Non ci salveranno le lacrime
Lavorare per la Finanza? Anche No!
Eppure è proprio questo che ci viene richiesto dal nuovo governo di tecnici, tra qualche lacrimuccia ben recitata in diretta (ma non era finita l’era televisiva berlusconiana?), l’ingiunzione a tirare la cinghia, l’obbligo a lavorare di più e il populismo del neo-premier che rinuncia allo stipendio per “dare il buon esempio”.
Il governo “più amato dagli italiani” ci fa il suo bel regalo di Natale. Si sa, i tempi stringono e i mercati (queste impersonali autorità tratteggiate come novelli oracoli) chiedono “riforme strutturali” che i politici di casa nostra hanno fatto finora a gara sul chi le sostiene più convintamente.
La manovra è stata presentata oggi ai media, arriverà in commissione Bilancio alla Camera martedì prossimo, il 13 andrà in aula per arrivare al voto a Montecitorio il 17 e in Senato prima di Natale. “I saldi devono essere quelli stabiliti, all’interno di quelli magari si potrà proporre qualche aggiustamento” aveva detto uno dei tanti neo-(sotto)segretari che compongono il nuovo esecutivo. E sì, perché il tanto stimato (soprattutto dai Mercati) professor Monti non ha ancora smesso di ripetere una litania tanto ossessiva quanto velelitaria ma al contempo molto pericolosa per il contenuto di metodo che sottintende: “pareggio di bilancio entro il 2013”. Un obiettivo tanto agognato da volerlo addirittura istituire come nuovo principio costituzionale. Una mossa che qualche settimana fa veniva proposta (con l’orrore di molti) dai falchi del berlusconismo decadente. Assumere a valore di riferimento il pareggio di bilancio significa abdicare a qualunque idea di politica economica, subordinandola di fatto (e di diritto) alle esigenze – ben poco “naturali” – dell’economia politica.
Le dichiarazioni e i punti toccati oggi confermano -in peggio- quanto ci si poteva aspettare: aumento dell’età pensionabile, ritorno dell’Ici e aumenti dell’Iva (un bel tassemento “uguale per tutti” – che ovviamente colpisce i meno abbienti!), qualche piccola tassa per i super-ricchi per fare scena. Manca invece l’atteso intervento sulla patrimoniale che resta invece appena accennato, suscitanto qualche disapprovazione del Pd e il niet convinto della Cgil che parla di “manovra insopportabile”. I tagli saranno invece pesanti sugli enti locali, Comuni e soprattutto Regioni che certamente non mancheranno di sforbiciare sui servizi fondamentali come la Sanità, velocizzando di fatto il processo già in atto di privatizzazione di un settore che già fa molta gola alle multinazionali della Salute.
Lacrime e paroline di circostanza mostrano però forse anche le prime difficoltà di un governo nominato a larghe intese ma già consapevole dell’impopolarità che potrebbe incontare se perseguirà l’unica direttrice dell’obbedienza ai mercati. Nella manovra non c’è infatti ancora nulla (per ora) sul mercato del lavoro. È il settore, ha spiegato il premier Mario Monti, “nel quale è più necessaria la concertazione”, “un pò meno necessaria nella previdenza e un pò meno ancora nella politica economica”. Come dire che su spesa pubblica, fiscalità e salute hanno già deciso perché non c’era contro-parte (leggi: partiti “d’opposizione”) a far da ostacolo.
Se la cornice è questa tanto vale allora assumere e dichiarare apertamente che per parte nostra opteremo per direzioni altre e differenti, contro quel primato dell’economico che negli utili trent’anni d’indiscussa egemonia ha prodotto un sostanziale impoverimento (quantitativo e qualitativo) delle condizioni di vita. In questo senso sì – come alcuni dicono – “la crisi può essere un’occasione”… ma a patto di aver chiaro che il compito primo e ultimo del nostro lavoro politico dev’essere la costruzione di aggregati forti e di relazioni sociali ricche capaci d’incidere e sottrarci al ricatto del debito.
Perché per poco che ci capiamo di economia e finanza, ci sembra di scorgere nelle quotidiane cronache di queste settimane l’avvicendarsi di storie sempre uguali che ci raccontano di un capitalismo ridotto alla sua essenza predatoria e di rapina. Basta vedere i nuovi capitoli della vicenda Fiat-Marchionne o le ultime puntate dell’infinita Tangentopoli italica per aver chiaro verso quale Fine c’indirizza l’elite economica e la tecno-struttura che la sostiene.
Di intelligenza, rabbia e determinazione avremo bisogno, non di lacrime…
Maelzel
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