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Finanziaria: il governo del Presidente alla privatizzazione della vita

Il “miracolo” di Napolitano

Su una cosa non sembra esserci alcun dubbio: il grande artefice dell’operazione è proprio lui, il grande vecchio della politica italiana, passato indenne alla fine della Guerra Fredda e sempre a suo agio sopra i carri armati di ieri e di oggi.
Il contenuto del suo nuovo capolavoro politico si articola in due punti: 1) L’approvazione della manovra; 2 ) l’appiattimento dell’opposizione.
1)I contenuti della manovra appena approvata alla Camera segnano una subordinazione totale della politica ai diktat dei mercati, una dichiarazione di fede al motto dell’integralismo neoliberista (There Is No Alternative) nel momento in cui questo inizia perdere qualche punto della propria decennale egemonia politica e culturale. Si tratta di una finanziaria di rapina dal  basso verso l’alto articolata in un aumento della tassazione sui redditi medio-bassi, il blocco dei salari per il lavoro dipendente e del turn-over nelle assunzioni; un blocco drastico della spesa pubblica le cui prime vittime designate sono la Sanità (con minori trasferimenti e più tickets) e gli Enti Locali (altro che il tanto sbandierato “federalismo”).
Ma il vero capolavoro di una classe dirigente votata all’unica grande strategia di “fare cassa subito” è l’apertura alla privatizzazione del pubblico residuale, sia sul piano di quel (poco) che resta dei grandi complessi industriali nazionali non ancora svenduti (Eni, Enel) sia dell’assalto banditesco alle municipalizzate.
In termini politici tutto questo significa letteralmente ignorare, aggirare e fare a pezzi le indicazioni uscite dal risultato dei referendum.

2) Tutto questo è stato reso possibile – ed è qui che il ruolo attivo del vegliardo è stato insostituibile – nella preventiva neutralizzazione di eventuali (comunque non pervenuti) sussulti di una qualunque politica di opposizione parlamentare. E’ bastato agitare lo spauracchio degli attacchi speculativi e il viso severo della Cancelliera prussiana per richiamare sull’attenti tutto il centro-sinistra (DiPietro ha almeno avuto l’ “originalità” di uscire allo scoperto prima e di propria iniziativa). Per quanto la storia della Seconda Repubblica non sia mai stata particolarmente ricca di grandi battaglie, non si era mai visto un ringraziamento così smaccato (e in fondo sincero) come quello proferito da Schifani verso i banchi dell’opposizione.
Questa pacificazione tra i due campi del Parlamento dimostra molto chiaramente quanto l’impegno del PD nella battaglia referendaria sia stato solo strumentale, contingente e senza alcuna altra prospettiva di un programma di lunga durata. Altro che vento che cambia...
Parallelo all’opportunismo sbracato sul versante referendario, l‘appoggio incondizionato e pressante all’accordo firmato dalla Camusso con Cisl-Uil e Confindustria. Fatta cuocere la Fiom nella vana illusione di un ritorno della casa madre alla linea storica della battaglia anti-padronale, si è così pure  ottenuto di sistemare le velleità vendoliane di mettersi alla testa di una qualche versione sinistra del PD.
Insomma una sinistra (se il nome ha ancora un senso) che accetta di fare da stampella ad un esecutivo di destra, stimolando anzi le avances di un Pisanu che sembra comunque più avanzato e attento a quel che inizia a muoversi nel ventre del paese (vedi intervista su Repubblica) e le ricette ultra-liberiste di un Vincenzo Monti.

I calcoli  del Presidente (e di Confindustria)

Di fronte a tanta subalternità  verrebbe da chiedersi quale sia la merce di scambio per un sostegno così incondizionato. L’ovvia risposta è la conservazione dello status quo del sistema politico-istituzionale in quanto tale, con tutti gli annessi privilegi di casta. I calcoli di un Napolitano  e del centro-sinistra tutto sono gli stessi del padronato italiano. Consistono nella speranza (molto illusoria) di una transizione indolore verso un governo post-Berlusconi di unità nazionale.
Aldilà delle belle speranze, questo programma non fa i conti con una serie di contraddizioni di scala un po’ più grande delle piccole miserie di casa nostra
1) Passato il brutto momento (che non è affatto un momento!) i mercati finanziari non si calmeranno. Siamo ad un passaggio di crisi sistemica complessiva in cui si giocando (tra le altre cose) una bazzecola come lo scontro ultra-decennale tra Dollaro ed Euro su quale sarà la valuta di riferimento internazionale per i cambi.
2) Gli appelli tanto tronfi alla responsabilità nazionale, all’interesse generale e al bene di tutti, le manovre approntate non porteranno (non ne sono in grado) alcuna significativa riduzione del danno. L’approvazione bipartisan di una manovra così sfacciatamente anti-popolare fungerà anzi da stimolo per gli speculatori dell’alta finanza  verso nuove ed ulteriori attacchi speculativi contro il nostro ed altri paesi “deboli”. Non c’è insomma nessuna “difesa nazionale” ma solo un ulteriore privatizzazione del pubblico e degli ultimi scampoli di industria nazionale.
3) Nonostante le pose da vecchio saggio con cui Napolitano ama ritrarsi – complice la sinistra e il sistema integrato del media mainstream – le sue coperture e i suoi appoggi non possiedono alcuna lungimiranza strategica. Ne sia prova la vicenda libica: mentre la Francia inizia a trattare con un Gheddafi a quanto pare inespugnabile, il nostro paese ha appoggiato, Presidente in testa, una guerra contro i propri interessi energetici nazionali. Indicative le recenti dichiarazioni di Gheddafi: “non faremo più accordi con l’Eni”. E c’è da giurarci che la solfa non cambierebbe di molto con la tanto sperata vittoria degli “insorti” del Consiglio di Bengasi.
Insomma i conti non tornano: se piegarsi a Washington  non paga, Berlino resta molto lontana: non pagano né l’atlantismo né l’europeismo. II governo del Presidente della Repubblica e l’ossessiva ricerca di soluzioni tecnico-politiche per un post-Berlusconi non salvano ma anzi segnano il fallimento di un’intera classe dirigente (tanto politica quanto economica) del paese.

Qualche spunto per i destinatari

Di fronte a un panorama così difficile per chi deve governare, vale allora pena sottolineare qualche aspetto della situazione nazionale che potrebbe volgersi a favore di chi è supposto subire in silenzio i contenuti di una Finanziaria tutta pensata contro chi sta in basso.
Il primo elemento da tenere presente è che loro non godono né possono sperare in nessun consenso attivo e partecipe, semplicemente perché non c’è alcuna contropartita prevista: né diritti né soldi né alcuna tipo di ammortizzazione sociale.
Secondo: un corpo sociale sempre più vasto ed articolato inizia a secernere forme di attivismo diffuso ed embrioni di un possibile antagonismo di massa (tutto ancora da organizzare).
Terzo, questo ampio campo di (contro)soggettività potenziale deve iniziare a porsi il compito, di lungo corso, di costiutire un programma per l’alternativa che aggredisca e faccia propri i principali nodi scoperti che la crisi sta evidenziando con inedita urgenza: beni comuni, la nuova grande rapina all’orizzonte, la privatizzazione dell’esistente tutto..

C’è quanto basta per un nuovo massificato movimento contro la svendita.
(sarà questo l’oggetto di un prossime editoriale su queste pagine)

Redazione_Infoaut.org
Notav battleground, chiomonte, Val Susa,
15 luglio 2011

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