Chi vince e chi perde?!
Prima che si spengano le luci tutti si affrettano a motivare e rivendicare la propria vittoria ‘di schieramento’, arrabattandosi per apparire come i capofila del vento nuovo, dell’inversione di tendenza, o quant’altro. A guardare i risultati delle elezioni amministrative sono due le considerazioni, nello scorrere dei numeri e delle percentuali, anche e ancora nella loro parzialità complessiva, che ci sembrano necessarie per una prima analisi del voto e quindi del suo significante: grande è il disordine che impera sul teatro della politica, Silvio è claudicante; insufficiente è lo schema del ‘chi vince’ e ‘chi perde’, l’onta della sconfitta sembra piuttosto trasversale!
Berlusconi incappa nello scivolone Milano, facendo riemergere le difficoltà che stanno contraddistinguendo il suo governo, scontando il limite di non essere stato in grado di riabilitare quella blocco sociale che fino a ieri ha costituito il trampolino (milanese) della sua epopea. La Lega Nord sembra sconti – in termini generali – l’alleanza con Silvio, strumentalmente fondamentale per la tattica leghista ma al contempo anche peso dinnanzi ai malumori della base militante. Il fallimento dell’operazione Terzo Polo è chiaro, checchenedica il trio Fini-Rutelli-Casini, l’ambizione di diventare ‘ago della bilancio’ è oggi più che mai un miraggio. I presunti ringalluzziti dalla tornata elettorale, Partito Democratico & company, illudendosi che la conquista di un paio di poltrone (a Torino, forse a Bologna, al ballottaggio a Milano e Napoli) possa essere tradotta in progetto, incassano affermazioni che sono figlie di limiti e mancanze altrui piuttosto che forza d’alternativa. La sinistra radicale, nei differenti aggregati attraverso i quali si è presentata, continua a precipitare nel suo oblio.
Domenica mattina leggevamo su Il Manifesto il lamento editoriale di Valentino Parlato, che osservava la ‘poca passione’ alla quale era costretto il voto… Beh, nulla di così tanto stravagante o inaspettato, nella misura in cui – astensionismo o no – ci restituisce la cifra della distanza che separa la politica con il reale. E con ciò si deve fare i conti, nell’epoca della crisi. Berlusconi perde nella sconfessione di una ripresa economica che non esiste, di una promessa di ritorno ai consumi – nella dimensione individualista caratteristica del B. style – che latita anch’essa. L’immaginare e progettare un’uscita dalla crisi continua ad essere la falla evidente e traversa.
Staremo quindi a vedere come si evolverà il corso del tramonto berlusconiano, se si confermerà tale o se impegnato in altre direzioni (Quirinale?), come si posizionerà la Lega Nord nel preparare il terreno già da ora per un post-Silvio, forti della vicinanza con il ministro Tremonti. Il Partito Democratico si coccola un sindaco Fassino che eredita il moloch chiampariniano (debito economico del Comune, macerie del post-Olimpiadi, Fiat marchionniana e ristrutturazione metropolitana), si dimena per sponsorizzare un Pisapia ed un De Magistris (entrambe barlumi d’alternativa e cause di faide interne di coalizione), si riprende – probabilmente – Bologna dopo il disastro seminato con gli scandali dell’ex sindaco Del Bono. E dicono che hanno vinto, comunque vadano a delinearsi i risultati definitivi, sarebbe da capire ‘cosa’…
Redazione Infoaut
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