Cosa ci lascia il #6D?
Nonostante l’evidente silenzio dei media mainstream sul 6 Dicembre di mobilitazione, possiamo dire che la giornata è stata capace di fare un passo in avanti nel processo di costruzione di un movimento contro l’austerità.
Mentre in Grecia le piazze si riempivano facendo vivere Alexis Grigoropoulos nelle lotte, a quattro anni di distanza dalla sua esecuzione da parte della polizia, in decine di città italiane sono tornati in piazza gli studenti. Una data non facile, dopo settimane di occupazioni, cortei ed azioni, che tuttavia è stata riempita di elementi conflittuali rimaterializzando un ampio spettro di pratiche degli ultimi anni: dai blocchi selvaggi alle occupazioni di monumenti, dalla resistenza alla celere con cortei autodifesi alla pratica di obiettivi come l’ampio spettro di “palazzi del potere”, passando per occupazioni e picchetti. Possiamo dire che si sono sperimentate con prime prove tecniche le forme dello sciopero sociale contemporaneo.
Se l’autunno dei movimenti si era aperto il 5 Ottobre e aveva toccato un punto molto elevato nello sciopero europeo del 14 Novembre, il movimento è riuscito a dare prova di continuità e tenuta nei termini della presenza e della qualità politica. Laddove l’ormai ripetitiva sfilata sindacale persevera nel costruire piazze non incisive, innocue e totalmente incapaci di incidere nel dibattito pubblico (nonché spesso nelle lotte reali), il movimento studentesco è stato in grado di costruire una nuova tappa che lo proietta in avanti.
Mentre nelle scuole si stanno sedimentando importanti embrioni di un nuovo movimento, in tutto il paese iniziano ad assommarsi lotte territoriali, vertenze autonome sul welfare e sui luoghi di lavoro, sommovimenti sociali, che iniziano a delineare una mappa antagonista. Un mondo in fermento che ancora fatica a trovare spazi comuni di lotta, che tuttavia inizia a costruire reciprocità e soprattutto si riappropria di una temporalità autonoma di lotta. Questo uno degli elementi innovativi e decisivi che ci consegna questo autunno: al radicalizzarsi dei comportamenti e delle piazze corrisponde una capacità di costruire scadenzialità e processi di medio raggio non ancorati a provvedimenti delle controparti.
Laddove sarà centrale nei prossimi mesi proseguire nei territori con l’inchiesta, il consolidamento dei percorsi di lotta e delle forme di organizzazione, l’attenzione e la disponibilità ad osare ed agire laddove si presentino occasioni per strappare pezzi alle controparti, è decisivo rimarcare ed approfondire un metodo che non guarda alla costruzione di
alleanze o coalizioni fra ceti politici ma alla composizione delle lotte; che non cerca di importare surrettiziamente modelli di movimento ma guarda alla costellazione di conflitti presenti sui territori per connetterle ed approfondirne i tratti di antagonismo e di irrappresentabilità; nella costruzione collettiva di un nuovo movimento antagonista radicato nei
territori ed in grado di riappropriarsi di contro-saperi, strumenti di lotta, agende di mobilitazione e programmi di lungo periodo.
Ancora molti i passi in avanti da fare, su questo non vi sono dubbi. Tuttavia, nel disfacimento del quadro istituzionale, nell’approfondirsi della crisi della rappresentanza e della capacità di recupero e mediazione dei conflitti da parte istituzionale, questo autunno ci consegna una contro-cartografia sociale attiva e conflittuale che sarà in grado di attraversare le prossime scadenze di mobilitazione a partire dall’8 Dicembre in Val di Susa e l’inverno tutto e probabilmente riserverà molte sorprese nella primavera elettorale..
Redazione Infoaut
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