di una Lega di lotta e di governo, dicotomico interrogativo che si sta ponendo quanto mai a Bossi & compari con l’avvicinarsi delle scadenze elettorali…
Resta quindi grande la confusione sotto il cielo italiano, mentre ci si prepara a bombardare quello libico: nell’inconsistenza di un’opposizione quantomai ‘scatola vuota’, nell’indefinibilità del presidente Morpheus Napolitano che da vecchio nonnetto del buonismo giustifica ‘lo sviluppo naturale’ dell’impegno tricolore, chiude il circo della tristezza Silvio, che si prende altri due schiaffioni da Sarkozy, il monito di Obama e la lagnanza della Lega Nord.
Hammett Riot
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