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Italia Pandemica: nella stanza 1408

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Che dire, ad un anno dall’esplosione dell’epidemia di Covid sembra di rivere continuamente lo stesso tempo sospeso. Cambiano governi, cambiano commissari, cambiano presidenti, arrivano i vaccini, arrivano le varianti, eppure ci sembra di girare sempre sulla stessa maledetta ruota da criceti. Pare un po’ di essere come l’inquilino della stanza 1408 del racconto di Stephen King; si cercano mille modi per evadere, ma dopo sessanta minuti ci si trova di nuovo lì, più acciaccati e disperati.

Ed è in questa triste e a suo modo sorprendente circolarità tra un lockdown, una caccia all’untore, una falsa promessa di uscita dalla crisi, un ridicolo ristoro e un’impennata dei contagi che ormai scorre la nostra quotidianità. E’ la crisi che si fa strutturale, permanente, fin nei piccoli dettagli delle nostre giornate.

Ma attenzione, il fatto che questa circolarità sia ormai “normalizzata” non vuol dire affatto che sia normale. E’ il lento trascinarsi di un sistema di sviluppo inadatto ad affrontare questo genere di sfide, una classe politica completamente succube della più rozza versione del capitalismo europeo. Altrove, un altrove che ormai risuona lontano e fantascientifico, la crisi è stata affrontata in altri modi, con altri effetti ed altre conseguenze. Certo, esistono situazioni peggiori di quella del nostro paese e media e politica si affrettano a sottolinearle per darsi a vicenda una gratificante pacca sulle spalle, ma esistono anche dei modelli che almeno in parte mostrano cosa non ha funzionato e continua a non funzionare (nel continuo circolo infinito) alle nostre latitudini. Ernesto Burgio in un articolo molto interessante dal titolo “Dopo un anno di pandemia” non ci gira molto intorno: “Le vere ragioni di questi dati drammatici dovrebbero essere ormai evidenti a tutti: mentre nei Paesi occidentali la pandemia è quasi fuori controllo, praticamente fin dall’inizio tutti i Paesi asiatici, ma poi anche Cuba, Nuova Zelanda, Australia e Islanda l’hanno fermata organizzando sistemi di tracciamento e monitoraggio efficaci dei soggetti positivi e dei loro contatti, e ove necessario creando percorsi alternativi e aree di pronto soccorso e quarantena per isolare e curare tempestivamente i casi non gravi ed evitare l’ingresso del virus in ambulatori, ospedali e strutture parasanitarie e riservando l’accesso agli ospedali ai pochi casi gravi. Inutilmente anche in Italia abbiamo chiesto a più riprese che le stesse contromisure fossero prese in considerazione: a marzo per un più rapido controllo della prima drammatica ondata, ad agosto nel vano tentativo di scongiurare una seconda ondata e con il supporto di SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale) e SIP (Società Italiana di Pediatria) anche di recente. Ma questi appelli non hanno sortito alcun effetto e ancora oggi, dopo oltre un anno dai primi allarmi lanciati da Wuhan, mentre Cina, Giappone, Vietnam, Cambogia e tutti gli altri Paesi che hanno saputo rapidamente adattare e rafforzare la medicina territoriale sono tornati a vita normale, noi continuiamo a tremare e siamo costretti a sperare che siano i vaccini a fare il miracolo.”

Qui mentre gli ospedali si riempiono ancora, mentre si continua a morire, mentre varianti più infettive attecchiscono e si diffondono si confida nella messianica attesa scientista che il vaccino (o meglio i vaccini) risolva tutto. Ma è un’attesa vana. La patetica e farsesca epopea che da mesi sta andando avanti tra le multinazionali del farmaco e gli stati europei è l’ennesima dimostrazione dell’inconsistenza politica non solo delle elites del nostro paese, ma di quelle dell’intero continente. E’ la scoperta, già sperimentata a più riprese dalla crisi del 2008 che l’Europa a livello internazionale conta sempre meno e che chi la guida, con le sue incrostazioni ideologiche in favore del libero mercato e sulla presunta superiorità del Vecchio Continente, è succube di una mentalità decadente e idiota, che di riflesso, senza colpo ferire si riflette sul nostro paese attraverso il morbido “cambio di regime” a cui abbiamo appena assistito. Ora, ad un anno dalla pandemia, si è iniziato appena a parlare della produzione di un vaccino (pubblico, pubblico-privato, privato con sovvenzioni del pubblico: le ipotesi si sprecano) autoctono che non dipenda immediatamente dalle Big Pharma e dalla loro geopolitica. Eccolo che si strappa il velo delle fantasie sull’efficienza del libero mercato nelle allocazioni delle risorse, ecco che, malvolentieri, e di nascosto, un po’ come con i tagli alla sanità territoriale, le autorità si trovano ad ammettere che la produzione dei farmaci andrebbe strappata alle multinazionali, che il capitalismo, almeno per noi, non sta funzionando. Ma naturalmente si tratta solo di concessioni d’emergenza, di riflessioni che verranno rimosse in fretta, di cortocircuiti dell’egemonia dominante che verranno ben nascosti sotto il tappeto.

Il punto è che se ci troviamo a respirare questa aria asfittica di già visto, se giriamo senza sosta sulla ruota pandemica non è perchè “non c’è alternativa”, non è per colpa degli untori, nè in larga parte delle varianti, ma è perchè scelte politiche consapevoli sono state fatte, perchè si è deciso di gestire la sfida pandemica in un modo piuttosto che in un altro. Perchè in sostanza ancora una volta si sono ignorate le causa dell’evento e della sua diffusione. Prenderle in considerazione avrebbe significato un ripensamento radicale e globale del modo in cui è organizzata la nostra società, e questo per chi ci governa non è neanche lontanamente in cima all’agenda.

Tutt’altro, nel nostro paese la pandemia è l’occasione per le elites di riprendere il pieno controllo. L’insediamento di Draghi con la manovra a freddo di Renzi e Mattarella non rappresenta altro che questo. Dopo l’anomalia populista, la restaurazione. Tecnici di ogni sorta, provenienti da istituzioni finanziarie, grandi aziende e militari atlantisti riprendono il controllo del paese con i politici di quasi tutti i partiti a fare le scimmiette ammaestrate, naturalmente condizionati dalla Confindustria e dal favore dell’UE.

Ad accomunare in governo Draghi e quello Monti non è certamente l’austerità, quanto il continuo e latente commisariamento dei mercati e delle istituzioni internazionali della democrazia formale del nostro paese, sempre più evidentemente un puro spettacolo di facciata. La nomina del generale Figliuolo a commissario straordinario all’emergenza è l’ennesimo risvolto di questo spettacolo. La militarizzazione della pandemia che dalle strade delle città, dalle retoriche dei giornali si fa governo. No, non “stanno arrivando i colonnelli” si tratta solo dell’ennesima soluzione tecnocratica ad un problema politico, condita di un po’ di patriottismo narcisista che fa alzare le penne ai (un tempo furono) sovranisti. Vedremo il piano vaccinale procedere al passo dell’oca o si trasformerà in una festa degli alpini?

Ci sia concessa un po’ di ironia in questa asfittica circolarità capitalista dove una crisi rincorre un’altra e un governo tecnico rincorre la crisi, dove mentre i giornali passano il loro tempo a celebrare l’infanzia del piccolo Draghi che parlava agli animali di transizione ecologica e pareggio di bilancio si consumano tragedie negli ospedali, sui posti di lavoro, nel cosiddetto focolare domestico.

Tutto cambia, perchè nulla cambi, e anche tutto cambia purchè nulla cambi. Dunque come uscire da questa circolarità mortifera? Ricordate il finale del racconto di Stephen King?

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